Un solo futuro non basta

Imparare a usare il futuro per intercettare i grandi cambiamenti in arrivo richiede coraggio, visione e capacità di sperimentare nuovi percorsi metodologici, organizzativi e formativi.

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Futuro

di Francesca Praga |

Si parla di futuri, al plurale. È esplosa la curiosità di poter indirizzare gli avvenimenti verso il futuro desiderato, di capire se per caso sia possibile domarlo, o almeno immaginarselo con un filo di potenziale predittivo. Roba seria, mica sfere di cristallo o lettura dei fondi del caffè.

Esiste da tempo l’Italian Institute for the Future, un’organizzazione no-profit collegata all’idea dei centri di futures studies presenti in diversi Paesi del mondo, di cui Roberto Paura ne è il presidente. L’obiettivo di questo Istituto è far conoscere e diffondere la cultura dell’anticipazione, della previsione sociale e dello studio dei megatrend, analisi che possono aiutare aziende e singole persone a ogni livello decisionale, allo scopo di consegnare politiche sostenibili all’Italia del domani, nei suoi molteplici settori trainanti, pubblici e privati.

Futuristi cercasi

A fine maggio, si sono incontrati a Roma i Futuristi Italiani, non quelli del movimento artistico bensì studiosi dei sistemi anticipatori. Molti e variegati sono stati i temi trattati nel convegno “Il Futuro delle Organizzazioni. Lavoro e Creatività”, un’occasione per mettere insieme l’Associazione dei Futuristi Italiani, il Cnel, la Cattedra Unesco in Sistemi Anticipanti, lo stesso IIF e altri partner di notevole rilievo. L’invito si estendeva a chiunque, studenti inclusi, volesse e voglia agire con un occhio al futuro medio-lontano, non solo interessato al futuro-presente. Ad esempio, uno degli argomenti esplorati trattava di Intelligenza Artificiale, tema su cui molti si stanno cimentando senza (al momento) riuscire a chiarire gli innumerevoli aspetti oscuri. E poi si toccava l’etica, la politica, la scuola, l’economia: insomma, il futuro interessa un po’ a tutti i campi, prepararsi scientificamente significa produrre alla fine risultati benèfici per tutti.

Dopo qualche uscita in sordina, tra i primi che ne hanno parlato apertamente, a un ristretto gruppo di invitati, ci sono quelli di Generation Mover, Isabella Pierantoni in prima fila a metterci la faccia, insieme al già citato Roberto Paura e al professor Roberto Poli, altra voce di spicco.

Nasce di conseguenza la Comunità di Pratica di Futuro, gruppo di dialogo e studio, utile a chi vi partecipa e ai loro contatti per gli stimoli scientifici che ne emergeranno e che verranno applicati nel lavoro quotidiano.

Il futuro è davvero aperto?

Se da un lato del pensiero comune vediamo possibilità di esplorare con una certa dose di attendibilità le strade che si aprono davanti al nostro agire, la filosofia ci porta invece a immaginare il futuro come un orizzonte aperto e pieno di opportunità imprevedibili.  Siamo portati a vedere il futuro come un reame di possibilità infinite e indefinite, in attesa delle scelte che compiamo nel presente.

Nel libro “Lavorare con il futuro” Roberto Poli offre idee e strumenti per governare l’incertezza. Tra i tanti testi che cominciano ad affollare le discussioni sulla possibilità o meno di governare il futuro, o almeno di poterselo prefigurare con un filo di accuratezza, questo mi è sembrato il più concreto. Intanto parte da chiare definizioni sulle differenze tra prevedere, scoprire e anticipare.

Poi ritorna spesso sulla necessità di imparare ad anticipare i fatti che accadranno per poter gestire al meglio le incertezze in cui viviamo; sul saper calcolare i rischi non solo nostri, ma pure di altri che possono influenzare il nostro futuro; sul saper misurare il grado di difficoltà o complessità delle scelte che ci si parano innanzi.

Il consulente o il leader del domani, in qualsiasi campo, dovrà saper decifrare strategie, tattiche, metodi e strumenti per affiancare o guidare significativamente le aziende che non vogliono soccombere al primo cigno nero che incontreranno, o a quello più imponente di altri.

Di megatrend, controtrend ed esplorazioni

Tra le molte idee e spunti offerti, spiccano sistemi di lavoro estremamente concreti che invitano a esplorare in profondità l’ambiente, e le sue periferie, in cui si cerca di indirizzare il futuro. Ad esempio, pensando al futuro della formazione e dell’istruzione, e quindi a quali saranno i nuovi percorsi lavorativi, occorre immedesimarsi nei prossimi decenni (i prossimi anni ovviamente non possono essere significativi in quanto prodotti di decisioni passate), riflettendo su quali potranno essere le forze attive e direzionali che ne condizioneranno le scelte. Non sarà sufficiente considerare i cambiamenti demografici e sociali, dovranno necessariamente essere ipotizzate le evoluzioni tecnologiche, quelle politiche e istituzionali.

Ci aiutano, nelle nostre attività di immaginazione, le conoscenze dirette che abbiamo con i megatrend, cambiamenti in corso da molti anni o decenni che si preannunciano ancora ben duraturi nel tempo, non accennano a volersi sgonfiare. Improbabile riuscire a interrompere il corso di un megatrend, nonostante alcuni curiosi esempi di controtrend. Un noto esempio è la costante crescita globale delle città accompagnata da un visibile ripopolamento delle campagne e delle valli montagnose. Il libro ovviamente spiega meglio, dati alla mano.

A fianco dello studio dei megatrend, sono nostre alleate le esplorazioni, serie coordinate di cambiamenti ancora aperti, i cui esiti non sono per nulla scontati. In questi casi il margine di intervento esiste e dipende dalle decisioni che prendiamo.

Un esempio di esplorazione lo stiamo incontrando nella Via della Seta, nuovo baricentro commerciale non ancora delineato. Diventerà più conveniente partecipare al percorso che potrebbe vedere protagonista la strada marittima che transita nel Pacifico (Cina-Usa) o essere presenti nel Bri (Belt and Road Initiative), quel percorso marittimo e terrestre in cui l’Europa (e l’Italia) potrebbero giocare ruoli importanti, o addirittura legati al proprio futuro benessere economico? Dato che i cinesi hanno dichiarato che la Via della Seta terminerà a Venezia, non possiamo ignorare questa occasione storica.

Quali strumenti a disposizione?

Il futurista, o per meglio dire la persona orientata a lavorare per il futuro, dispone già di strumenti utili, e chissà quali se ne affineranno da qui ai prossimi decenni grazie agli studiosi del settore.

Il segreto sta nell’imparare a immedesimarsi in punti di vista molto diversi dai nostri abituali, legati al passato e al presente. Occorrono competenze, corsi e opportunità di dialogo, affinché chiunque copra posizioni legate a decisioni più o meno importanti per sé e per le proprie aziende, professioni o situazioni, possa serenamente fare del suo meglio per essere artefice del prossimo destino, proprio e di altri.

Il tema del futuro, emerso ormai nell’interesse di molti, ci accompagnerà ancora per un bel po’ di tempo, magari diventando presto un megatrend riconosciuto.


Alcune domande su possibili scenari futuri

Futuri

Non facciamo finta di non sapere che futuri scenari ci toccano da vicino e ci devono coinvolgere in diverse molteplici aree, per noi, per i nostri figli, nipoti e pronipoti.

 

  • Si vocifera di robot che soppianteranno il lavoro dell’uomo e addirittura, con l’auto-apprendimento, ne supereranno l’intelligenza. Eppure la tecnologia ci affianca, basta che continuiamo a guidarne consapevolmente l’evoluzione, mantenendoci a nostra volta aggiornati.
  • Del clima se ne parla altrettanto, così come delle fonti energetiche. Quanto abbiamo il potere di deciderne le sorti? Quanto riusciamo a pilotare le decisioni che ci coinvolgeranno domani? 
  • Viviamo sempre più a lungo. Ma riusciremo anche a vivere in buona salute?
  • Cibo per tutti. È un mero desiderio o un’idea sostenibile?
  • La scienza ci è amica, vicina, o nemica, oppositrice? Riuscire a immaginare, analizzare ed eventualmente costruire i futuri possibili diventa necessità, oltre che volontà o semplice immaginazione.

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