Come cambia il “quasi mercato” dei Fondi

A poco più di sei mesi dalla pubblicazione da parte di Anpal delle Linee Guida per i Fondi Interprofessionali quello che emerge è uno scenario caratterizzato da luci e ombre.

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Fondi in cerca di direzione

di Giovanni Galvan |

Torniamo sull’argomento del “quasi mercato” dei Fondi Interprofessionali. Nel precedente articolo intitolato Il “quasi mercato” dei Fondi Interprofessionali, avevamo fatto una puntuale analisi in riferimento sia alla concorrenza sia all’approccio del sopraccitato “quasi mercato” dei finanziamenti per la formazione continua. Riprendiamo quindi le considerazioni finali cercando di capire come e quanto le disposizioni di Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) datate aprile 2018 possano incidere sullo strumento “Formazione Finanziata” creato per supportare le aziende nella professionalizzazione dei lavoratori dipendenti.

Fondi: dove eravamo rimasti

Va innanzitutto precisato che il concetto di “mercato” è da considerarsi inerente soprattutto alle microimprese e alle Pmi, in quanto le grandi aziende sono normalmente meno “volubili”, pur avendo avuto garanzie di legge sulla possibilità di “mobilità” da un Fondo all’altro di una quota parte delle proprie risorse. Quest’ultime tendono a scegliere il Fondo di riferimento con criteri che non dipendono puramente dalla convenienza economica, ma spesso riflettono scelte politiche o associative, tanto più quando esiste un costruttivo rapporto con le parti sindacali. Inoltre, se consideriamo che la stragrande maggioranza di esse gestisce un Conto Formativo Aziendale, che più o meno ha caratteristiche simili su tutti i Fondi, capiamo il perché di una fidelizzazione che non favorisce lo spostamento dal Fondo di appartenenza. Discorso diverso per le aziende micro o le Pmi: la scarsità delle risorse pro-capite le spinge, e talvolta spinge i loro “soggetti di intermediazione” (vedi Enti di Formazione) a cercare nuove e migliori opportunità. È qui che si gioca quindi il “quasi mercato” della formazione, specie a favore di Fondi più dinamici e verticalmente dedicati a questo target.

Azione uguale reazione

Innanzitutto, è altamente improbabile che tutte le Parti Sociali promotrici dei Fondi Interprofessionali si rassegnino al fatto che i Fondi Interprofessionali possano diventare mere emanazioni della Pubblica Amministrazione, come forse qualcuno potrebbe auspicare. La tanto attesa circolare Anpal datata 10 aprile 2018 che definisce le “Linee Guida sui Fondi Interprofessionali” non è stata “metabolizzata” acriticamente da tutti i Fondi e dalle relative Parti Sociali costituenti senza esser oggetto di attenta analisi e di verifica. Vista anche la mancanza di un quadro legislativo chiaro sull’argomento, la circolare, scaturita comunque da un compromesso, è sicuramente frutto di un fenomeno di irrigidimento da parte delle Istituzioni sul controllo dei Fondi, che negli ultimi anni ha coinvolto in tempi e modi diversi anche Ministero del Lavoro, Anac e Antitrust. Com’è facile capire, dopo 15 anni di funzionamento dei Fondi ci si è infatti trovati a gestire, forse non adeguatemene preparati, un sistema di libera concorrenza che coinvolge una filiera di soggetti che vanno dalle Parti Sociali, agli operatori economici (e non) della formazione, dagli ordini professionali alle imprese e ai lavoratori. Tuttavia, in un sistema originariamente e limitatamente basato sui comparti economici ben definiti, si sono generati spazi significativi per Fondi “trasversali”, a prescindere dai comparti o dalle dimensioni delle imprese beneficiarie. Questo ha generato una concorrenza che ha avuto anche riflessi, talvolta inattesi, sugli equilibri della rappresentanza sindacale sia dei lavoratori che delle imprese.

D.C.A.: Dopo Circolare Anpal

Ma quali problemi ha trovato lo sviluppo delle adesioni ai Fondi alla luce del nuovo quadro normativo? Certamente, se qualcuno mai avesse pensato di trarre vantaggi dalle nuove regole, potrebbe essere rimasto deluso. Innanzitutto, va detto che già a cavallo di settembre/ottobre dello scorso anno, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro aveva chiaramente definito che gli unici due strumenti proponibili dai Fondi erano: “conto aziendale” e “conto sistema”, quest’ultimo con una distribuzione mutualistica delle risorse in funzione di progetti misurati da un nucleo tecnico di valutazione. Questo aveva da subito bloccato i tanto chiacchierati “conti di rete” o “conti aggregati”, ad eccezione di quelli legati ad una reale dipendenza e collegamento tra aziende. In effetti le sopraccitate indicazioni e le linee guida Anpal hanno costretto alcuni Fondi, specie quelli più trasversali e orientati all’aggregazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, a cambiare in corsa le impostazioni legate all’erogazione dei finanziamenti, ora definite in funzione delle risorse assegnate e non più legate al classico maturato/maturando. Le nuove regole impongono infatti ai Fondi di mettere a disposizione solamente le risorse effettivamente disponibili da parte dell’Inps. I problemi di questa soluzione sono però dovuti sia al notevole ritardo dei pagamenti Inps rispetto ai versamenti delle imprese (nel migliore dei casi sono 7 mesi) sia soprattutto all’imprevedibilità dei bonifici dell’Inps, che quasi mai seguono un flusso predeterminato e sono fortemente influenzati dai calcoli dei tagli dovuti al Governo per la trattenuta di 120 milioni di euro annuali già in vigore da anni. Fortunatamente però la creatività ha generato avvisi e strumenti che non hanno praticamente mai bloccato l’operatività dei Fondi.

Ritorno al passato

Da aprile in avanti Anpal ha necessariamente integrato e chiarito quanto pubblicato. Una specifica nota integrativa era legata al regime “de minimis”, la regola definita dall’Unione europea secondo cui gli aiuti concessi alla medesima impresa, sommati fra di loro, non devono superare il limite massimo di 200.000 euro in tre anni (euro 100.000 se impresa attiva nel settore del trasporto su strada o euro 15.000 nel settore agricolo).

Tale regime non era citato per gli Avvisi nella circolare Anpal ma, su richiesta di singoli Fondi, è stato legittimato; talvolta in qualche caso alcuni Fondi hanno imposto una quota di cofinanziamento fissa a carico delle imprese anche se non richiesta dal regime. In ogni caso questo ha riaperto, specie per le microimprese e le Pmi, la possibilità di utilizzare i contributi dello 0,30% anche per la formazione obbligatoria per legge (ad esempio quella sulla sicurezza ex Dlgs 81/08) spesso l’unico modo per coinvolgere queste imprese nella formazione finanziata. Chi sceglie questo regime deve però tenere presente cosa risulta allo Stato in merito (a tal fine si può consultare il Registro Nazionale degli Aiuti di Stato sul sito www.rna.gov.it). Va fatta particolare attenzione alle imprese partecipate o collegate che possono risentire di aiuti erogati a una qualsiasi delle imprese del Gruppo e trovarsi quindi il de minimis “pieno” anche se non hanno ricevuto direttamente alcunché.

L’aggregazione e la formazione oggi: il modelli dei Fondi

Come precedentemente detto, Anpal ha escluso definitivamente i Conti Aggregati o simili tra imprese non appartenenti allo stesso gruppo o compartecipate. Ci si aspettava quindi un sostanziale cambiamento dell’approccio dei Fondi alle microimprese ma, sostanzialmente, per ora assistiamo a due tipi reazioni:

• la rinuncia totale a strumenti di aggregazione dei versamenti delle imprese, con l’istituzione esclusivamente di Avvisi a graduatoria (con valutazione o a sportello) per le microimprese e Pmi;

• l’istituzione di Conti di Rete, peraltro già esistenti da tempo, in cui vengono introdotti contributi non direttamente correlati al versato.

Su quest’ultima opportunità di solito lo stanziamento è calcolato su un’ipotesi di gettito annuo del totale degli aderenti, anche se non mancano scelte “a corpo” finalizzate alla promozione delle adesioni, e le imprese vi accedono comunque in modalità competitiva tramite Avvisi, di solito a sportello, con cadenze bi/trimestrali. Come già affermato, questo ultimo strumento, comunque approvato da Anpal, è ben differente da quello del “vecchio” Conto Aggregato, in quanto rispettoso di tutte le regole sugli Aiuti di Stato e dei relativi criteri di trasparenza e oggettività. Resta il vantaggio di assicurare, sia pure a rotazione, l’accesso alle risorse dei Fondi alla massa delle microimprese che, oltre a rappresentare il 95% delle matricole iscritte ai Fondi, permette un concreto accesso alle Formazione Finanziata a circa 3 milioni di lavoratori (leggi gli iscritti a Fonarcom, Formazienda, Fonditalia, Fondolavoro, ecc).

Resta poi il modello Fondimpresa, con i contributi aggiuntivi per le Pmi e l’accesso dei corsi a catalogo, sistema sicuramente snello ed efficiente, che è auspicabile acquisti una certa continuità nel tempo, uscendo dai vari stop-and-go di questi anni. Sicuramente, il Fondo targato Confindustria dovrà valutare attentamente la spinosissima questione dell’anticipo finanziario del costo del corso a catalogo da parte dell’impresa, schema poco adatto al target a cui si riferisce. Ricordiamo infatti che nel settore delle microimprese e delle Pmi è importante se non vitale la mediazione degli Enti di Formazione, i quali non sempre si sentono opportunamente garantiti quando l’incasso passa per l’impresa. Infine, restano poi i Conti aggregati da imprese compartecipate dello stesso Gruppo, che però hanno perso molto del loro “appeal” perché il caso riguarda un numero relativamente ridotto di casi rispetto alle grandi aggregazioni di Pmi possibili con i Conti di Rete, che consentono quindi di disporre di ben altre risorse.

Finalmente i costi standard?

Con la circolare del 10 aprile dal punto di vista tecnico si introduce, finalmente, la possibilità di rendicontare tramite costi standard, come già previsto nei finanziamenti europei. Questo apre un capitolo tutto nuovo rispetto al peso amministrativo dei contributi dei Fondi. Su questo elemento sicuramente gli Enti di Formazione, come già detto intermediari strategici quando si tratta di Pmi e non solo, possono essere spinti verso quei Fondi che adottano la rendicontazione a costi standard (il primo è stato Fon.Ter quest’anno con costi standard “puri”). Questa metodologia se non correttamente applicata potrebbe creare “marginalità” surrettizie (cosa che ci auguriamo di escludere al fine di tutelare un mercato di qualità), ma al tempo stesso semplifica moltissimo le procedure di rendiconto e controllo (con i relativi costi) accorciando in maniera notevole i tempi di pagamento. Sappiamo infatti come questi ultimi e in genere tutto l’aspetto finanziario dei contributi, siano spesso un aspetto dirimente nelle scelte di Enti e imprese.

I Fondi e la concertazione sindacale

Un capitolo a parte va dedicato al ruolo dei sindacati. Come ben sanno gli operatori del settore, la concertazione sindacale è uno dei principali problemi per l’accessibilità ai Fondi, specie per le microimprese e le Pmi che raramente sono sindacalizzate al loro interno. Quindi, se si parla di “quasi mercato” questo ha un ruolo importante. Non siamo qui ad auspicare che queste imprese rimangano senza sindacato interno, tutt’altro; tuttavia imporlo tramite una Circolare che regolamenta la concertazione sulla formazione certamente non aiuta nessuna delle parti in causa. Nella Circolare Anpal infatti compare per la prima volta un dettaglio puntuale sulle modalità di concertazione sindacale dei Piani, elemento che in qualche modo parrebbe ridurre l’autonomia delle Parti Sociali all’interno dei singoli Fondi, cosa che ovviamente non può essere condivisa da tutti i sindacati. Infatti, questa inattesa “prescrizione” non può modificare d’ufficio la composizione e le politiche stesse delle Parti Sociali, che peraltro si sono attrezzate per mantenere la concertazione compatibile con i nuovi strumenti quali il Conto di Rete. Certamente quest’ultimo richiede, comunque, una concertazione per ogni piano presentato, creando alle piccole imprese qualche problema in più rispetto ai Conti Aggregati, in cui l’operazione avveniva “un tantum” per l’insieme delle Pmi componenti.

Un sistema “win-win”

In conclusione, rispetto a quanto imposto da Anpal, ci auspichiamo che in futuro tali indicazioni non partano unicamente dal presupposto di un rapporto autoreferente tra l’Agenzia e i Fondi Interprofessionali, ma tengano conto dell’intera filiera dei soggetti coinvolti, cioè Parti Datoriali, Sindacati, Enti di Formazione e, soprattutto, imprese beneficiarie, in un’ottica “win-win” che aiuti tutti a lavorare meglio. Un “mercato” c’è e questo resterà finché non interverrà un eventuale nuovo quadro normativo dato da una vera legge dello Stato e non da uno o più regolamenti.

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