di Mauro Faverzani |
Il comunicato congiunto rivolto a Parlamento, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri della Salute e del Lavoro, Regioni, Conferenza Unificata e Anci, risale agli inizi dello scorso mese di ottobre: con esso Uneba, l’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale, Anffas, AGeSPI, Anaste, Ansdipp e Aris lanciarono un forte grido d’allarme e mostrato le criticità gestionali e organizzative provocate nelle strutture residenziali a carattere sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale dall’emergenza Covid, quando il virus irruppe all’improvviso e inaspettato nella vita di tutti.
Per le Rsa ciò ha avuto un costo importante: “Durante la cosiddetta Fase 1 ci si è assolutamente dimenticati delle strutture residenziali”, denuncia il comunicato “lasciandole a gestire tutta l’emergenza in massima solitudine. Queste, in qualche modo, sono riuscite a resistere e a garantire, pur arrivando allo stremo delle proprie risorse umane e economiche, la sopravvivenza dei servizi e adeguati livelli di protezione”. Ma il peso era diventato eccessivo in termini di qualità e continuità dei servizi, per poterlo sopportare da soli. Con il rischio concreto di inevitabili ricadute su chi sia affetto da gravi disabilità e sugli anziani non autosufficienti. Per non parlare del mantenimento dei livelli occupazionali, altro aspetto problematico. Questo grido d’allarme è stato raccolto? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia, associazione che conta a livello nazionale più di 900 associati con oltre 45mila operatori impiegati.
Una situazione critica, ma in miglioramento
“Abbiamo avuto una prima apertura economica, che non ha risarcito in toto le mancate entrate, né i costi ulteriori”, spiega Degani.
“Tuttavia Regione Lombardia ha cominciato per lo meno a cercare una strada per garantire la liquidazione della totalità del budget già assegnato per Rsa, strutture per disabili, eccetera: questo è stato fatto attraverso un progetto di legge, che di fatto ha previsto un sistema tariffario maggiorato, in modo tale che per l’esercizio 2020 si riesca a ricevere il contributo sanitario stabilito”. Ciò non rappresenta un maggior costo per la Regione, però consente alle Rsa di mantenere come mancati incassi, ammesso che tutto vada per il verso giusto, ‘solo’ quei 120 milioni di euro da retta assistenziale per i posti lasciati vuoti in struttura. “Sì, poi c’è stato anche un aumento, benché molto limitato, del 2,5%, delle tariffe per tutte le unità di offerta socio-sanitarie, aumento che tuttavia consente di recuperare un sesto di quei 120 milioni, vale a dire circa 20 milioni di euro. La situazione economica è quindi ancora in crisi, ma, oggettivamente, meno di prima”.
Degani ci parla anche della tutela degli anziani e degli altri soggetti fragili all’interno delle strutture: “Questa è la parte per noi più importante. Ci sono stati, su nostra richiesta, due deliberati regionali, che hanno concesso sia agli operatori che agli ospiti delle strutture i tamponi antigenici con scadenza bisettimanale e ipotizzato per loro la preferenza nella distribuzione dei vaccini antinfluenzali. In realtà, se, per quanto riguarda i test antigenici, l’operazione di screening è partita subito in maniera abbastanza significativa, per quanto riguarda la distribuzione dei vaccini siamo invece ancora davvero molto indietro. Noi comunque abbiamo posto in essere una politica di ampia tutela”.
Gli ospiti con una sintomatologia grave vengono dunque immediatamente inviati al Pronto Soccorso. E per paucisintomatici e asintomatici? “Su questo credo che a breve inizierà un ragionamento condiviso con la Regione, che punta su una visione molto tutelante sulla carta, però forse poco praticabile, ossia l’idea di trovare migliaia di posti presso strutture sanitarie dedicate per ospiti positivi anziani asintomatici o paucisintomatici, lasciando quindi le Rsa tutte Covid-free. In realtà, attualmente si trovano ancora all’interno delle nostre strutture. Noi non siamo certamente contrari, quello che diciamo è però anche di prendere contezza del dato di realtà e di supportarci nell’immediato per avere anche una corretta gestione all’interno delle Rsa, garantendo i livelli necessari di isolamento, di presa in carico, di consulenza per l’igiene e la gestione farmacologica, così da garantire al massimo la tutela della popolazione anziana”.
Questa vicenda chiama in causa in modo significativo la storia importante di umanità, solidarietà e di valori, che da sempre contraddistingue Uneba. “Certo, in questo momento, se guardassi solo all’aspetto economico, vivrei piangendo e chiedendo aiuti al governo e alla Regione”, afferma l’avvocato Degani. “Alla luce invece della particolarità della nostra identità no-profit e, in parte, anche della nostra identità cristiana, il problema è garantire la tutela della fragilità. L’anziano ha diritto a una tutela rafforzata, per cui la distribuzione delle risorse dev’essere fatta rispetto al bisogno effettivo del destinatario”.
La formazione per una gestione sostenibile delle Rsa
Un impianto valoriale forte, come quello presente per tradizione in Uneba, è fondamentale per affrontare situazioni delicate come quelle conseguenti all’emergenza Coronavirus. A ciò è importante affiancare, però, anche una solida formazione e capacità imprenditoriali: “Formare manager del sociosanitario, dotarli di strumenti e competenze adatte a migliorare la gestione e ottimizzare l’organizzazione in termini di efficienza rappresenta un’ulteriore, possibile risposta allo stato di crisi. L’alternativa è vedere le Fondazioni e le Onlus in difficoltà economica prede delle mire di acquisizione dei grossi gruppi del sociosanitario, spesso stranieri”, spiega Germana Scaglioni, direttore di Arbra Formazione che, con un catalogo corsi tra i più completi e oltre cento docenti specializzati, si pone come agenzia leader nella formazione del settore.
Dello stesso avviso è anche Massimiliano Poletti, che in Arbra Formazione si occupa di corsi manageriali del settore sociosanitario. Poletti pone tra gli obietti- vi qualità dei servizi, miglioramento delle prestazioni, personale qualificato e continuità occupazionale: “È importante migliorare la redditività, ovvero il reddito conseguito relativamente alla sola gestione caratteristica”, spiega, “per quantificare l’entità delle risorse finanziarie create e disponibili e garantirsi di conseguenza continuità aziendale, fornendo un’assistenza sostenibile e personalizzata, attenta ai bisogni degli utenti, senza mai dover rinunciare ad un alto livello qualitativo del servizio”.
Particolare attenzione va posta poi al rispetto del budget direzionale: “Occorre sviluppare nelle figure operative un forte commitment e intervenire sulle variabili, tenendole sotto controllo, dando metodi di lavoro adatti a semplificare i processi e a ottimizzare il margine”. Poletti ci spiega anche gli ulteriori step del progetto: “Innanzitutto, l’assunzione del ruolo per area manager, direttori e collaboratori delle strutture; poi l’identificazione degli obiettivi di servizio ed economico/finanziari dell’organizzazione; quindi la comprensione del budget di spesa, con un’attenta analisi dei costi e dei ricavi, la definizione degli indicatori, l’identificazione dei target e degli scostamenti da ridurre tramite azioni standard, l’attuazione di piani d’azione per ruolo, il meeting plan per confrontarsi sui risultati e la capitalizzazione dei casi di successo”.
Al termine dei corsi, i partecipanti acquisiscono non solo nuove competenze in ambito gestionale: “Tutti hanno apprezzato il metodo utilizzato, che permette di esprimere idee e opinioni, imparando a confrontarsi con colleghi e collaboratori su aspetti gestionali mai approfonditi prima. Inoltre, hanno compreso fino in fondo l’impatto che le decisioni dei singoli hanno sul bilancio di tutta la struttura”.
Non poco, in tempi complessi, quali quelli che soprattutto oggi stiamo vivendo.