Come si è trasformato il Recruiting?

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Recruiting

Il recruiting rappresenta oggi una delle maggiori sfide per le risorse umane. Non molto tempo fa, si parlava di guerra per la caccia ai talenti e il loro reperimento era considerato tra i compiti più difficili dell’attività manageriale. Allora, per assumere i migliori candidati per posizioni qualificate, i recruiter puntavano più all’esperienza che alle competenze. Oggi, invece, si assiste a una guerra tra candidati per aggiudicarsi il lavoro: sale il tasso di disoccupazione e calano le posizioni disponibili. 

Per molti ruoli è ancora difficile trovare la persona giusta e reperire i talenti rappresenta tuttora una difficoltà.

Con la pandemia, inoltre, molti hanno sperimentato nuovi modi di lavorare. Quel che è certo, è che non ci sarà un ritorno alla ‘normalità’, ma si dovrà individuare una nuova via che si adatti alle esigenze di aziende e dipendenti. Se, da un lato, la pandemia ha evidenziato molti punti deboli nel recruiting, dall’altro ha messo le aziende di fronte alla loro impreparazione, offrendo al contempo l’opportunità di risolvere i problemi prima che si complichino. Per farlo, è necessario abbandonare il pensiero tradizionale e accogliere ogni singola occasione di cambiamento che si presenti.

Recruiting e cambiamento: i consigli di Cornerstone

1. Comunicare storie di successo

Nessuna azienda può nascondersi e la pandemia ha svelato la vera natura di molte. Non sempre si riesce a gestire bene la pressione durante una crisi e alcune aziende deludono i dipendenti con una cattiva comunicazione o con l’incapacità di aiutarli.

Proprio come le recensioni negative di prodotti e servizi influenzano le scelte di acquisto, le cattive esperienze di dipendenti e candidati possono condizionare le future assunzioni. Siti come Glassdoor, ad esempio, offrono ai candidati insight su un’azienda, con ripercussioni che possono essere positive o negative. In alcuni casi, questo può compromettere non solo la strategia di assunzione, ma anche la reputazione dell’azienda.

L’esperienza del candidato inizia ancora prima del momento della candidatura e in tutto il processo la parola chiave è comunicazione. Individuare autentiche storie di successo nella propria azienda e metterle al centro della strategia di recruiting, non solo aiuta i candidati a capire cosa davvero significa lavorare in quella azienda, ma ne racconta in modo più profondo la storia.

  1. Concentrarsi sulle giuste competenze

Per stare al passo con i cambiamenti e raggiungere gli obiettivi di business, le aziende devono adattare le competenze del personale. Secondo i dati del Cornerstone People Research Lab, lo scorso anno l’83% dei leader ha indicato come priorità lo sviluppo delle competenze, rispetto al 63% registrato negli ultimi cinque anni. Proprio per questo, nel recruiting si è passati dall’assumere in base all’esperienza all’assumere in base alle skill. Ma i recruiter devono avere un’idea chiara su quali competenze vanno acquisite, prese in prestito o sviluppate, vale a dire se è il caso di assumere, fare outsourcing o se vi è la possibilità di fare upskilling e reskilling.

L’approccio dei recruiter dovrebbe concentrarsi sulle competenze e unire la strategia di formazione con quella di recruiting. Si tratta di essere chiari su cosa si cerca nel candidato. Se il candidato ha solo il 60% delle competenze richieste ma è disposto a crescere e si adatta bene alla cultura aziendale, può essere l’azienda a fornirgli il restante 40%, una volta assunto. Pensando alla selezione con questa mentalità aperta e convincendosi che il candidato perfetto potrebbe non esistere, i recruiter avranno maggiori possibilità di trovare il candidato che cercano.

Lo stesso vale per il recruiting interno. Offrire ai dipendenti opportunità di crescita consente all’azienda di rafforzarsi. Il candidato migliore potrebbe già lavorare in azienda, ma se non gli si offrono le giuste chance di crescita, c’è il rischio che se ne vada.

  1. Formazione: benefici moltiplicati da una crescita continua

I recruiter parlano spesso dell’importanza della formazione, ma dovrebbero anche metterla in pratica. I candidati cercano soprattutto datori di lavoro che si dimostrino sensibili a valori come la parità di genere, etnia ed età, la sostenibilità, il benessere. Il team di acquisizione dei talenti è il volto di un’organizzazione e deve essere in grado di parlare di questi temi per conto dell’azienda, senza trascurare la responsabilità individuale nell’affrontarli. I responsabili delle assunzioni e i recruiter devono adottare pratiche attente alla diversità, migliorare le tecniche dei colloqui e collaborare con le persone giuste. Si può imparare e potenziare tutto ciò con la giusta strategia di formazione.

  1. Il ruolo della tecnologia

L’acquisizione dei talenti spesso rimane indietro rispetto alle novità tecnologiche e, secondo le stime, soltanto il 6% delle attività di recruiting si avvale dei processi e delle tecnologie migliori. Tuttavia, la pandemia ha costretto a digitalizzare le attività di recruiting e per l’acquisizione dei talenti non c’è momento migliore per adottare nuove tecnologie e potenziare le strategie.

È fondamentale sapere dove automatizzare e quando aggiungere un tocco umano durante il percorso del candidato. Per sfruttare al meglio la tecnologia, i recruiter devono usarla in modo intelligente. Henkel, ad esempio, ha lanciato di recente un servizio di recruiting rapido che consente ai candidati di scaricare direttamente i dati dal proprio profilo LinkedIn senza dover creare un account. Questo semplifica moltissimo il processo di candidatura nelle fasi iniziali. Se prima i candidati impiegavano non meno di 30 minuti per compilare il form di candidatura, ora la procedura richiede appena 60 secondi. Dal lancio del nuovo portale di recruiting, Henkel ha già registrato un incremento di candidature del 40%.

Al di là del processo di candidatura, si può sfruttare la tecnologia anche per supportare le assunzioni future. Cornerstone Skills Graph, un motore di ricerca delle competenze basato sull’intelligenza artificiale, è in grado di mappare le competenze di un’azienda e fornire un quadro completo del personale a livello professionale e personale. La tassonomia di skill usata in Cornerstone Skills Graph è aperta e dinamica, integra le nuove competenze che si affacciano sul mercato e ne evidenzia le tendenze, un dato importante nel processo di recruiting. In questo modo, i recruiter possono lavorare con le risorse umane per individuare lo skill gap e prendere decisioni più informate in termini di assunzioni.

Con la pandemia, i nostri processi e modo di pensare sono cambiati radicalmente, non possiamo più contare su ciò che sapevamo prima. È tempo di dare spazio a nuove idee, alla curiosità, alla formazione”, conclude Fabio Todaro, Senior Regional Sales Director per l’Italia. “Il recruiting oggi è una scienza e un’arte allo stesso tempo: è necessario trovare gli strumenti appropriati per adottare la strategia giusta, ma anche essere più creativi e lasciare che la curiosità ci porti in luoghi inesplorati”.

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