Impresa e lavoro: il cambiamento è continuo

“Contratti 4.0. Innovare le imprese, tutelare il lavoro” è il titolo dell’incontro, organizzato da Cifa e Confsal, che ha affrontato, in tutta la loro complessità, i cambiamenti che stanno interessando lavoro e lavoratori.

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a cura di Virna Bottarelli |

Moderato da Giorgio Pogliotti, giornalista de Il Sole 24Ore, si è tenuto il 15 aprile il convegno “Contratti 4.0. Innovare le imprese, tutelare il lavoro”, organizzato da Cifa e Confsal, firmatarie lo scorso primo marzo dell’accordo interconfederale nazionale per la regolamentazione del lavoro agile. 

Proprio il Lavoro Agile e, più in generale, le nuove forme di lavoro, hanno fatto da spunto all’intervento, in apertura, di Tiziano Treu, presidente di Cnel: “Imprese e lavoro stanno cambiando profondamente e di pari passo deve cambiare il modo di tutelare il lavoro, incluso quello autonomo, le cui fragilità sono state messe in luce dalla pandemia. Questa evoluzione che interessa l’impresa nell’era della digitalizzazione è oggetto di riflessione anche in Europa, dove è stato stipulato un Accordo Quadro sul tema e il dibattito è molto vivace”. Treu ha evidenziato la necessità, se si vogliono garantire occupazione e qualità del lavoro nell’impresa digitalizzata, di governare le modifiche dell’organizzazione dell’impresa.

Ciò implica un cambio di passo anche nella contrattazione: se macchine e algoritmi entrano in campo nella gestione del lavoro, allora servirà in primo luogo contrattare le regole stesse che governano macchine e algoritmi. Se le piattaforme informatiche che governano il lavoro delle persone non sono trasparenti, se le parti non ne conoscono il funzionamento, allora la stessa contrattazione rischia di non avere senso. Ecco perché secondo Treu in questo ambito “dovrebbe esserci un controllo forte delle parti”.

Un altro aspetto da governare riguarda le transizioni continue tra le competenze dei lavoratori. “Siamo abituati a considerare le competenze quando i lavoratori non sono più occupati, mentre è ora necessario che anche i milioni di lavoratori attivi nelle imprese siano attrezzati per reggere la transizione: solo così, attraverso formazione e mobilità ragionata, si evita che la tecnologia finisca per estrometterli”, ha detto il presidente del Cnel. Sulla formazione ha ricordato anche come secondo la stessa Unione Europea la maggior parte dei lavoratori debba essere destinataria di progetti di formazione. Quella auspicata dall’UE è, tra l’altro, una formazione mirata, accertata e certificata, tre requisiti che, secondo Treu, nel nostro Paese non sono ancora totalmente soddisfatti.

Cesare Damiano, che dirige il comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sul lavoro di Cifa-Confsal, ha insistito sulla necessità di una contrattazione di qualità, della lotta al dumping sociale e normativo, principi ai quali si ispirano le stesse organizzazioni promotrici dell’Osservatorio. “La pandemia sta generando incertezze anche sul futuro del lavoro. Saremo in grado di individuare un nuovo modello di società?”, ha detto Damiano, evidenziando come, in un’economia che a livello globale sta cercando un nuovo orizzonte, nel nostro Paese abbiamo l’esigenza di riformare la previdenza, tenendo conto di una flessibilità strutturale correlata alla gravosità e ai rischi di determinate professioni, e di dare continuità alle tutele, anche in uno scenario lavorativo discontinuo. Anche Damiano ha ripreso il tema della formazione, indicandola come la migliore tutela che si possa dare al lavoro, perché rappresenta una garanzia di continuità del lavoro stesso in uno scenario di cambiamento dei modelli di riferimento.

L’impegno di Cifa e Confsal

Cambiamento è un termine caro anche ad Andrea Cafà, presidente di Cifa e Fonarcom. “Già nel 2017 con Confsal abbiamo avviato un processo di modernizzazione delle relazioni industriali, che è sfociato nell’Accordo Interconfederale dell’ottobre 2019, con il quale abbiamo inaugurato la cosiddetta terza via della contrattazione, basata sul principio della centralità della persona e della sua maggiore partecipazione alla vita aziendale”, ha detto. “Crediamo non sia più il tempo dei conflitti tra lavoratore e datore di lavoro e che sia necessario definire insieme gli obiettivi: bisogna collaborare e fare formazione, sia sul lato del lavoro sia sul lato datoriale, e avere un welfare aziendale che premi il lavoratore laddove l’impresa produce degli utili”.

Il cambiamento che invece secondo Cafà non è ancora avvenuto è quello di tipo culturale, che dovrebbe accompagnare l’adozione del Lavoro Agile: l’ampia e inaspettata diffusione dello Smart Working, imposta dalle misure di contenimento della pandemia, ha suscitato preoccupazioni e insofferenze verso una modalità di lavoro che, per essere apprezzata e valorizzata, richiede un nuovo approccio da parte di imprese e lavoratori. A delinearlo hanno provato proprio Cifa e Confsal con l’Accordo Interconfederale sul Lavoro Agile firmato lo scorso febbraio. “L’Accordo disegna una nuova figura di lavoratore, più autonomo e responsabile nella gestione del tempo e del lavoro stesso, che concorda gli obiettivi con il datore di lavoro”, ha commentato Cafà. Nel dettaglio del documento è entrata poi Lucia Massa, vicesegretaria generale di Confsal: “L’accordo interconfederale interpreta le grandi trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e fornisce, attraverso l’interpretazione dei principi e delle norme vigenti, un nuovo modello di lavoro subordinato e una nuova figura di lavoratore”.

Massa ha evidenziato come l’Accordo consideri il lavoratore partecipe e parte integrante delle scelte aziendali e stabilisca valori come l’autonomia, la fiducia, la collaborazione attiva e la responsabilizzazione, finalizzati a una conciliazione del tempo di vita e lavoro e, quindi, propedeutici a migliorare la produttività. “Abbiamo previsto anche il diritto alla disconnessione dalle tecnologie che consentono la rintracciabilità nelle ore di permesso, ferie e malattia e la possibilità di prestare l’attività lavorativa in un’ampia fascia temporale diurna”. Altri punti dell’Accordo riguardano i premi di risultato, l’individuazione di determinate categorie di lavoratori ai quali deve essere riservata prioritariamente la possibilità del lavoro agile (tra queste: donne, donne in gravidanza, genitori di figli disabili, lavoratori fragili), la formazione, l’importanza delle relazioni umane anche nel lavoro da remoto, la salute e la sicurezza, la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali.

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