Il nuovo mondo del lavoro secondo Microsoft

Siamo solo agli inizi di un cambiamento epocale del mondo del lavoro, che sarà sempre più fluido e flessibile. Pino Mercuri ci parla dell’approccio al lavoro di Microsoft nel mondo della trasformazione digitale.

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sede Microsoft Milano

di Laura Reggiani |

Non ha certo bisogno di presentazioni Microsoft, la società che ha inventato l’informatica fondata nel 1975 da Bill Gates, oggi primo produttore mondiale di software, con un fatturato che ha superato i 100 miliardi di dollari e circa 120mila dipendenti presenti in 130 Paesi nel mondo. Sul territorio italiano Microsoft è presente dal 1985 con due sedi principali, a Milano e Roma, e occupa oggi circa un migliaio di collaboratori. A guidare le risorse umane è dal 2013 Pino Mercuri, arrivato in azienda dopo una lunga esperienza maturata in multinazionali come Unilever, Vodafone, Tele2, Artsana e Ariston.

Pino Mercuri Microsoft
Pino Mercuri è HR Lead Italy di Microsoft

Mercuri, che nel corso di questi anni in Microsoft ha avuto il compito di rafforzare ulteriormente la diffusione del “New World of Work”, ci ha spiegato l’approccio al lavoro implementato in Microsoft. Approccio che prevede una notevole flessibilità dei collaboratori nell’ottica di favorire la conciliazione delle esigenze personali e professionali, supportata da spazi funzionali e tecnologie innovative per massimizzare produttività, collaborazione e raggiungimento degli obiettivi: «Siamo solo agli inizi di un cambiamento epocale del mondo del lavoro, che avrà impatti fortissimi sull’organizzazione del lavoro che sarà sempre più fluido e flessibile«.

L’ambito delle risorse umane è interessante ma complesso. Quali competenze professionali e quali caratteristiche personali dove possedere chi svolge la sua professione?

Il professionista che si occupa di risorse umane ha vissuto negli ultimi anni una profonda evoluzione dal punto di vista delle competenze. Storicamente doveva possedere competenze funzionali, prevalentemente in ambiti di natura sindacale, amministrativa e transazionale. Oggi, nelle organizzazioni più moderne e proiettate verso il futuro, il mestiere dell’HR manager è diventato più complesso e agli esperti di risorse umane si richiede di essere partner del business, di avere una comprensione delle sue dinamiche e di aiutare le organizzazioni a costruire un vantaggio competitivo, e mantenerlo nel tempo, utilizzando le leve delle persone, del loro talento e delle loro competenze.

In quest’ottica il mio compito in Microsoft è di aiutare l’amministratore delegato a cercare di immaginare quali saranno le “digital capabilities” necessarie nel prossimo futuro e quali saranno le competenze che serviranno a Microsoft. In questo senso, negli ultimi anni, abbiamo fatto un importante lavoro sulle competenze in ambito Cloud che ci ha permesso di raggiungere risultati di business molto positivi.

Per quanto riguarda le caratteristiche personali, devo premettere che stanno cambiando le caratteristiche della leadership. A una leadership di tipo più tradizionale, che immaginava un uomo solo al comando, si sta oggi affiancando un modello più rotondo, basato sulla valorizzazione dei collaboratori, sulla comprensione delle esigenze delle persone che lavorano con noi e, in sintesi, sull’ascolto empatico dei collaboratori, dei partner, dei clienti e anche dei concorrenti. Sono queste caratteristiche che vanno sicuramente ad arricchire il curriculum del manager e, in particolare, di chi si occupa di risorse umane.

La Digital Transformation sta modificando anche il ruolo dell’HR manager. Qual è la sua opinione in merito?

Il digitale sta avendo un impatto fortissimo su tutte le industrie, su tutte le società e su tutte le funzioni aziendali. Non si può prescindere dal valorizzare il contributo e il contenuto del digitale in qualsiasi mestiere svolgiamo. Anche nell’ambito delle risorse umane il digitale sta lasciando un impatto molto importante.

Penso banalmente al cedolino paga, che fino a pochi anni fa si ritirava direttamente in azienda mentre oggi si scarica dal Pc o dallo smartphone. Oppure ai colloqui di selezione, che fino a qualche anno fa erano necessariamente fisici mentre oggi buona parte del processo è gestito con strumenti informatici, di Intelligenza Artificiale e Machine Learning, che permettono di risparmiare tempo. Ma la trasformazione digitale è molto più di questo…

Quali sono le politiche per la crescita e l’engagement del personale implementate in Microsoft?

Microsoft ha attraversato un percorso di profondo cambiamento e di evoluzione guidato dal nostro Ceo Satya Nadella. Oggi puntiamo ad avere una cultura dell’apprendimento continuo con un approccio alla crescita che ci permetta di imparare da noi stessi e dai nostri clienti. Partendo da questo presupposto, e dal fatto che l’obsolescenza della competenza ingegneristica è oggi molto rapida (si calcola tra i 24 e i 48 mesi), l’imperativo è portare all’interno della nostra organizzazione la cultura dell’ “always learning”.

Lo facciamo non solo dando alle persone gli strumenti, ma soprattutto offrendo la possibilità di capire che l’apprendimento continuo è necessario per la loro evoluzione culturale e professionale. Questa è la sfida più importante che abbiamo affrontato e gli ottimi risultati ci stanno dando ragione.

Microsoft è pioniere dello Smart working. Può farci un bilancio? Quali altre iniziative avete intrapreso a supporto della conciliazione vita-lavoro dei vostri dipendenti?

Lo smart working è una prassi consolidata in Microsoft, un approccio portato avanti da 15 anni per conciliare le esigenze produttive e organizzative con quelle familiari e personali. Tutte le persone in Microsoft si considerano presenti fino a comunicazione contraria, indipendentemente dalla presenza fisica in ufficio; una persona può lavorare da casa o da un altro luogo senza un processo autorizzativo, ma semplicemente collegandosi.

Si tratta di un progetto che nel tempo ha portato vantaggi tangibili e misurabili per quanto riguarda il percepito in termini di work-life balance, di capacità di collaborazione e anche di efficacia verso il cliente; le persone sentono che avere un bilancio tra vita professionale e personale permette di essere dei professionisti migliori e spesso anche più produttivi. Sempre in quest’ottica abbiamo sviluppato una “care giver policy” che riconosce dei giorni retribuiti alle persone che si possono trovare in condizioni di disagio dovuto alla salute propria, ma anche dei congiunti, osservando che, quando alle persone viene offerta questa possibilità, la utilizzano con sensibilità e intelligenza.

Dai bonus economici all’uso di auto e cellulare fino all’istruzione dei figli; i benefit hanno cambiato pelle. Avete in Microsoft progetti di welfare aziendale?

Abbiamo fatto una scelta molto forte da questo punto di vista, cogliendo come occasione lo spostamento di sede da Peschiera alla nuova Microsoft House di Milano per mettere in discussione dalle fondamenta il nostro approccio al welfare. Prima del trasferimento mettevamo a disposizione dei dipendenti quei servizi che noi ritenevamo importanti: asilo nido e scuola materna aziendale, palestra, mensa, take away, mini market. Nel tempo ci siamo però accorti che questi servizi erano utilizzati solo da una parte dei nostri dipendenti e non dalla maggioranza e abbiamo deciso quindi di mettere le persone nella condizione di poter scegliere quello di cui hanno realmente bisogno.

Abbiamo quindi preso tutto il budget disponibile e lo abbiamo rigirato ai nostri dipendenti attraverso un sistema di “flexible benefits” che risponde alle loro reali esigenze: quella del neolaureato di fare un corso di giapponese, quella dell’adulto di utilizzarlo per la cura dei genitori, quella della giovane coppia di spenderlo per l’asilo nido.

Utilizziamo una piattaforma che gestisce in outsourcing questi servizi, ai cui si aggiungono le nostre iniziative interne. Un esempio, che lanceremo proprio quest’anno, in collaborazione con “Fondazione Mondo Digitale”: i campus estivi dedicati ai figli dei nostri dipendenti, dove i bambini, dalla seconda elementare in avanti, potranno apprendere l’utilizzo delle nuove tecnologie nelle nostre “digital classroom” di Milano e Roma. Una forma di welfare ma anche un investimento sulle competenze future dei figli dei nostri dipendenti.

Quali sono le professionalità più ricercate in Microsoft? Quali le competenze? Esiste un prototipo di dipendente ideale?

Dal punto di vista tecnico le competenze oggi più ricercate sono quelle che insistono sul Cloud, una evoluzione di business che si è sviluppata negli ultimi anni e che continua a crescere in tutti i mercati. Avere persone che sono esperte di questa tecnologia è per noi molto importante.

Per quanto riguarda le competenze soft cerchiamo, oltre all’ottima conoscenza della lingua inglese, la capacità di gestire lavori, progetti e collaborazioni anche in maniera virtuale. In Microsoft il collega di lavoro spesso non è nella scrivania a fianco ma più probabilmente in Cina o negli Stati Uniti. La capacità di costruire delle forti relazioni e far accadere le cose anche a distanza è fondamentale e passa necessariamente per una comprensione delle esigenze e dei problemi di una persona che spesso non è nel tuo team aziendale. In questo senso ritengo l’empatia una dote irrinunciabile.

Utilizzate strumenti di politiche attive come il tirocinio o l’apprendistato, per l’inserimento dei giovani in azienda?

In Microsoft l’apprendistato è il contratto di riferimento per l’inserimento di tutti i neoaureati. Si tratta di uno strumento in linea con quella che è la nostra attenzione all’elemento formativo. Nei primi anni di lavoro i nostri giovani dedicano la maggior parte del loro tempo all’apprendimento, attraverso percorsi di formazione specifici ed esperienze all’estero. Le persone che escono dal nostro percorso di apprendistato sono professionisti solidi e con una preparazione apprezzata anche all’esterno.   

Parliamo di formazione. Che ruolo ha in Microsoft e come viene gestita? Che tipo di modalità utilizzate?

La formazione e l’apprendimento continuo, come già dicevo, rappresentano per noi un imperativo di business. Le nostre persone hanno fissati in agenda degli spazi e dei momenti destinati alle attività formative, che si svolgono a volte ancora in aula, ma che sempre più spesso sono virtuali, grazie ad un’offerta di formazione virtuale sempre più interessante e intrigante.

Mettiamo le persone in condizione di accedere a corsi in e-learning da ogni luogo e in ogni momento, offrendo una serie di training strutturati e categorizzati per ruolo; ogni collaboratore ha accesso a una library completa di corsi pensati per il suo ruolo e abbiamo un sistema di certificazione delle competenze, soprattutto quelle tecnologiche, molto strutturato.

E, poiché riteniamo che la formazione abbia un ruolo fondamentale per la crescita del Paese, abbiamo sviluppato il progetto “Ambizione Italia” attraverso il quale mettiamo a disposizione delle scuole italiane una classe digitale, dove fare lezione sulle nostre tecnologie. Un piccolo contributo alla formazione dei professionisti del futuro.

Recentemente ha scritto un libro intitolato “Il futuro del lavoro spiegato a mia figlia”. Da dove nasce questa idea? Può spiegare anche a noi quale sarà il futuro del lavoro?

L’iniziativa è nata quasi per gioco, ma ha avuto un discreto e inaspettato riscontro, soprattutto nelle scuole. Tutto nasce da una visita di mia figlia in Microsoft che le ha generato una serie di domande, curiosità, suggestioni e idee che ci hanno poi accompagnato nelle settimane successive.

Queste conversazioni si sono poi trasformate in un vero progetto editoriale che vuole raccontare ai nostri ragazzi quella che sarà l’evoluzione del mondo del lavoro. Siamo infatti agli inizi di un cambiamento epocale, che avrà impatti fortissimi sull’organizzazione del mondo del lavoro, che sarà sempre più fluido e flessibile.

Personalmente credo in un futuro del lavoro positivo, dove l’intelligenza artificiale si unirà a quella umana senza sostituirla. L’uomo non avrà mai la capacità computazionale della macchina, ma la macchina non avrà mai l’empatia e la creatività dell’uomo. Certo, alcuni posti di lavoro spariranno, ma allo stesso tempo se ne creeranno altri, più intriganti, più sfidanti, più stimolanti.

Se i nostri figli avranno la capacità di approcciare il futuro in un modo curioso e attento alle evoluzioni avranno una carriera lavorativa sicuramente più interessante della nostra. Una costante del lavoro del futuro dovrà essere proprio l’apprendimento continuo; non sarà possibile prescindere dal mettersi continuamente in discussione e dal costruire percorsi di sviluppo che hanno al centro l’elemento formativo.

Per concludere, quali sono i progetti che la impegneranno nei prossimi mesi a livello personale e professionale?

A livello personale sono impegnato sulle code del libro, presentazioni, convegni e interviste. Mi fa piacere contribuire nel mio piccolo all’orientamento lavorativo delle future generazioni.

A livello professionale il focus dei prossimi mesi, dopo avere chiuso un anno molto positivo dal punto di vista dei risultati aziendali, sarà continuare ad analizzare e ricercare le competenze che sono necessarie per rendere il futuro della nostra organizzazione sostenibile nel tempo: Internet of Things, Machine Learning, Artificial Intelligence, Quantum Computing, sono tecnologie molto più vicine a noi in termini di applicazioni di quel che può sembrare.

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