“Lifelong learning” questo sconosciuto

In Italia la partecipazione degli adulti alle attività formative risulta ancora molto limitata e inferiore alla media europea. Lo rilevano gli ultimi dati Istat.

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formazione adulti

di Greta Gironi |

La partecipazione degli adulti alla formazione, indagata da una recente analisi Istat relativa all’anno 2017, risulta ancora molto limitata e legata ai fattori socio-demografici, come età, istruzione, occupazione e professione. Ma soprattutto risulta ancora al di sotto della media europea.

Formazione adulti EuropaL’indagine, armonizzata a livello europeo, permette infatti di confrontare i diversi livelli di partecipazione degli adulti alle attività di “lifelong learning” rilevati nei vari paesi europei. Considerando la popolazione target per l’analisi del fenomeno (adulti di 25-64 anni), la percentuale di coloro che frequentano corsi di istruzione “formale” o partecipano ad attività di formazione “non formale” è, in Italia, del 41,5%. Inferiore quindi di 3,6 punti percentuali rispetto alla media Ue28 di 45,1%. Rispetto al 2006, anno in cui si è svolta la prima indagine, la posizione italiana nel ranking europeo è rimasta la stessa (20a posizione), anche se la quota di popolazione in formazione è aumentata, raggiungendo la stessa percentuale di Spagna ed Estonia.

I numeri della formazione degli adulti

Nel nostro Paese solo il 38,8% delle persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni (ovvero 16 milioni 918 mila individui) ha effettuato almeno un’attività di formazione (formale o non formale) nei 12 mesi precedenti la rilevazione.

I corsi del sistema di istruzione “formale”, che si svolgono in un contesto organizzato e strutturato (istituto, scuola università) e si concludono con il conseguimento di un titolo di studio, sono seguiti dal 5,3% degli adulti, mentre le attività di formazione “non formale”, vale a dire quelle che, anche se strutturate e organizzate, non permettono però di acquisire un titolo di studio, sono seguite dal 37% degli adulti. Pur essendo ancora bassa, la percentuale di individui coinvolti in attività di formazione è aumentata di quasi 4 punti percentuali rispetto all’indagine del 2012, soprattutto per effetto dell’aumento della partecipazione alle attività di formazione “non formale”.

Chi fa la formazione?

Le differenze territoriali nella partecipazione ad attività formative sono molto evidenti: nel Nord-est è coinvolto in attività di formazione il 46,2% degli individui, nel Nord-ovest il 43,3%, nel Centro il 39,4%, mentre nel Sud e nelle Isole si registra il livello più basso con il 31%. Il Trentino Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, mostra le percentuali più elevate di persone in formazione (rispettivamente 61,5% e 66,8%). Seguono l’Emilia-Romagna e la Val d’Aosta. Tra le regioni del Mezzogiorno, i valori più alti si registrano in Molise, Abruzzo e Sardegna.

Il titolo di studio elevato favorisce la partecipazione alle attività di istruzione o formazione: nei 12 mesi precedenti l’intervista, il 70% dei laureati è stato impegnato in almeno un’attività di apprendimento, a fronte del 5,3% di persone con la licenza elementare.

Anche la condizione occupazionale influisce sulla partecipazione all’apprendimento continuo. Gli occupati hanno maggiori opportunità di seguire attività formative (50,5%) rispetto ai disoccupati (24,8%) mentre i lavoratori con gli skill più elevati hanno migliori opportunità rispetto ai lavoratori meno professionalizzati, quelli che, paradossalmente, avrebbero più bisogno di acquisire, sviluppare e aggiornare le competenze per ridurre il rischio di fuoriuscita da contesti lavorativi in continuo cambiamento. Mentre il 68,1% dei dirigenti, imprenditori e liberi professionisti e il 45% dei direttivi, quadri e impiegati partecipano ad attività di formazione, tra gli occupati low skilled solo il 37,9% degli operai e il 31,5% dei lavoratori non qualificati seguono attività finalizzate all’apprendimento.

La formazione “non formale”

Per quanto riguarda in particolare la formazione di tipo “non formale”, più vicina ai nostri interessi, va segnalato che sono 16 milioni 110mila (ovvero il 37%) gli adulti che negli ultimi 12 mesi hanno seguito almeno un’attività di formazione “non formale”.

Le persone che occupano posizioni lavorative elevate partecipano ad attività di formazione “non formale” con maggiore frequenza rispetto agli altri occupati: sono tre su cinque tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti, e due su cinque tra direttivi, quadri e impiegati. I laureati e i diplomati raggiungono tassi di partecipazione di molto superiori a quelli delle persone con bassi livelli di istruzione.

Perché si fa la formazione?

Il 76,5% di chi ha seguito almeno un’attività di formazione “non formale” lo ha fatto per motivi lavorativi. Significative le differenze di genere: è il motivo principale per l’83,3% degli uomini contro il 69,1% delle donne. La metà di coloro che hanno seguito attività di formazione lo ha fatto durante l’orario di lavoro e il 51,2% ha frequentato almeno un corso finanziato, sia pure parzialmente, dal datore di lavoro.

In particolare, il 41,8% ha seguito un’attività di formazione finalizzata alla crescita professionale, il 24,7% ha usufruito di un “training on the job” in ambito lavorativo, mentre il 31,7% ha partecipato a seminari, convegni, workshop, con quote più elevate tra laureati e dirigenti, imprenditori e liberi professionisti.

Gli argomenti più trattati nell’ambito della formazione “non formale” appartengono alla macro-area “servizi” (38,1%), che comprende sia i corsi per la sicurezza sul luogo di lavoro sia quelli più legati agli interessi personali (corsi sportivi e di attività fisica). Al secondo posto le attività che hanno per argomento economia e scienze giuridiche, seguiti dai corsi di letteratura e arte.

Tra chi partecipa ad attività formative “non formali”, l’8,7% utilizza la formazione a distanza. Più numerosi, invece, coloro che usano risorse didattiche on-line (il 31,4%). Tra i motivi che spingono gli intervistati a frequentare attività formative “non formali”, al primo posto c’è la possibilità di ampliare conoscenze e competenze su argomenti di interesse. In particolare, gli uomini segnalano come motivazioni principali quelle strettamente correlate al lavoro. Il 32,6% delle donne, invece, riconosce che tra i motivi c’è anche l’interesse ad avere occasioni per conoscere persone nuove e il divertimento personale.

Chi paga la formazione?

Il 31,2% delle persone tra i 18 e i 74 anni che ha svolto formazione “non formale” ha partecipato ad attività erogate dal datore di lavoro, il 16,6% a quelle organizzate da scuole o università, il 14,4% da istituti privati di formazione professionale e l’11,7% ai corsi organizzati da associazioni ricreative e sportive.

Gli uomini seguono prevalentemente corsi proposti dal datore di lavoro (36,3%) o da centri di formazione, privati (15,2%) o pubblici (14%), mentre le donne partecipano ai corsi organizzati dalle associazioni ricreative e sportive e dalle istituzioni educative pubbliche. Dal punto di vista territoriale, nell’Italia meridionale e insulare è più diffusa la frequenza di corsi erogati da scuole e università, mentre al Centro-Nord prevale la frequenza di corsi proposti direttamente dal datore di lavoro.

La maggior parte delle attività formative prevedono dei costi: il 66,9% delle persone hanno pagato una quota comprensiva delle spese di iscrizione o del materiale didattico. Il 47,3% di chi ha affrontato delle spese ha pagato il corso personalmente o aiutato dalla famiglia, il 45% ha frequentato un corso pagato dal datore di lavoro, il 7,5% ha partecipato a corsi finanziati da enti e istituzioni varie.

Cosa impedisce la formazione?

Il 47% degli adulti non ha frequentato attività formative perché non era interessato a partecipare. Gli adulti che invece avrebbero voluto frequentare un corso di studio o di formazione ma non hanno potuto farlo sono il 14,2%.

Gli impegni familiari, il costo dei corsi e gli impegni lavorativi sono i principali motivi della mancata partecipazione, mentre il 20,2% degli intervistati ha dichiarato di non aver trovato attività adeguate alle proprie esigenze. Tra le donne, l’ostacolo principale alla frequenza di attività formative è rappresentato dagli impegni familiari, per gli uomini dagli impegni lavorativi.

Da segnalare in conclusione che due terzi della popolazione si dedica ad attività di “autoformazione”; il 73,7% delle persone ha svolto almeno un’attività di “autoformazione”, vale a dire una modalità di apprendimento poco strutturata e gestita direttamente e autonomamente per acquisire nozioni e competenze su argomenti di interesse personale. La quota di chi ha effettuato attività di autoformazione è più alta tra i giovani, che utilizzano soprattutto Il Pc e Internet, e più bassa tra gli anziani, che utilizzano media tradizionali come radio, Tv e stampa.

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