La battuta d’arresto del 2020

La pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, ha acuito le disuguaglianze nell’istruzione dei giovani. Brusco stop anche per la formazione continua, come rivela l’ultimo rapporto Istat.

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di Daniela Garbillo |

L’istruzione, la formazione e il livello di competenze influenzano il benessere delle persone e aprono percorsi e opportunità altrimenti preclusi. L’attenzione verso il potenziamento e l’aggiornamento delle competenze è uno dei punti principali per l’attuazione delle politiche europee del Green Deal e il Fondo Next Generation ha, tra i suoi contenuti, anche le agende per l’istruzione e le competenze.

L’Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata. Il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive. Il ritardo rispetto alla media europea e il divario territoriale, infatti, si riscontrano in tutti gli indicatori che riguardano istruzione, formazione continua e livelli di competenze. La pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze. Sono questi alcuni aspetti sull’istruzione e la formazione che emergono dall’indagine di misurazione del “Benessere equo e sostenibile” realizzata da Istat.

Italia indietro rispetto all’Europa…

Nonostante i costanti progressi nell’istruzione, l’Italia è ancora lontana dall’Europa. Per monitorare i gradini successivi della scala per il raggiungimento di un livello di istruzione adeguato, i due indicatori principali sono la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore e la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario o altro titolo terziario. Sebbene questi due indicatori siano costantemente in crescita, appare evidente come l’Italia non riesca a recuperare la differenza rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione europea.

Nel secondo trimestre 2020, in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore rispetto a una media europea del 79%, 16 punti percentuali in meno. La quota di giovani di 30-34 anni che ha conseguito un titolo universitario o terziario è del 27,9%, rispetto al 42,1% della media europea.

…e le donne fanno (quasi sempre) meglio

Le donne hanno risultati migliori degli uomini per molti indicatori di istruzione e formazione: il divario nella quota di persone di 25-64 anni che sono in possesso di almeno un diploma superiore, nel secondo trimestre 2020, è di 4,7 punti percentuali a favore delle donne (64,9% tra le donne e 60,2% tra gli uomini). Per i titoli di studio terziari il divario è ancora più ampio: il 21,7% degli uomini di 30-34 anni possiede un titolo di studio terziario contro il 34,3% delle donne. Rimane ampia la differenza nella scelta del corso di laurea da seguire: su 100 donne laureate, solo 16 ottengono un titolo terziario nelle competenze tecnico-scientifiche Stem, pari a circa 38mila donne, mentre su 100 uomini laureati quelli che lo sono in tale ambito raggiungono quota 35, pari a circa 59 mila uomini. Nonostante tra le donne ci siano più laureate, il divario con gli altri Paesi europei è però ancora significativo: nella media dei Paesi dell’Unione europea il 47,1% di donne di 30-34 anni sono laureate, 13 punti percentuali in più.

La battuta d’arresto della formazione continua

L’Agenda per le competenze indica, tra le altre cose, come l’apprendimento permanente debba diventare una realtà in Europa. Tutti i cittadini devono avere accesso a programmi di apprendimento interessanti, innovativi e inclusivi, anche perché le competenze diventano obsolete molto rapidamente. In Italia, il ricorso alla formazione continua, nelle 4 settimane precedenti l’intervista nel quadro dell’indagine sulle Forze di lavoro riferita al secondo trimestre 2019, ha raggiunto solo l’8,9% tra la popolazione di 25-64 anni, a fronte di una media europea dell’11,4%.

Nel 2020 la possibilità di partecipare ad attività di apprendimento è stata, anch’essa come la scuola, bruscamente interrotta, soprattutto nei mesi di marzo, aprile e maggio, o parzialmente riconvertita in altre modalità di fornitura. La partecipazione media per l’Italia è scesa al 7,2% degli individui; particolarmente evidente il calo per il Nord, dove la percentuale di coloro che hanno fatto formazione è scesa dal 10,5% del secondo trimestre 2019 al 7,9% dello stesso periodo nel 2020, e per il Centro (dal 9,6% all’8,2%).

Anche in altri Paesi europei, che hanno imposto chiusure e limitazioni agli spostamenti e alle attività, la quota di coloro che hanno partecipato ad attività di formazione ha subito cali notevoli: è il caso della Danimarca (dal 25,8% nel secondo trimestre 2019 al 14,6% nel secondo trimestre 2020), della Francia (dal 20,7% al 7,8%), della Svezia (dal 35% al 26,5%), dell’Estonia (dal 21,7% al 12,9%), della Slovenia (dal 12,4% al 5,6%) e dell’Austria (dal 16% al 9,5%).

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