di Marina Fabiano |
Non esiste. Ecco, l’ho detto, così si capisce subito dove tende la mia teoria. Dopo anni di ricerca e di esperienze, dopo aver letto e studiato formule per calcolare un approssimato ritorno sull’investimento della formazione e del Coaching, sono dell’idea che il beneficio c’è, si vede ma non si può quantificare. Credo che ormai anche le aziende più dedite alla contabilizzazione di ogni esborso non visibilmente produttivo siano arrivate a una simile conclusione, eppure ogni tanto c’è ancora chi si fissa sulle formule matematiche e le pretende.
Coaching: perdita di tempo e soldi o reale vantaggio?
Dunque, il Coaching funziona o no? Esiste un modo per verificare se l’investimento di tempo, di fatica e di denaro procura dei reali vantaggi? Siamo sicuri che non sia tutto una gran perdita di tempo e di soldi? Non sarebbe meglio dare un premio monetario a tutti così li facciamo contenti e lavorano di più? Dai, non esageriamo. Coaching e Formazione sono necessari elementi del buon funzionamento di ogni azienda, piccola o grande che sia, oltre che della crescita personale e professionale di chiunque abbia voglia di lavorare con soddisfazione. Ma torniamo ai conti. Il misurare dipende prima di tutto da chi commissiona il progetto, quanto conosce delle pratiche del Coaching, se eventualmente l’ha studiato o applicato su se stesso, quanto ha approfondito l’argomento, quanto è riuscito a coinvolgere le persone che ne saranno beneficiarie. Come ripeto da sempre, il Coaching funziona se il coach è competente nel suo lavoro, ma pesa allo stesso modo la voglia di collaborare del coachee, ed eventualmente la disponibilità a cambiare il proprio personalissimo e pregiudiziale punto di vista. A questo punto, avendo ben delineato una traccia di progetto con obiettivi chiari e condivisi (che non significa io ti dico quali sono i risultati che mi aspetto e tu sei d’accordo), esistono alcuni parametri che, osservati nel tempo, sapranno indicare se l’investimento economico è stato fruttifero.
Coaching: qualche parametro osservabile
Intanto punterei di più sui momenti di controllo periodico dell’andamento del percorso che non sui risultati finali. Quali parametri possiamo osservare, o meglio, quali vorremmo misurare? L’ordine di apparizione non significa che uno è più importante dell’altro, alla fine sarebbe bene che questi elementi si bilanciassero. Parliamo quindi di “soddisfazione personale”: mi sono sentito coinvolto? Ho partecipato volentieri, con apertura mentale, senza troppi pregiudizi frenanti? Faccio fatica a trovare il tempo per partecipare o prendo questa avventura per un mio spazio/tempo di formazione personale? Devo dire che uno dei momenti migliori di misurazione della soddisfazione dei partecipanti è dato dal dialogo stesso. Mettere intorno allo stesso tavolo – lasciamo stare le formazioni a circolo senza ostacoli fisici davanti, il tavolo serve per appoggiarsi e prendere appunti, avere a portata di mano acqua o caffè, scrivere il pensiero che di lì a poco vorremo esprimere – colleghi, capi e collaboratori, persone che manifestano forme di attrito relazionale o che si sopportano a malapena, e portarli a dichiarare le proprie aspettative o fare le proprie richieste con linguaggio riflettuto, è già un momento di grande positività.
Altro elemento misurante potrebbe essere il “cosa sto imparando”, cosa sto provando ad agire in modo diverso e che risultati vedo, cosa mi fa fatica cambiare, quali comportamenti comprendo e quali mi sono ostici, quanto riesco ora a capire punti di vista diversi ed eventualmente ad accettarli. Tutto ciò avviene nelle fasi di controllo periodico, alla fine si vedrà un accumulo di sensazioni, fatti e miglioramenti che certamente non sono contabilizzabili, ma molto probabilmente potranno essere elencati alla voce “fluidità delle azioni organizzative”, o “miglioramento dei tempi di reazione operativa” ed infine “crescita del business”. Poi è chiaro che nell’onda emotiva della partecipazione a un bel progetto in cui ci parliamo con gentilezza e ci ascoltiamo con scrupolo, siamo tutti più orientati a dedicare tempo e attenzione alle situazioni quotidiane. Ma tutto ciò quanto dura? Quanto velocemente saremo risucchiati nell’agire di corsa, dimenticando di coinvolgere alcune persone, prendendo decisioni impopolari senza condividerle, lasciando passare troppo tempo senza rinfrescare una relazione un po’ inaridita?
Coaching: rispondere alle aspettative
Infine il calcolo dei ROI, e la sua esposizione, dipende da chi lo pretende. Se parliamo di grandi aziende multinazionali o multiglobali, non mi stupisco se qualcuno in qualche remoto ufficio dove le statistiche prevalgono sulle persone abbia predisposto schemi e moduli da riempire online ogni tot tempo, e va bene così. Mica vogliamo discutere con le ombre strategiche, no? Nelle organizzazioni dove ci si conosce ancora abbastanza bene tra vertici e manovalanza, le parole contano più dei numeri, quindi i risultati si possono raccontare con più o meno enfasi, a seconda del fatto che effettivamente si vedano i benefici o mica tanto, e allora cosa si può fare per modificare la traiettoria e rendere l’investimento produttivo. Basta sapere come vanno le cose nella propria azienda, essere in grado di presentare un programma sensato e rispondere alle aspettative che i capi non mancheranno di esprimere. In alternativa, fare domande: anche questo è Coaching, no?