Cultura digitale e cambiamento per il Consulente del Lavoro

Il Consulente del Lavoro ha davanti a sé un mondo in evoluzione e, per comprenderlo al meglio, deve avviare un percorso di cambiamento che non può prescindere da una nuova cultura digitale

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competenze consulenti del lavoro

Specializzato, ma con un approccio multidisciplinare; empatico, ma razionale; con un background tecnico, ma anche umanistico e sociale: sono tante le caratteristiche che il Consulente del Lavoro dovrebbe inserire nel suo CV.  Ma uno solo è l’aspetto che non può trascurare: ha davanti a sé un mondo in evoluzione e, per comprenderlo al meglio, deve avviare un percorso di cambiamento.

È questa l’idea alla base del programma “Nuovi modelli di business e nuove leve competitive per gli studi professionali”, attivato dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Come spiega il Responsabile scientifico e Direttore dell’Osservatorio, Claudio Rorato: “Si tratta di un percorso pensato per supportare gli studi di Avvocati, Commercialisti, Consulenti del Lavoro e multidisciplinari nella gestione del cambiamento, un processo già in atto e che l’emergenza sanitaria ha accelerato”. Proprio l’ultima Ricerca dell’Osservatorio mostra come nel 2019 la spesa Ict dei professionisti sia cresciuta del 18% rispetto all’anno precedente e abbia raggiunto un valore di quasi 1 miliardo e mezzo di euro. Mentre nel 2019 l’incremento è stato trainato soprattutto dagli obblighi della fatturazione elettronica e del registro dei corrispettivi telematici, per il 2020 è stata la pandemia a dare una spinta alla diffusione della cultura digitale. “Il boom di investimenti in innovazione del 2019 ha aiutato molti studi a resistere e continuare a operare durante la crisi Covid-19, ma l’emergenza ne ha rivelato fragilità che le sole tecnologie non possono compensare”.

Formarsi in vista del cambiamento

Il cambiamento sul quale Rorato invita a riflettere, infatti, non riguarda solo la digitalizzazione, ma interessa i contenuti, i modelli organizzativi e di business e, più in generale, la visione del proprio ruolo di consulente, non più solo fornitore di un servizio ma partner nella creazione di valore per il cliente. “La gestione amministrativa del personale in senso stretto, semplificando, l’emissione del cedolino, è un servizio sempre più assimilabile a una commodity, rispetto al quale la leva competitiva è in sostanza il prezzo”, spiega Rorato.

Dove andare, allora, a recuperare competitività? “Intanto, le attività standardizzabili, proprio come l’emissione del cedolino, possono essere automatizzate ed essere più economiche. Inoltre, gli automatismi sono utili anche a migliorare la relazione con il cliente e la sua fidelizzazione: condividere con il cliente una tecnologia che diventa parte fondamentale anche del suo processo di lavoro rende il rapporto ancora più stretto”. Non è semplice per un professionista che per anni si è identificato in un determinato ruolo intraprendere nuovi percorsi, ma è possibile e, oggi, necessario. Il primo passo da compiere è capire che la professione può evolvere: “Dare allo Studio un’organizzazione più efficiente libera del tempo per occuparsi di servizi diversi dalla  mera  consulenza  amministrativa:  primo su tutti, il supporto nell’ambito HR inteso nel senso più ampio di sviluppo e selezione del personale, analisi delle competenze, percorsi di carriera, sistemi di incentivazione”.

Oltre allo Smart Working, ambito nel quale le imprese avranno sempre più bisogno di supporto, secondo Rorato potranno essere i dati a rappresentare per i Consulenti del Lavoro un tesoro da esplorare: saper analizzare e contestualizzare i dati riportati su una busta paga, infatti, significa elaborare informazioni preziose sulla base delle quali l’azienda può approfondire determinate situazioni e prendere decisioni in modo più consapevole. “I giorni di assenza dei lavoratori in un determinato reparto o ufficio, ad esempio, possono essere analizzati per conoscere la produttività di quel reparto o ufficio o, semplicemente, per indurre l’azienda a porsi delle domande su determinate situazioni e a elaborare strategie per migliorarle”.

Di una strategia ha bisogno anche il Consulente del Lavoro, perché il cambiamento che è chiamato a compiere non si può improvvisare. E tra le opzioni Rorato suggerisce anche quella di adottare modelli di collaborazione con altri studi, con i quali “allearsi” per presentarsi al mercato in modo più strutturato. Guardare all’esterno del proprio studio non significa però dimenticarsi di quanto avviene al suo interno: è necessario coinvolgere il personale, formarlo non nel senso di addestrarlo dal punto di vista tecnico ma potenziando anche le sue soft skill e, perché no, la sua stessa capacità di interpretare il cambiamento.

Ampliare gli orizzonti del Consulente del Lavoro

“Un personale motivato, in tempi di difficoltà e di cambiamento è un alleato. Un collaboratore refrattario, invece, nelle situazioni difficili rappresenta un problema in più”. Sono tutti elementi sui quali i consulenti sono già sensibilizzati: “Così come non esistono più aziende a compartimenti stagni, non è pensabile, in un mondo globalizzato, non aver bisogno di figure professionali diverse dalla propria. I mestieri ormai sono tutti interconnessi, soprattutto quando si tratta di professioni intellettuali”, dice Francesco Duraccio, vicepresidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. “Non a caso i Consulenti del Lavoro fanno parte di un comitato, il Comitato Unitario delle Professioni, che unisce la gran parte degli ordini professionali per collaborare e incidere in modo costruttivo in tutti quei contesti in cui si devono prendere decisioni importanti per il lavoro e lo sviluppo del Paese”.

E sulla capacità di relazione con i clienti, Duraccio conclude: “Soprattutto in questo periodo avere un buon rapporto con la clientela vuol dire avere flessibilità. E non solo perché si è disponibili, 7 giorni su 7, h24, ma anche per il modo in cui si sceglie di seguire le dinamiche aziendali. Il concetto ‘la tua azienda è la mia azienda’ e ‘il tuo interesse è anche il mio interesse’ è il viatico per entrare in empatia con il cliente e avere una collaborazione proficua, una partnership sana e non una posizione asservita alle esigenze dell’impresa”.

L’ESPERIENZA DI NEXUMSTP

“In NexumStp crediamo fortemente nella formazione”, dice Giovanni Degortes, che nella società romana di consulenza multidisciplinare ricopre il ruolo di responsabile della formazione. “Abbiamo una scuola interna, la Nexum Academy, nella quale competenze e tecnologia si fondono perfettamente e consentono ad ogni componente del gruppo di crescere, migliorare le skill di base e svilupparne di nuove”. L’esperienza di NexumStp dimostra come per il consulente del lavoro sia oggi fondamentale intercettare le esigenze delle Pmi, possibilmente anticipandole. Quali siano queste esigenze è ancora Degortes a dirlo: “Non si tratta di bisogni incentrati solo sugli adempimenti amministrativi obbligatori (payroll e attività connesse), ma di esigenze sempre più relazionali, di gestione del capitale umano: dalla indispensabile analisi del contesto, si passa per la ricerca e selezione del personale sino alla formazione continua”.

La capacità di intercettare questi bisogni richiede al consulente stesso un aggiornamento continuo: “La società, l’economia e la tecnologia hanno raggiunto una velocità e una rapidità di rinnovamento che non consentono né alle imprese né tantomeno ai professionisti di operare nella modalità tradizionale: sarebbe come utilizzare uno smartphone senza mai aggiornare il software. Ecco perché le competenze indispensabili dovranno essere costantemente aggiornate e allineate ai nuovi bisogni del mercato e perché sarà fondamentale fondere il binomio competenze e  tecnologia. La pandemia ha catapultato anche i professionisti almeno 10 anni in avanti: ci troviamo tutti a giocare una nuova partita in un terreno di gara che non conoscevamo, con nuove regole e nuovi scenari che forse, in parte, solo alcuni avevano immaginato”.

Per vincere la partita, allora, quali sono le caratteristiche da allenare meglio?

“Una su tutte è la resilienza, quella capacità di saper gestire la pressione e saper ‘organizzare il sapere’. Oggi, grazie alla tecnologia, la conoscenza è a disposizione, gratuitamente, di tutti, quasi in ogni parte del mondo, ma pochi sono in grado di saper organizzare le informazioni e inserirle in un sistema semplice ed efficace. E sarà proprio la capacità di semplificare le attività complesse una chiave importante per avere successo”.

Giovanni Degortes


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