Pur essendo condivisibile il tentativo di dare dignità economica al lavoro e combattere i fenomeni delle cooperative spurie o degli appalti illeciti di manodopera, l’introduzione normativa di un salario minimo legale non può non impattare sul costo del lavoro delle imprese italiane, soprattutto delle Pmi. È quanto osserva il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro che ha anche elaborato delle stime in merito.
Alla platea identificata dall’Istat di lavoratori che guadagnano meno di 9 euro all’ora (oltre 2,9 milioni di lavoratori del settore privato, per un totale di 4,3 miliardi di costo), va infatti aggiunto un altro milione di lavoratori tra operatori agricoli, colf e badanti, che porta il totale dei lavoratori a 4 milioni, per un totale di costi diretti di 5,5 miliardi. L’effetto del trascinamento verso l’alto delle retribuzioni già superiori a tale soglia, farebbe poi arrivare a un costo indiretto di circa 12 miliardi di euro, triplicato quindi rispetto ai 4,3 miliardi stimati dall’Istat.
Gli effetti negativi
Fra gli effetti negativi dell’aumento generalizzato delle retribuzioni: una minor disponibilità di risorse per trattamenti retributivi aggiuntivi come premi di produzione e welfare aziendale; l’aumento del prezzo di beni e servizi da parte delle imprese tenute ad affrontare nuovi costi; situazioni di dumping sociale con i lavoratori europei, con una nuova ondata di delocalizzazioni e una diminuzione dei già bassi livelli di investimenti esteri in Italia; lavoro sommerso; livellamento indiscriminato delle diverse tipologie contrattuali e di lavoro.