Dal mondo della ricerca applicata, nasce la start-up universitaria IDEM, che lancia un innovativo progetto per analizzare, valutare e certificare la parità di genere nei luoghi di lavoro.
Gender gap nel mercato del lavoro: un problema da risolvere
I dati relativi alla parità di genere nel mondo del lavoro italiano sono tutt’altro che positivi. Sebbene si tratti di un problema diffuso a livello globale, il nostro paese risulta comparativamente uno di quelli più colpiti dal c.d. “gender gap” nei luoghi di lavoro: per citare un dato su tutti, sebbene siano diverse le fonti che certificano questa situazione, secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, l’indice italiano relativo alla partecipazione ed alle opportunità economiche delle donne (59,5/100) ci posiziona al 117° posto su 153 paesi. La capacità di guadagno delle donne (56,4/100), la parità salariale (52,9/100) e le possibilità di carriera in politica, nel pubblico e nel privato (37,0/100) ci vedono molto distanti dalla parità (100/100). Ma anche dove le cose vanno meglio, partecipazione alla forza lavoro (74,4/100) e diffusione delle donne in occupazioni tecniche e ad elevato expertise professionale (85,5/100) l’Italia si colloca nella parte bassa della classifica.
Su tutte, quella particolarmente critica risulta essere la situazione del “gender pay gap” (il differenziale retributivo a parità di mansioni fra donne e uomini) con l’Italia che si attesta sull’11% per le lavoratrici a tempo pieno, ma sale oltre il 20% se si considera come riduzione del salario anche il part-time involontario. Una situazione che ha radici molto profonde, tanto che il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, ha condannato l’Italia nel settembre 2019 perché non effettua un monitoraggio sistematico del fenomeno e ha di conseguenza violato il diritto delle lavoratrici alla trasparenza retributiva come presupposto di un equo salario.
Misurare la gender equality
La situazione del mercato del lavoro italiano rispetto alla questione della gender equality, che per altro non ha mostrato progressi significativi negli ultimi anni, se già pone evidenti problemi sotto il profilo della giustizia sociale, risulta ancor meno comprensibile ove si consideri come ormai ci siano molti gli studi che dimostrano una correlazione positiva fra parità di genere e performance aziendale, non solo in termini di reputazione e responsabilità sociale, ma anche a livello economico-finanziario, di innovazione e di gestione delle risorse umane.
Al di là di chiare lacune culturali e normative, si tratta evidentemente di un problema che sottende anche una scarsa consapevolezza da parte dei datori di lavoro, da una parte della portata del fenomeno, dall’altra dei benefici che deriverebbero dall’affrontarlo in modo sistematico. Ed è appunto questo il presupposto che ha spinto un gruppo di ricercatori della facoltà di economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE), guidato dalla prof.ssa Tindara Addabbo, esperta di caratura internazionale sui temi della parità di genere, a sviluppare un innovativo strumento per misurare e certificare la gender equality nei luoghi di lavoro, che è al cuore del progetto della start-up universitaria IDEM, costituita lo scorso 20 novembre (fra i principali finanziatori la Fondazione Marco Biagi di UNIMORE e JobPricing).
Secondo la Prof.ssa Addabbo, infatti, “è necessario un approccio interdisciplinare per cogliere le diverse determinanti dentro le imprese che generano diseguaglianze di genere. Diseguaglianze che, oltre ad essere non accettabili perché ingiuste producono anche inefficienze nel sistema impresa – continua la founder di IDEM – il sistema che proponiamo aiuta a fornire a chi dirige l’impresa un quadro articolato della reale situazione nelle organizzazioni. Poiché in azienda non viene misurato, il gender gap tende a essere troppo spesso sottovalutato, fino a “non esistere”, indebolendo in questo modo la capacità di cogliere il grande potenziale della diversità anche per lo sviluppo del business. Ed è appunto a questa lacuna che vogliamo rispondere con il nostro modello di valutazione e certificazione della gender equality”.
La sfida è quella di fornire alle aziende un tool di analisi e di valutazione che sia al contempo rigoroso sotto il profilo scientifico, ma semplice e pratico in termini applicativi e possa avere, quindi, concrete ricadute a livello di gestione operativa e di management.
Una metodologia innovativa
La metodologia, sottoposta alla supervisione di un Comitato scientifico che comprende esperti ed esperte internazionali, rappresentanti istituzionali e manager HR, si basa sull’elaborazione di un indice fuzzy sintetico (”Idem Index”), che consente di misurare la gender equality mediante il confronto con un’organizzazione tipo “gender gap free”: l’indice è la risultante di un’analisi sistematica di tutte le dimensioni ritenute rilevanti dalla ricerca scientifica (carriera, retribuzione, organizzazione, cultura), che a tal fine sono considerate secondo specifici criteri di ponderazione.
Il processo di valutazione (tre settimane circa) inizia con la raccolta, mediante un audit online, di una serie di dati e informazioni quantitative e qualitative di natura amministrativa e gestionale. Seguono una seconda fase in cui i dati raccolti vengono analizzati ed una terza in cui si restituiscono i risultati, rappresentando non soltanto il livello di equità in assoluto mediante l’Idem Index, ma evidenziando anche le aree di forza e di miglioramento, così da definire un framework di riferimento per interventi mirati. Non solo. L’analisi consente di mettere in luce eventuali scarti fra prassi (i fatti rilevati dai dati) e politiche (le intenzioni espresse in procedure, regolamenti, etc.), valorizzando così due ulteriori aspetti: il livello di effettivo “governo” del fenomeno; il potenziale evolutivo o involutivo rispetto alla situazione as-is.
L’analisi periodica dello stato dell’arte mediante l’Idem Index, infine, consente di misurare l’evoluzione della situazione nel tempo. È così possibile per un’organizzazione inserirsi in un percorso di certificazione che, sulla base di un audit annuale, ne attesta il livello di gender equality: è un passo coraggioso ed impegnativo, perché di fatto vuol dire associare all’equità una metrica specifica, un vero e proprio KPI, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di impegno, trasparenza ed esigibilità. In questo senso, come sottolinea la prof.ssa Addabbo, “la certificazione fornisce un modello operativo a chi crede che l’eguaglianza di genere vada perseguita senza mezze misure. Del resto, non può esserci un po’ di parità…”.
L’approccio data driven e la metodologia scientifica sono il tratto distintivo del progetto IDEM, ma non sono tutto. Poiché quella della parità fra uomini e donne è in primis una battaglia culturale, la nuova startup, sfruttando gli stretti collegamenti con il mondo accademico, ambisce ad essere un acceleratore di particelle per la gender equality.
IDEM si propone, quindi, di: stimolare la ricerca sul campo; alimentare il dibattito fra gli esperti; informare e sensibilizzare il grande pubblico in modo aperto, up-to-date e gratuito; essere, infine, parte attiva di un network qualificato di soggetti attivi in questo campo, privati e pubblici, profit e non, che cooperino e condividano best practice e know-how.
Come sottolinea sempre la prof.ssa Addabbo “con IDEM colmiamo una lacuna in termini di strumenti e di metodologia, ma, ovviamente, tutto ruota intorno alla reale volontà di chi dirige l’impresa. Il nostro pay-off Mind the Gap vuole essere un invito esplicito in tal senso, a tutti, ma a chi dirige l’impresa in particolare.”
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