di Ludovica Franchini |
1. Goal Setting
Essere leader significa avere una visione, costruire e comunicare un senso rispetto a ciò che si intende essere e fare. Significa avere la capacità di attribuire intenzione, valore e significato, nonché individuare ed esplicitare chiaramente gli obiettivi, in funzione della visione dichiarata. In questo senso, il buon leader guida e allo stesso tempo dà feedback costruttivi sull’esecuzione, attivando un processo di miglioramento delle qualità tecniche, strategiche, di competenza e mentali. Questo processo di miglioramento motivazionale parte dalla condivisione di un goal setting individuale e di gruppo, nella consapevolezza che gli obiettivi sono energia pura per ogni individuo.
2. Mindfulness e Stretching
Per poter guidare le persone, occorre prima di tutto acquisire consapevolezza (Mindfulness) dei propri atteggiamenti e comportamenti e, soprattutto, delle emozioni, che quei comportamenti e atteggiamenti guidano. Essere consapevoli significa assumere il comando della nostra vita, prestando attenzione a ciò che ci circonda, a ciò che succede fuori e anche dentro di noi, imparando a gestire l’energia, fisica e mentale. Se siamo allenati alla presenza mentale evitiamo di innescare reazioni sotto il dominio della nostra istintività e le nostre azioni diventano il frutto della piena consapevolezza piuttosto che delle nostre viscere. Un leader consapevole, inoltre, è un leader concentrato, focalizzato sul presente, capace di mantenere il focus sulle priorità fondamentali, capace di affrontare le difficoltà senza perdersi d’animo (resilienza). Sa trasformare i problemi in opportunità, alimentando la propria motivazione intrinseca. Esattamente come ci indica la parola “stretching”, sa spingersi oltre, tendendo al miglioramento continuo.
3. Relationship
Compito del leader è curare il clima generale, partendo dalla consapevolezza che ciascun componente del gruppo è come un atomo che sprigiona forze attrattive e repulsive nei confronti degli altri elementi: le affinità personali sono selettive e influenzate dalla storia personale di ognuno. Inoltre, all’interno del gruppo l’individuo vive la duplice esigenza di essere accolto, accettato e apprezzato, pur mantenendo la propria identità del sé; la necessità di rimanere se stessi, si scontra con il bisogno di adattamento e accettazione e quindi la paura di perdere i propri confini. Si vive insomma l’eterno dilemma tra essere unico e sentirsi solo, o essere uguali agli altri e sentirsi anonimo. Il gruppo è un po’ come un’entità sovraindividuale, che include, sopprime, supera l’individuo. In effetti, spesso, le cause dell’inefficienza sono da ricercare non tanto nei limiti dei singoli, quanto nelle relazioni che legano tra loro le persone e nei processi che attraverso queste relazioni, si attuano.
4. Sharing
Il gruppo è anche narrazione umana. È il racconto di chi siamo, da dove veniamo, dove siamo ora e dove vogliamo andare. È quell’attaccamento alla maglia che trasforma un insieme di singoli “giocatori” in un’entità collettiva, in cui ciascuno può riconoscersi e rispecchiarsi, condividendo ideali comuni, sentendosi protetto e sicuro. La squadra d’altra parte, abbiamo detto, esiste solo quando gli individui percepiscono un forte senso di appartenenza, alimentato dalla condivisione di metodi, informazioni, storie, emozioni e sentimenti. Il concetto della condivisione porta con sé anche il concetto di motivazione e, parlando di motivazione, una strategia vincente è l’utilizzo delle metafore. Perché la metafora agisce sulle emozioni, è immediata da comprendere ed è facilmente visualizzabile: è quel mezzo comunicativo che crea empatia.
5. Empowerment
Il termine empowerment proviene dalla contrattura dell’espressione “to give them power”, ossia dare alle persone “potenza di”, “potenzialità”. Significa consentire a ciascuno di esprimersi al meglio, trattandolo da persona competente e responsabile e valorizzando la sua crescita personale e professionale. Qualcosa di più dunque del concetto di delega, di responsabilità, perché questa costituisce solo una delle potenzialità individuali. La leadership si declina secondo l’empowering quando punta a creare accrescimento continuo del sapere e del saper apprendere: stimolando i propri collaboratori a generare il cambiamento, consentendo loro di condurre il gioco, di decidere il come, il quando, il dove. Il leader incoraggia a sperimentare diversi modelli operativi improntati ad una sempre maggiore assunzione di rischi, riconosce il lavoro svolto efficacemente (orientamento al compito), le qualità personali (orientamento alla persona), favorendo l’autostima, sviluppa l’autonomia delegando compiti, assegnando nuove responsabilità e ponendo obiettivi sfidanti.
6. Coaching
Il coach è colui che guida le persone stabilendo una direzione lungo un percorso evolutivo definito in chiave progettuale, fortemente coinvolgente, rispetto al quale ottenere dai “followers” adesione psicologica, cioè impegno, entusiasmo, convinzione, voglia di fare, duttilità nell’apprendere, apertura al cambiamento, senso di sfida, tenacia. Per fare questo occorre conoscere le abilità, le motivazioni, i bisogni, le aspirazioni e anche le resistenze dei propri collaboratori. Il leader coach offre al collaboratore, in chiave d’apprendimento, situazioni operative concrete capaci di consentirgli di sperimentare sia il successo sia il fallimento, utilizzando poi l’errore come preziosa fonte di informazione in grado di suggerire nuove strategie, nuove visioni, nuovi atteggiamenti. Nel panorama organizzativo attuale, caratterizzato da un mercato ad elevato grado di incertezza e in continuo cambiamento evolutivo, la flessibilità rimane uno dei tratti distintivi della leadership moderna. Tuttavia, sempre più sta emergendo l’esigenza di una “leadership della lealtà” intesa come la capacità di promuovere valori a sostegno della creazione di un clima di fiducia reciproca e diffusa, sia interno (nei confronti delle proprie risorse umane), sia esterno (nei confronti dei propri clienti esterni). Il leader è un modello di riferimento, una testimonianza continua nel suo fare e nel suo essere, per questo deve dimostrare grande congruenza tra azioni e dichiarazioni; bilanciando umiltà e forza, riconoscendo i propri errori, rispettando profondamente il lavoro e il contributo di ciascuno. Il leader di lealtà, è in grado di provare gratitudine verso il proprio team, consapevole che non si vince mai da soli, ma che ogni campione ha bisogno dei suoi compagni per raggiungere risultati ambiziosi. Egli, vedendo l’enorme potere che deriva dal condividere la propria forza con gli altri, segna la sua leadership verso il percorso di successo.