di Laura Reggiani |
La formazione manageriale riveste, oggi più che mai, e soprattutto nel nostro Paese, un ruolo strategico, in quanto capace di generare competenze e di rispondere alle richieste d’innovazione del mondo economico e produttivo. A qualificare i professionisti della formazione manageriale ci pensa Apaform, l’Associazione Professionale dei Formatori di Management, iscritta nell’elenco del Mise per il rilascio dell’attestato di qualità e qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci, ai sensi della Legge 4/2013.
Abbiamo incontrato Elio Borgonovi, professore ordinario di Economia e Management delle Amministrazioni Pubbliche presso l’Università Bocconi, già presidente di Asfor (Associazione Italiana per la Formazione Manageriale) dal 1993 al 1999 e attuale presidente di Apaform, per capire l’importanza della qualificazione delle professioni non ordinistiche come quella del formatore, approfondire come sta evolvendo la formazione di alto livello e come favorire l’incontro tra domanda e offerta di formazione manageriale di qualità.
Apaform nasce da una costola di Asfor. Quando e perché nasce? Con quali obiettivi?
Nel 2013, quando venne emanata la Legge 4, la direttiva europea sulle professioni non ordinistiche, e il successivo decreto che la recepiva in Italia, in Asfor decidemmo, dopo aver attivato negli anni ‘90 l’accreditamento dei programmi master, di cogliere l’opportunità di qualificare anche i formatori manageriali che, svolgendo una professione multidisciplinare e interdisciplinare, non hanno infatti un proprio albo professionale.
Così nell’ottobre del 2013 abbiamo costituto formalmente Apaform, un’associazione di professionisti in grado, in base alla Legge 4/2013, di verificare le qualifiche dei propri soci. I primi due anni sono stati utilizzati per mettere a punto il modello di qualificazione; successivamente nel 2015, con l’iscrizione nell’Elenco del Ministero dello Sviluppo Economico delle associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci, sono iniziate le attività di qualificazione.
Come avete definito il modello di qualificazione? Quali sono le qualifiche professionali dei ruoli del formatore manageriale?
Abbiamo individuato, con il contributo di Marco Vergeat, attuale presidente di Asfor, allora coordinatore della commissione che stava progettando il modello di qualificazione, quattro figure professionali sulla base delle abilità, competenze e conoscenze richieste al formatore, che coprono i diversi processi della filiera della formazione manageriale. Poi le abbiamo declinate in specificità di ruoli sulla base dell’European Qualifications Framework, che individua i vari livelli secondo una precisa graduatoria che dipende dall’esperienza professionale, dalla complessità del contenuto da erogare e dal contributo allo sviluppo delle conoscenze.
La prima figura identificata è quella del “formatore manageriale specialista”: chi si occupa di finanza, di programmazione e controllo o di specifici settori finali. Si tratta di un formatore con una competenza specialistica in qualche ambito del sapere manageriale. Poi abbiamo individuato la figura del “formatore manageriale di sistema”, quel formatore che ha competenze multifunzionali e che si occupa soprattutto di processi di cambiamento. In questo caso non basta una competenza specifica ma bisogna avere competenze di sistema e una visione completa sugli effetti che si producono nelle varie parti dell’organizzazione. Altra figura è quella del “formatore manageriale gestore di strutture”: il direttore di una scuola di formazione o di una divisione master, un docente che è anche in grado di dirigere un’attività. Infine abbiamo identificato la figura del “coordinatore di programma di formazione manageriale”, un formatore che è anche capace di coordinare dei programmi master.
Su cosa si basa il processo di valutazione del formatore manageriale?
Per qualificarsi il candidato deve scegliere la figura di riferimento, individuare il proprio livello EQF e inviare la richiesta di qualificazione, che sarà valutata da una commissione composta da 11 esperti del mondo accademico e della formazione manageriale. La qualificazione si basa sull’analisi del curriculum tradizionale in formato europeo, ma soprattutto di un curriculum professionale dove vengono dimostrate e provate cose realmente fatte. Noi verifichiamo i programmi in cui il formatore è stato coinvolto, le attività e le docenze che ha svolto, le pubblicazioni che ha scritto, le scuole e le imprese con cui ha lavorato, e lo qualifichiamo per le cose provate.
Perché è importante per un formatore di management essere qualificato?
Qualificarsi rappresenta per un formatore manageriale una tappa fondamentale per il pieno riconoscimento delle competenze e della professionalità acquisita. Significa poter ricevere da un’associazione, che pone al centro il valore, il merito e le competenze, un riconoscimento di natura professionale, una qualificazione che potrà essere riconosciuta anche in ambito internazionale. In un mondo dove le professioni non ordinistiche non sono sottoposte a verifica, e dove chiunque può inventarsi esperto in una qualsiasi materia, la qualificazione dà al professionista un riconoscimento importante, soprattutto perché dato da una comunità di professionisti qualificati, che riconosce il suo simile e lo accetta, con cui condivide conoscenze e competenze.
Quali sono a suo avviso le competenze, ma anche le doti personali, che un buon formatore di management deve possedere?
Sono importanti le conoscenze “hard” del management, quelle di base, consolidate, che sono scritte nei libri, trasferite nelle presentazioni e poi insegnate, insieme alle competenze “soft”, come la capacità di presentare in modo efficace e di sapere comunicare. Ma credo che un buon formatore manageriale debba possedere soprattutto competenze relazionali ed essere in grado di portare empatia in aula. Un buon docente di management deve avere la curiosità di capire i fabbisogni più critici, deve saper adattare l’esposizione e il linguaggio ai partecipanti, e deve essere anche un attivatore di processi di apprendimento. Deve stimolare nei partecipanti l’acquisizione di abilità e competenze e a sua volta essere aperto ad adattarsi e migliorarsi continuamente.
A chi e a cosa serve la formazione manageriale nell’economia del futuro?
La formazione manageriale serve oggi e servirà sempre più in futuro, soprattutto nel nostro Paese. Un Paese che se dal punto di vista delle competenze specialistiche spesso può vantare delle eccellenze assolute, è invece da sempre debole in ambito gestionale e organizzativo. Il manager ha delle competenze, delle capacità e delle abilità rivolte all’organizzazione.
Le faccio qualche facile esempio. Non basta essere un bravissimo ingegnere per far funzionare uno stabilimento, come non è sufficiente essere il miglior cardiochirurgo per organizzare la divisione di un ospedale, e non è sufficiente essere un bravo docente per dirigere un dipartimento di istruzione. Il management è importante perché il futuro è sempre più legato alla funzionalità di organizzazioni che sono sempre più complesse. E in quest’ottica una buona formazione manageriale diventa fondamentale.
Come è percepita la formazione manageriale dalle nostre imprese? Che ruolo le attribuiscono?
Purtroppo le imprese, le banche, gli enti pubblici in Italia forse non percepiscono ancora appieno la rilevanza della formazione in generale e di quella manageriale in particolare. Molti hanno capito che la formazione è importante, ma rispetto ad altri Paesi siamo più deboli. Nelle nostre aziende la formazione è stata spesso considerata un premio, una componente del sistema di rewarding, anche se devo dire che fortunatamente negli ultimi anni qualcosa è cambiato; molto nelle grandi aziende, un po’ meno in quelle di piccole dimensioni, dove la formazione viene ancora percepita come perdita di tempo di lavoro e non come qualcosa in grado di aumentare le capacità del capitale umano e il valore del lavoro.
Come sta evolvendo la formazione manageriale? Quali sono le nuove metodologie utilizzate?
Già da tempo le nuove tecnologie e i nuovi strumenti disponibili permettono di offrire una formazione diversa e più attuale. Internet è uno strumento fondamentale che facilita il lavoro al formatore che ha sempre bisogno di trovare casi, esempi, indicazioni, materiali su cui lavorare. Per non parlare poi delle nuove metodologie formative, come il role playing, il distance learning o la gamification. Purtroppo molti formatori hanno ancora un approccio di tipo analogico; in quest’ottica credo siano necessari molti investimenti da parte delle scuole di management per aiutare nell’utilizzo delle nuove tecnologie e metodologie formative.
Favorire l’incontro tra domanda e offerta di formazione manageriale di qualità. Come fare?
In un contesto, quello della formazione manageriale, in cui esistono molteplici programmi di formazione, con differente valore in termini di accrescimento e consolidamento della professionalità, in cui diventa sempre più difficile identificarne il valore formativo, proprio questa è la finalità di Apaform e di tutto il mondo Asfor. Come formatori abbiamo il dovere di rispondere al mercato con tutti gli strumenti necessari per favorire l’incontro tra domanda e offerta. Perché un’offerta che non si adegua ai bisogni, si troverà fuori misura rispetto al mercato.
Al tempo stesso abbiamo il dovere di immettere in tale mercato conoscenze, competenze e valori che devono essere di qualità. In quest’ottica credo sia necessario migliorare la capacità di comunicare, fare iniziative congiunte, unire in un unico circuito due mondi, quello della domanda e dell’offerta che spesso non si parlano, creando connessioni e momenti di reciproca conoscenza. Per questo in Apaform abbiamo sviluppato un programma di incontri, che svolgiamo con modalità dirette e veloci, dove i professionisti si incontrano per scambiare e condividere conoscenze su specifiche tematiche di interesse e di attualità per il mondo della formazione manageriale.