La metodologia OKR per sopravvivere allo smart working

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OKR

L’attuale scenario del lavoro ha imposto una riflessione sui profondi cambiamenti in un contesto che vede milioni di lavoratori italiani alle prese con un “oggetto” pressoché sconosciuto in Italia prima della pandemia: lo smartworking.

I dibattiti aperti sull’argomento sono numerosi sia per le aziende sia per i lavoratori: con il remoto, com’è cambiata la gestione dei dipendenti? Come si può organizzare bene il proprio tempo evitando impatti sul lavoro e sulle scadenze? Siamo sicuri di saper arginare la nostra disponibilità online, senza che prenda il sopravvento sulla nostra vita? Se lo smartworking presuppone una forte autonomia del dipendente, come si può tener conto dei progressi senza appesantire i processi di controllo e gravare ulteriormente sulla disponibilità del lavoratore?

Le risposte a queste domande sono tra i temi affrontati durante la serie di webinar dedicata agli OKR in collaborazione con Edizioni Este – l’ultimo dei quali è stato “OKR: simulazione pratica di implementazione in azienda della metodologia Objective & Key Results”, tenutosi il 23 febbraio – in cui Alessandro Raguseo, CEO dell’innovativa società di head hunting R-Everse, ha presentato e promosso i benefici che questo sistema di gestione può apportare in ogni divisione aziendale. Si tratta di un modello partecipativo, mutuato dalle tech company, che rimodula il processo di lavoro per superare il concetto di “raggiungimento dell’obiettivo” e di valutazione della performance personale fine a sé stessa, inserendola in un’ottica di condivisione dei compiti e dei goal aziendali, in modo da rendere tutti i dipendenti partecipi e artefici del successo della propria azienda, e contemporaneamente, padroni del proprio tempo.

I KPI sono come delle spie nel cruscotto di una macchina: se sono spente, segnalano che sta andando tutto bene e che l’auto sta funzionando, ma non impediscono che la macchina vada a sbattere contro un muro. Con gli OKR, specialmente con i key results, è possibile – una volta che si è intravisto un ostacolo – sterzare prima del crash“, afferma Alessandro Raguseo, CEO R-Everse.

Gli OKR salveranno gli smart workers. Come?

Questa metodologia di management per obiettivi si basa principalmente sull’identificazione di due livelli di obiettivi: gli objectives e i key results.

L’objective è una missione, un obiettivo molto alto e ambizioso, mentre i key results sono i risultati misurabili necessari per il raggiungimento dell’objective. Una volta definiti gli objectives e key results aziendali, andranno individuati gli OKR di ogni singolo collaboratore o dei team, da condividere poi con tutti i colleghi, a garanzia della massima trasparenza organizzativa. Considerando che gli objectives si misurano su una scala da 1 a 100, il raggiungimento del 70/80% si considera già un ottimo traguardo. Infatti, se si centrasse l’obiettivo al 100%, significherebbe che la missione non era abbastanza ambiziosa. I key results, invece, misurati con numeri reali, devono essere raggiunti pienamente e rappresentano la guida che nei mesi di lavoro rende chiaro se la strada percorsa è quella giusta e a che punto si trova ogni team o collaboratore.

Se gli obiettivi saranno ben chiari a tutti, sarà molto più semplice promuovere un clima di maggior collaborazione in azienda, favorendo una gestione autonoma del lavoro da parte del dipendente e facilitare un controllo costante e non invasivo da parte del management. Ogni key results raggiunto – anche quando si tratta di un obiettivo personale – sarà un successo per l’intera organizzazione, indipendentemente dal raggiungimento dell’obiettivo primario.

Sono proprio queste – collaborazione e autonomia – le due condizioni alla base di una gestione efficiente e trasparente dello smartworking che salvaguardi al tempo stesso performance aziendali e bilanciamento tra vita personale e professionale dei lavoratori.

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