Salvaguardare i servizi al cittadino, tutelare i posti di lavoro, anche dei dipendenti non pubblici, e valorizzare il ruolo delle Province: sono gli obiettivi del Progetto di Legge n. 7, di modifica alla legge regionale 28 settembre n. 22 “Il mercato del lavoro in Lombardia”, approvato in Consiglio regionale a fine luglio. Il provvedimento ha il fine di mettere ordine nel posizionamento e nel ruolo dei Centri per l’Impiego lombardi, dopo la bocciatura del referendum costituzionale nel 2016, che di fatto ha bloccato la legge Delrio, secondo la quale le Province avrebbero cessato di esistere. “Questo progetto di legge attua l’indirizzo del governo del presidente Fontana, il cui programma prevede la restituzione di ruoli e dignità alle Province”, ha dichiarato l’assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro Melania De Nichilo Rizzoli.
Una realtà frastagliata
Il progetto di legge prende le mosse da una realtà frastagliata: il personale dei Centri per l’impiego in tutta la Regione è di oltre 750 lavoratori a tempo indeterminato, di cui 519 sono dipendenti pubblici distribuiti in 63 sedi territoriali. In 10 Province, i Cpi sono uffici dell’amministrazione provinciale; Città metropolitana di Milano e Provincia di Monza e Brianza hanno dato vita ad Aziende Speciali per formazione, orientamento e lavoro che operano tramite contratti di servizio e il cui personale per il 70% non è dipendente pubblico, e quindi non trasferibile in Regione.
A questa situazione, così articolata, si aggiunge la forte presenza di operatori privati. “Questa complessità ha reso necessario definire un modello che ottimizzi la possibilità di fornire i migliori servizi e che non escluda nessuno dei lavoratori impiegati attualmente, in particolare i dipendenti non pubblici, che erano a rischio. Per armonizzare la qualità dei servizi e la salvaguardia del lavoro, il nostro modello prevede che Città Metropolitana e Province continuino a gestire i Cpi, sotto l’egida della Regione, che finanzierà gli oneri di funzionamento e le spese del personale; le Afol continueranno a operare secondo i contratti di servizio con le rispettive amministrazioni, sempre sotto il coordinamento regionale”.
Il potenziamento dei Cpi lombardi
L’assessore Rizzoli ha poi sottolineato la necessità di potenziare i Cpi lombardi: “La Regione si muoverà su tre linee: la formazione specialistica, secondo un percorso già attivo, che sta coinvolgendo 120 dipendenti; l’affiancamento dei centri in maggiore difficoltà da parte di Anpal-servizi (società di Anpal e del Ministero del lavoro); il Piano di rafforzamento dei Centri, previsto dal Programma operativo nazionale, finalizzato a integrare l’organico con personale a tempo determinato, per le attività ordinarie e per l’attuazione del Reddito di Inclusione”.
Dal 2015 a oggi, Regione Lombardia ha trasferito 66 milioni di euro per il pagamento degli stipendi dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato dei Centri per l’impiego e per le loro spese di funzionamento. Ha inoltre coinvolto i Cpi nell’erogazione di politiche attive, finanziandole nell’ultimo triennio con 20 milioni di euro derivanti dai programmi regionali, in aggiunta ai fondi statali, allo scopo di rafforzare gli organici con professionalità specifiche come orientatori, psicologi e formatori.
Garanzia Giovani: 77 milioni per la seconda fase
Con l’approvazione in giunta del Programma di attuazione regionale, prende il via la seconda fase del programma Garanzia Giovani, per la quale Regione Lombardia può contare su uno stanziamento di 77 milioni di euro da destinare a iniziative mirate nei confronti dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano.
Nella prima fase, su più di 100.000 giovani presi in carico, circa 93.000 sono stati avviati al lavoro e di questi 50.000 hanno ottenuto un contratto: cifre di molto maggiori rispetto a quanto era stato previsto in fase di programmazione, cioè 13mila assunzioni e 22mila tirocini.
Diversi sono stati i fattori che hanno contribuito al successo, oltre alla scelta di adottare il rodato sistema ‘dotale’: dal coinvolgimento di tutti gli operatori, in particolare le istituzioni scolastiche e formative, alla decisione di puntare sulle misure orientate al massimo risultato occupazionale.