Non ci sono più i Consulenti del Lavoro di una volta. Non è un’affermazione nostalgica, ma la constatazione che la professione sta cambiando e, considerato lo scenario attuale del mondo del lavoro, letteralmente travolto dalla pandemia, il processo di trasformazione è destinato ad accelerare.
Chi vuole intraprendere la carriera di Consulente del Lavoro deve avere ben chiaro che, una volta terminato il percorso di studi e raggiunta l’abilitazione alla professione, gli esami non sono finiti: formazione e aggiornamento sono elementi imprescindibili anche per un professionista di consolidata esperienza, perché nel rapporto con la clientela saranno sempre di più gli ambiti da conoscere per poter offrire servizi di valore.
Come dice Francesco Duraccio, Vicepresidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro: “La nostra è forse una delle categorie più al passo con i tempi in Italia. E questo non solo per competenze, ma anche per approccio alla professione e per organizzazione dell’Ordine”. Stiamo parlando, in effetti, di professionisti impegnati ad assistere aziende, imprenditori e lavoratori nei più svariati ambiti e in questioni legate a progettazione e pianificazione del lavoro.
Negli oltre quarant’anni trascorsi dall’istituzione dell’Ordine (Legge 12 del 1979), la figura del Consulente è, in effetti, cambiata: “Si è passati dall’essere esperti in materia giuslavorista, a curare la gestione economica e fiscale delle imprese, a essere curatori fallimentari, come previsto dal nuovo codice sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza, a gestire le risorse umane, a essere soggetti abilitati all’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e attuatori di misure di politica attiva del lavoro, riuscendo a offrire a imprese e lavoratori una consulenza sempre più strategica e personalizzata”.
Potrebbe interessarti anche: