di Manuel Cifone* |
La pandemia da Sars-CoV-2 ha palesato tutti i difetti del nostro welfare con i suoi ammortizzatori sociali.
Il lockdown nazionale ha generato una tale confusione e incapacità gestionale al punto che i cittadini italiani si trovano completamente attoniti e amareggiati. Bonus di ogni sorta, congedi vari, cassa integrazione ordinaria, in deroga, straordinaria, “speciale Covid”, Dis-Coll, Naspi e aiuti con evidenti limiti, sono piombati fulmineamente all’Inps.
Ripensare gli ammortizzatori sociali
Il sistema degli ammortizzatori sociali è stato ridisegnato nel 2015, ma va di nuovo rivisto in virtù delle criticità emerse nell’arco del 2020 perché, se è vero che disponiamo di molti strumenti, tuttavia questi sono poco funzionali e sovente inefficaci, oltreché inefficienti. L’attuale sistema di ammortizzatori sociali è caratterizzato da una estrema disomogeneità delle tutele tra settori, classe di ampiezza dell’impresa di provenienza, tipologie contrattuali e storia lavorativa.
Secondo il Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, è opportuno ripensare gli ammortizzatori sociali, abbandonando la logica del mero sostegno economico “passivo” e rimettendo al centro la formazione del lavoratore, nonché le politiche attive, per garantire un immediato riposizionamento sul mercato del lavoro. Le parole d’ordine devono necessariamente essere universalità e unificazione delle procedure.
Gli economisti Tito Boeri e Roberto Perrotti propongono, tra l’altro, l’introduzione di un ammortizzatore unico, uno strumento universale che sostituisca i nove attualmente esistenti, semplificando i processi di erogazione.
Una riforma del sistema viene chiesta a gran voce anche dai sindacati che, peraltro, appoggiano l’idea di istituire un ammortizzatore unico utilizzabile anche da parte dei lavoratori oggi invisibili e, per questo, meno garantiti. L’obiettivo è quello di semplificare le procedure troppo farraginose, tra cui la cassa integrazione, che dovrà essere resa più flessibile e facilmente accessibile. La Cig straordinaria dovrà abbracciare tutti i settori produttivi e tutte le imprese, a prescindere dal numero di occupati.
La proposta è quella di eliminare «il riferimento ai 15 dipendenti» oggi previsto dalla riforma del 2015. Si renderà più «strutturale» la Cig per cessazione (da poco introdotta) caratterizzata da 12 mesi di intervento, prorogabili di 6 mesi, per il completamento del piano di cessione e o di reindustrializzazione delle aree dismesse. Invece la cassa integrazione ordinaria potrà ricomprendere una nuova causale, ovvero quella per «calamità naturali e stati di emergenza dichiarati con Dpcm», passando da due a tre. Così verrebbero meno la Cig in deroga e Fis. L’ammortizzatore è previsto anche per gli autonomi. Si tratta di un aiuto a regime a proprie spese, di 12 mensilità, o di 18, se parificato al reddito di cittadinanza. Tale allargamento di platea, è previsto anche per l’indennità di disoccupazione (NaSpi) e si estende a gran parte dei collaboratori (superando la Dis-coll) e agli autonomi iscritti esclusivamente alla gestione separata Inps.
Ci saranno 6 mesi di sussidio minimo, a prescindere dal requisito contributivo (restano i 30 giorni di lavoro effettivo). “Sulla Naspi l’intenzione è di effettuare un intervento strutturale all’interno della riforma complessiva degli ammortizzatori e in attesa, un intervento in legge di bilancio”. E tra gli interventi cui mettere mano anche una eventuale “eliminazione del decalage”, afferma ancora il Ministro, “collegandola strettamente a percorsi di formazione e di accrescimento delle competenze, con una condizionalità stringente in modo tale che anche il lavoratore sia incentivato a frequentare questi percorsi”, ribadendo come l’obiettivo del governo sia quello di “accompagnare il lavoratore beneficiario delle misure di sostegno al reddito, non solo della cassa integrazione, ma anche della Naspi e delle altre indennità, in un percorso ‘attivo’, volto all’accrescimento delle proprie competenze”.
Il Fondo Nuove Competenze e gli ammortizzatori sociali
Si pensa dunque a un impianto orientato verso un sistema universalistico, che protegga tutti i lavoratori, tenendo conto delle specificità di settore e della dimensione delle aziende, e che sia incentrato sulle politiche attive.
È per questo che a fare da sponda alla riforma è stato previsto, nel Decreto Rilancio, il Fondo Nuove Competenze grazie al quale “le imprese potranno rimodulare l’orario di lavoro dei propri dipendenti destinando parte di esso alla loro formazione, finanziata dallo Stato”. Il Fondo da un lato, puntando su formazione e riqualificazione delle risorse, ha una connotazione fortemente attiva; dall’altro, è alternativo alla Cassa Integrazione, con benefici, quindi, sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori.
Il tutto, attraverso un intervento che sostiene le imprese anche nel delicato processo di adeguamento ai nuovi modelli organizzativi e produttivi determinati dall’emergenza epidemiologica in atto. Destinatari del Fondo sono i “datori di lavoro del settore privato che abbiano stipulato gli accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa”, secondo quanto previsto dall’art. 88, comma 1, del Decreto-legge 19 maggio 2020 n.34, il Decreto Rilancio.
Gli accordi collettivi dovranno prevedere “progetti formativi, il numero dei lavoratori coinvolti nell’intervento e il nume- ro di ore dell’orario di lavoro da destinare a percorsi per lo sviluppo delle competenze” ed essere stipulati entro il 31 dicembre 2020. In pratica, l’orario di lavoro potrà essere rimodulato per consentire ai dipendenti la frequenza di corsi formativi i cui costi per le aziende, grazie all’intervento del Fondo, saranno a carico dello Stato. Inoltre, non ci sarà alcuna riduzione della retribuzione per i lavoratori rispetto ai consueti meccanismi della Cassa Integrazione.
Formazione e sostegno al reddito
Con il Fondo Nuove Competenze, ha posto in rilievo il Ministro Catalfo, “si apre una fase inedita, che punta alla valorizzazione del capitale umano, delle competenze e della formazione. Un tassello in più per raggiungere gli obiettivi in agenda”. Politiche attive e ammortizzatori devono andare di pari passo, introducendo riforme e interventi da adottare per il mercato del lavoro, che abbiano quale obiettivo reale quello di rilanciare l’occupazione, investendo nella formazione e uniformando gli strumenti di sostegno al reddito.
Il nuovo ammortizzatore sociale deve necessariamente mirare a un orizzonte più ampio, ossia accompagnare il lavoratore nel reinserimento lavorativo tramite un ampliamento delle sue competenze. Occorre superare la storica tendenza italiana che porta unicamente a proteggere il reddito del lavoratore e la conservazione del posto (vedi Naspi, Cassa integrazione e Mobilità), studiando forme di reinserimento nel mercato del lavoro più incisive, forme che portino il la- voratore a utilizzare il tempo di disoccupazione o Cassa Integrazione per formarsi e trovare altre opportunità lavorative.
Forse il Fondo Nuove Competenze non sarà sufficiente, non nel contesto che ci attende, ma probabilmente si tratta di uno degli strumenti più efficaci messi in atto in un momento in cui occorre programmare con uno sguardo lungimirante e a lungo termine il Paese che verrà.
IL FONDO NUOVE COMPETENZE IN SINTESI
430 milioni di euro per il 2020 e 300 milioni per l’anno 2021, a cui possono aggiungersi le risorse dei Pon e dei Por finanziati dal Fse.
L’accesso alle risorse prevede la redazione di progetti per lo sviluppo delle competenze corredati da accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro sottoscritto con i sindacati, firmati entro la scadenza del 31 dicembre 2020 (salvo proroghe). Le domande vanno presentate ad Anpal, secondo i criteri, le modalità e i termini per l’accesso ai contributi indicati nell’Avviso dell’Agenzia, che determinerà l’importo del finanziamento da riconoscere al datore di lavoro, distinto tra il costo delle ore di formazione e i relativi contributi previdenziali e assistenziali.
Il progetto formativo deve individuare gli obiettivi di apprendimento, i soggetti destinatari, il soggetto erogatore, gli oneri, la durata e le modalità di svolgimento del percorso di apprendimento. Il progetto deve dare evidenza e permettere la misurazione della valorizzazione del patrimonio di competenze del lavoratore, anche attraverso servizi di individuazione, validazione, messa in trasparenza e attestazione delle competenze acquisite.
Lavoratori/lavoratrici dipendenti e dirigenti del settore privato per cui è prevista una rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa (ad esclusione degli apprendisti).
Le attività formative potranno essere erogate da tutti gli Enti accreditati sia a livello nazionale che regionale, da università e centri di ricerca, istituti tecnici e di istruzione secondaria di secondo grado, centri per l’istruzione degli adulti e altri organismi che svolgono attività di formazione oppure, qualora si dimostri il possesso dei requisiti necessari, dall’impresa beneficiaria del finanziamento.
90 giorni dall’approvazione delle richieste da parte di Anpal; 120 giorni se in sinergia con un Fondo interprofessionale. |
* Manuel Cifone è vicepresidente dell’Ente di formazione Federservizi Integrati.