Situazione sempre più critica per l’occupazione

A rischio oltre il 10% dei posti di lavoro nelle Pmi e anche il lavoro autonomo subirà una contrazione importante. Lo conferma l’ultimo rapporto di monitoraggio della crisi da Covid-19 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Solo nel 2022 si potrà uscire dalle difficoltà.

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di Laura Reggiani |

Migliora la fiducia sul futuro della ripresa economica, ma per l’occupazione lo scenario resta critico. Con lo sblocco dei licenziamenti, si rischia infatti di vedere sfumare più del 10% dei posti di lavoro delle piccole e medie imprese da inizio 2020.

Va peggio, però, nel lavoro autonomo, dove l’urto della crisi sembra aver inciso fino ad oggi in maniera più marcata. In termini di occupazione, il comparto potrebbe infatti arrivare a perdere fino al 14% per effetto della pandemia. È quanto emerge dal Secondo Rapporto di monitoraggio sulla crisi da Covid-19 elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro a partire dalle risposte di una base di oltre 3mila iscritti all’Ordine, che dall’inizio dell’emergenza stanno assistendo imprese e lavoratori nelle loro attività, a partire dal supporto nell’accesso agli strumenti di sostegno al reddito.

La riduzione degli organici: l’occupazione soffre nel terziario

Il monitoraggio, condotto nella prima metà di dicembre, a distanza di due mesi dalla precedente rilevazione, evidenzia per le Pmi che le imprese ritorneranno ai livelli di fatturato pre-crisi entro il 2022 (69,2% degli intervistati) e che gli organici potrebbero ridursi mediamente dell’11,7%. Il grosso delle perdite in quanto a occupazione si registrerà nel settore degli alloggi e della ristorazione, che secondo la metà degli intervistati (49,3%) subirà una riduzione degli organici aziendali superiore al 15%, seguito, a distanza, dal commercio, con organici previsti in fortissima (più del 15%) e forte (tra 10% e 15%) riduzione, rispettivamente dal 25,9% e 29,2% degli intervistati, e infine i servizi ricreativi, culturali e sportivi, per cui le previsioni oscillano tra la fortissima (27,7%) e forte (25,4%) contrazione.

Il peggioramento del lavoro autonomo

Un capitolo a parte merita lo scenario di peggioramento delle previsioni sul lavoro autonomo. Un universo, composto da imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti e partite Iva, che in questi mesi ha pagato un prezzo pesante per effetto della crisi, ma che rischia in prospettiva di vedere assottigliarsi ancora di più le proprie fila: rispetto a inizio anno, si stima che la riduzione media delle attività “in proprio” prodotta dalla pandemia sarà del 14,6%. Con il nuovo anno e l’orizzonte di un ritorno graduale alla normalità, grazie alle prospettive aperte dai vaccini, le aziende avranno come principale obiettivo il recupero e l’innalzamento dei livelli di produttività, e la ricostruzione di un clima di lavoro sereno all’interno delle strutture. Così la pensa più della metà degli interpellati, che individua come prioritari i due obiettivi, ma anche la riorganizzazione interna dei processi lavorativi rivestirà un ruolo importante nell’orientare le strategie aziendali sulle risorse umane (51,9%).

La gestione delle risorse umane

“Accanto a questi problemi e alle previsioni strutturali, ci sono poi da considerare le difficoltà di gestione delle risorse umane causate dalla pandemia e dal ricorso agli strumenti di integrazione salariale”, commenta il Presidente, Rosario De Luca.

“Le criticità legate all’eccezionalità della fase economica e sanitaria, derivanti dal clima di incertezza, dalla difficoltà di programmazione, dalla gestione del lavoro a distanza, dallo stress dei lavoratori, finiscono per affossare le organizzazioni e, assieme ad esse, il clima e la qualità di lavoro”, ha aggiunto. E, infatti, secondo il 46,8% dei colleghi il maggiore affanno è quello legato alla gestione del personale, accanto agli adempimenti per la Cig, naturalmente, indicati da ben il 48,3% di loro, mentre il 7% dei dipendenti è in attesa da oltre due mesi del pagamento della cassa. Con effetti sulla stessa produttività aziendale, indicata al terzo posto (42,7%) quale principale problema che le aziende stanno affrontando in questa fase, con riferimento alla gestione delle risorse umane.

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Previsioni di contrazione degli organici aziendali con lo sblocco dei licenziamenti, rispetto a inizio 2020 (per settore in %, fonte Fondazione Studi Consulenti del Lavoro)

IMPRESE IN CERCA DI UN CLIMA LAVORATIVO SERENO E DI MAGGIORE PRODUTTIVITÀ

Assieme alla gestione della Cassa integrazione, è l’affanno organizzativo, venutosi a creare nelle aziende, il principale problema oggi legato alle risorse umane (indica tali items rispettivamente il 48,3% e 46,8% dei rispondenti).

Le criticità legate all’eccezionalità della fase economica e sanitaria, derivanti dal clima di incertezza, dalla difficoltà di programmazione, dalla gestione del lavoro a distanza, dallo stress dei lavoratori, finiscono per zavorrare le organizzazioni e, con esse, il clima e la qualità di lavoro.

Con effetti sulla stessa produttività aziendale, indicata al terzo posto (42,7%) quale principale problema che le imprese stanno affrontando in questa fase. Per il 2021, le priorità delle aziende saranno il recupero e l’innalzamento dei livelli di produttività e la ricostruzione di un clima di lavoro sereno all’interno delle strutture.

Anche la riorganizzazione interna dei processi lavorativi, sollecitata dalle molteplici innovazioni introdotte nell’anno della pandemia, e funzionale alla crescita della produttività, rivestirà un ruolo impor- tante nell’orientare le strategie aziendali sulle risorse umane, assieme all’acquisizione di nuovi profili di competenze e l’introduzione o rafforzamento di una logica di lavoro per obiettivi e risultati.

Da segnalare, tra le misure per far ripartire il lavoro, l’esonero contributivo, considerato molto utile dal 60% degli intervistati, mentre permangono forti perplessità rispetto agli altri strumenti messi in campo, dal Fondo Nuove Competenze alle decontribuzioni per le assunzioni nel Mezzogiorno.

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Obiettivi prioritari nelle strategie sulle risorse umane per il 2021 (valori in %, fonte Fondazione Studi Consulenti del Lavoro)

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