di Tiziano Menduto* |
Durante l’emergenza Covid-19 una delle misure più importanti messe in atto nei luoghi di lavoro, oltre al distanziamento interpersonale e all’uso di dispositivi di protezione delle vie aeree, è stata la sanificazione.
E, infatti, i “Protocolli condivisi” tra Governo e Parti sociali, che hanno fornito in questi mesi di pandemia le regole per il contrasto e contenimento del nuovo coronavirus nei luoghi di lavoro, sottolineano che “l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago” e che “occorre garantire la pulizia, a fine turno, e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch e mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici che nei reparti produttivi, anche con riferimento alle attrezzature di lavoro di uso promiscuo”.
Senza dimenticare che possono essere previsti interventi particolari/periodici di pulizia ed eventuali attività di “sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni”.
L’evoluzione della sanificazione
Per comprendere cosa sia una sanificazione e, specialmente, come l’attività di sanificazione sia cambiata nel tempo in relazione alle nuove conoscenze sul rischio biologico rappresentato dal virus Sars-CoV-2, si può fare riferimento ai vari Rapporti in materia Covid-19 prodotti dal 2020 ad oggi dall’Istituto Superiore di Sanità. E capire l’evoluzione delle indicazioni sul contagio e sulle modalità più efficaci di disinfezione/sanificazione può essere interessante anche per meglio rapportarsi in futuro a eventuali futuri rischi biologici esogeni nei luoghi di lavoro.
Il Rapporto 12/2021 “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza Covid-19: ambienti/superfici. Aggiornamento del Rapporto ISS Covid-19 n. 25/2020”, nella versione del 20 maggio 2021, segnala che per avere una definizione di “sanificazione” si può fare riferimento al Decreto n. 274 del 7 luglio 1997. Le attività di sanificazione “riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.
Riguardo alla trasmissione del virus Sars-CoV-2 il Rapporto sottolinea poi che oltre alla “trasmissione indiretta da contatto con le superfici” (con riferimento ai “fomiti”, cioè ai vari oggetti inanimati, vettori passivi che esposti a microrganismi patogeni possono poi trasferire una malattia infettiva a un nuovo ospite) e a quella “diretta attraverso le goccioline grandi (droplet, diametro superiore a circa 100 μm) soggette dalla gravità unicamente a traiettorie balistiche”, c’è evidenza scientifica di “trasmissione attraverso l’aerosol (goccioline di diametro variabile da frazioni di micrometri a circa 100 μm) che, anche a causa della evaporazione in ambiente, riescono a galleggiare in aria un tempo sufficiente per essere inalate anche a distanza dalla fonte (soggetto) che le ha emesse”.
Il rischio di contagio
In particolare, in parziale aggiornamento di quanto indicato nei precedenti Rapporti sul tema della sanificazione, si indica che il rischio di contagio attraverso i droplet o attraverso la via aerea prevale rispetto a quello mediante contatto con le superfici o oggetti contaminati. Il rischio di trasmissione mediante fomiti dipende da molteplici fattori, quali:
- tasso di prevalenza dell’infezione;
- quantità di virus espulso da soggetti infetti (che può essere ridotto dall’uso della mascherina);
- ventilazione degli ambienti e deposizione delle particelle;
- interazione con fattori ambientali che possono danneggiare il virus depositandosi sui fomiti (come ad esempio elevata temperatura ed evaporazione);
- intervallo temporale tra la contaminazione del fomite e il contatto con lo stesso;
- efficienza di trasferimento del virus dal fomite alle mani e da queste alle mucose;
- dose virale necessaria a causare l’infezione attraverso le mucose.
Dunque, la probabilità che tali fattori si combinino tra loro “per dar luogo a una efficiente trasmissione del Sars-CoV-2 è alquanto bassa”.
Inoltre – continua il Rapporto – da studi condotti per valutare il rischio di trasmissione del Sars-CoV-2 attraverso fomiti, “risulta che il contagio è generalmente inferiore a 1 su 10.000 (cioè un singolo contatto con la superficie contaminata ha una probabilità inferiore a 1 su 10.000 di causare un’infezione)”. In definitiva, il Rapporto indica che, in relazione alla sanificazione delle superfici e dell’aria:
- “le attuali evidenze scientifiche suggeriscono che la trasmissione attraverso le superfici contaminate non contribuisce in maniera prevalente alle nuove infezioni”;
- “la modalità di trasmissione è ad oggi più focalizzata sulla via aerea piuttosto che attraverso il contatto con le superfici; pertanto maggiore attenzione è richiesta sugli aspetti riguardanti la sanificazione dell’aria e dell’ambiente, in associazione con le misure raccomandate dalle disposizioni vigenti in relazione alla situazione pandemica”.
I sistemi di sanificazione disponibili
Concludiamo segnalando che il Rapporto si sofferma anche su alcuni dei sistemi di sanificazione oggi disponibili (ozono, radiazione UV-C, perossido d’idrogeno, cloro attivo, purificatori a filtri, ionizzatori per generazione di radicali liberi, vapore, solo per citarne alcuni) che, se utilizzati, dovranno sempre rispondere ai requisiti in materia di progettazione e costruzione e alle misure di sicurezza e di tutela della salute.
* Articolo realizzato in collaborazione con PuntoSicuro, dal 1999 il primo quotidiano on-line sulla sicurezza (www.puntosicuro.it)