Il danno all’impresa se l’assenteista è “seriale”

L’orientamento giurisprudenziale sul tema del licenziamento per giusta causa, le ultime sentenze che coinvolgono i lavoratori assenteisti e l’utilizzo delle investigazioni per il reperimento degli elementi probatori.

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di Greta Gironi |

Il mondo del lavoro dal punto di vista legislativo è in continua evoluzione e tra gli elementi al centro del dibattito c’è sicuramente quello della tutela dei diritti del dipendente, sia dal punto di vista delle durate contrattuali che degli eventuali licenziamenti. Le due forme più incisive di licenziamento per causa soggettiva sono il licenziamento per giusta causa e quello per giustificato motivo soggettivo.

La prima modalità permette al datore di lavoro di chiudere il rapporto con il dipendente senza alcun preavviso e si concretizza nei casi di comportamenti scorretti che ledono la fiducia del primo sul secondo, rendendo impossibile un proseguo della collaborazione. La seconda scaturisce anche in questo caso da comportamenti scorretti e lesivi per l’azienda, ma di entità non così grave da permettere la forma più drastica, prevedendo quindi un periodo di preavviso retribuito.

Ognuno di questi casi si basa fondamentalmente sulla lesione della fiducia del datore di lavoro e sul danno al patrimonio aziendale diretto e indiretto causato. Ed è proprio su questi due concetti che si basano le sentenze del Tribunale del Lavoro che negli anni hanno dato ragione al datore di lavoro.

Le assenze illecite

I casi di illeciti sono decisamente variegati e vanno dalle frodi informatiche al furto di dati sensibili, dalla concorrenza sleale fino al complesso e variegato mondo dell’assenteismo. In questa analisi ci soffermiamo proprio su questo fenomeno, che tra l’altro è facilmente individuabile da parte di chi si occupa di risorse umane. Partendo infatti dal presupposto che non è corretto accomunare tutte le assenze, è però possibile individuare i casi di assenteismo “seriale”, controllando ad esempio il ricorrere costante di permessi connessi e adiacenti a festività o fine settimana, oppure intercettare attraverso il passaparola, l’umore aziendale riguardo a casi di colleghi poco presenti in azienda.

Le ultime sentenze sull’assenteismo

Le ultime sentenze in materia confermano come siano diverse le tipologie di permesso che possono essere utilizzate illecitamente.

L’ordinanza della Cassazione Civile (udienza 06/02/2018) sentenza n. 8209 del 4 aprile 2018 riguarda la tipologia di illecito più comune e cioè il permesso ex legge 104/92 che permette, oltre che ai lavoratori disabili di ottenere dei permessi aggiuntivi, anche ai dipendenti di assistere un parente con disabilità grave. In questo caso la Cassazione conferma, oltre ovviamente l’illecità del suo utilizzo per altri fini diversi dall’assistenza, anche la non indispensabilità della reiterazione dell’utilizzo fraudolento. Il caso nello specifico ha visto infatti il licenziamento di una dipendente che durante il permesso ha svolto una breve vacanza lontana dal luogo di assistenza.

Altro permesso potenzialmente abusato è quello del congedo familiare che nel caso passato per la Cassazione Civile, sentenza
n. 6893 del 20 marzo 2018, è stato utilizzato dal dipendente per svolgere attività lavorativa presso un diverso datore di lavoro, ledendo sia le disposizioni di legge (articolo 4, L. 53/2000) che ovviamente la lealtà e fedeltà del dipendente verso l’azienda e il datore di lavoro.

Ultimo esempio di permesso legato al fenomeno dell’assenteismo aziendale è il più classico permesso malattia, sul quale oltre al controllo da parte dell’Inps durante gli orari previsti di visita medica fiscale, è possibile un controllo più accurato nelle ore fuori dagli orari prestabiliti nei quali il dipendente è obbligato a sostenere un comportamento che non rallenti il suo processo di guarigione. A dimostrarlo è il caso della Cassazione Civile, sentenza n. 6047 del 13 marzo 2018, che ha confermato il licenziamento di un dipendente che, pur essendo in malattia, si esibiva in un concerto paesano.

L’onere della prova e le investigazioni

Un aspetto da tenere in considerazione è l’onere della prova che, in ogni caso, spetta sempre al datore di lavoro. In riferimento alle prove lo Statuto dei Lavoratori definisce chiaramente l’impossibilità di monitorare l’attività lavorativa dei propri dipendenti per farne una valutazione di tipo qualitativo, ma non quando si verificano comportamenti illeciti e scorretti da parte del dipendente.

L’orientamento legislativo in questi casi conferma la liceità dell’utilizzo da parte dell’impresa di una società investigativa, con regolare licenza ex 134 Tulps, per il reperimento delle prove dell’illecito attraverso diversi strumenti; dal pedinamento al reperimento di prove video fotografiche fino alle indagini informatiche sui dispositivi aziendali. Dall’altra parte sono diversi i casi in cui il datore di lavoro mette in atto un’azione disciplinare senza possedere le prove inequivocabili dell’effettivo comportamento scorretto, con conseguente reintegro dei lavoratori stessi e costi ancora più alti rispetto alla situazione di assenteismo.


Un danno all’impresa

Ogni singolo lavoratore può creare all’azienda notevoli danni se assenteista, se mantiene un doppio lavoro o se utilizza in maniera illecita i permessi ex legge 104/92, per l’assistenza di un familiare. In questi casi Abbrevia, società specializzata in indagini investigative, effettua gli accertamenti più indicati, legittimati dalla Corte di Cassazione, che l’azienda può richiedere se ha ragione di sospettare in merito all’affidabilità di un dipendente.

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