Italia 4.0: come siamo messi nell’innovazione?

Da una recente analisi dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro emerge l’incapacità dell’Italia nell’utilizzare i fondi europei disponibili per l’innovazione e la conseguente scarsa occupazione nei settori ad alto contenuto tecnologico.

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Innovazione

di Greta Gironi |

Nonostante le grandi ambizioni del piano nazionale “Agenda Digitale”, finalizzato a rendere più competitive le aziende italiane e le infrastrutture tecnologiche, l’attuazione del programma stenta ancora a decollare.

È quanto emerge da una recente analisi condotta dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro che evidenzia che l’Italia si colloca sul fondo della classifica dei Paesi virtuosi dell’Unione Europea per la capacità di spesa dei fondi disponibili per Ict e Ricerca e Innovazione. In totale i fondi disponibili a valere sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per favorire l’innovazione nel nostro Paese sono 8,3 miliardi di euro (6 miliardi per la ricerca e l’innovazione e 2,3 miliardi per lo sviluppo dell’Ict). Si tratta di un valore molto alto di risorse disponibili, il terzo dopo Polonia e Spagna.

Ma, dopo quasi cinque anni dall’avvio dell’Agenda Digitale in Italia, se si osserva la quota di investimenti rendicontati e impiegati dal nostro Paese si nota che sono stati spesi solo 828 milioni (pari al 12,3% del totale), collocando l’Italia a fondo classifica.

Chi più spende meno spende

Osservando le voci di spesa relative a ricerca e innovazione e allo sviluppo Ict, a livello regionale, Puglia, Campania e Sicilia sono le regioni che hanno programmato investimenti più ingenti ma, mentre la Puglia ha già rendicontato il 12% delle spese effettuate, la Sicilia non ha ancora rendicontato alcuna spesa e la Campania solo l’1%.

La capacità di spesa è invece a uno stadio avanzato per le regioni Liguria (45%), Emilia Romagna (41%), Toscana e Valle d’Aosta (38%), seguite dalla Sardegna (34%). In coda alla classifica troviamo, oltre che Campania e Sicilia, anche l’Abruzzo (3%), il Lazio (4%), il Veneto (6%) e il Piemonte (8%), tutte in forte ritardo rispetto alla rendicontazione delle spese.

Pochi occupati nell’alta tecnologia

La scarsa capacità di spesa delle risorse europee mostra ovviamente i suoi effetti sull’occupazione e sui lavoratori nei settori ad alta innovazione tecnologica. Dal report emerge infatti come in Italia nei settori ad alto contenuto tecnologico siano occupate solo 775 mila persone con una crescita, dal 2008 ad oggi, che è stata di sole 11 mila unità, pari all’1,5%. Per fare un confronto è sufficiente pensare che nell’area Euro sono 5,7 milioni, pari al 4% degli occupati, le persone che lavorano nei settori hi-tech, con una crescita di 362 mila unità dal 2008 (+6,7%).

Nel nostro Paese la quota di occupati nella produzione di beni tecnologici è dello 0,9% (la media europea è pari all’1,1%, mentre capolista è l’Irlanda con il 2,9%). Gli occupati nei servizi ad alta tecnologia sono invece il 2,5%: un livello inferiore di 0,4 punti rispetto alla media dell’Eurozona e al 5,4% dell’Irlanda.

La media italiana del 3,4% è trainata da Lazio (6,1%), Lombardia (4,7%) e Liguria (4,0%), mentre gran parte delle regioni ha una quota di occupati in settori ad alta intensità tecnologica al di sotto del 2,5%.

Molti i laureati

Dai dati emerge anche che il 39,8% degli occupati nei settori tecnologici in Italia è in possesso di una laurea (rispetto ad una media nazionale di occupati laureati pari al 22%).

Da segnalare in conclusione che purtroppo le donne rappresentano solo il 31,4% della forza lavoro nel settore hi-tech, oltre 10 punti percentuali in meno della quota di donne occupate in tutti i settori (42%).

Dati Innovazione
La percentuale di occupati in settori ad alta intensità tecnologica nei Paesi dell’area Euro nel 2017
(fonte elaborazione Osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro su dati Eurostat)

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