Scende al 10% la quota di imprese che programmano assunzioni, attestata ad ottobre al 13%. Questi i dati più significativi che emergono dal Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che elabora le previsioni occupazionali di novembre.
Penalizzati turismo e servizi alle imprese
Le molteplici incognite sul piano economico e occupazionale continuano a pesare in particolare sui programmi delle imprese dei servizi turistici, alloggio e ristorazione (-31,8% le entrate programmate rispetto a novembre 2019), dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone (-30,8%) e dei servizi dei media e della comunicazione (-28,5%).
Meno penalizzati i servizi alle persone (-11,2%), anche a seguito delle maggiori sollecitazioni legate all’erogazione dei servizi sanitari, i servizi finanziari e assicurativi (-17,3%) e i servizi avanzati di supporto alle imprese (-18,7%). Per l’industria, fortemente al ribasso le previsioni delle imprese dei comparti carta, cartotecnica e stampa, (-43,1%), legno e mobile (-39,7%), altre industrie (-34%) e tessile, abbigliamento e calzature (-31,0%). Mentre i comparti alimentare, metallurgico e costruzioni registrano una minore flessione delle entrate in programma rispetto all’anno precedente (rispettivamente -16,3%, -19,3% e -19,6%).
Bene per operai e artigiani
Nonostante il clima di grande incertezza, la domanda di lavoro per le figure professionali di operai e artigiani mostra di essere abbastanza significativa e il calo delle entrate programmate per questi profili è più contenuto rispetto alla media (-18,4% per il gruppo professionale degli operai specializzati). Domanda sostenuta principalmente dalle microimprese (1-9 dipendenti) nell’industria, le uniche a far registrare una crescita delle entrate rispetto allo scorso anno (+6,6%).
Nel complesso cresce ancora, nella crisi prodotta dalla pandemia, il fenomeno della polarizzazione” nella domanda di lavoro delle imprese: rispetto ad un anno fa, infatti, si registra un aumento sia della quota di laureati ricercati dalle imprese (passa dal 14% al 16%), sia della quota di personale a cui non è richiesto un titolo di studio specifico (passa dal 22% al 25%).