Sta diventando sempre più centrale per le aziende di ogni dimensione prendersi cura del benessere psicologico (e non solo) dei propri dipendenti, alle prese con tempi difficili. In tempo di bilanci, infatti, l’anno della “Great Resignation” non poteva che confermarsi come un periodo pesante per i lavoratori.
È quanto emerge dall’indagine di fine anno realizzata da Indeed – portale numero 1 al mondo per chi cerca e offre lavoro – che ha coinvolto più di 1.000 lavoratori e 250 responsabili del recruitment in Italia.
A domanda diretta per indagare il grado di soddisfazione rispetto al proprio lavoro, il 47% degli interpellati ha dichiarato di aver in qualche modo esaurito le energie. Tra questi, il 17% è fortemente convinto di trovarsi in una situazione di burn out. Le donne sono complessivamente più provate degli uomini (51% vs. 41%), con una percentuale pari al 20% che si sente fortemente in burn out. Una situazione di insoddisfazione che si riflette in un incremento del turn over che, nel corso del 2021, è aumentato secondo il 33% dei recruiter. In particolare, per le aziende che impiegano più di 500 persone (45%).
Come combattere il burn out
Marina Fantini – Senior Manager di Indeed in Italia commenta “Gli ultimi due anni sono stati sfidanti per molti di noi – sia da un punto di vista personale, sia da quello professionale – e mantenere l’equilibrio non è stato semplice. Dalla difficoltà, tuttavia, è nata una nuova attenzione al benessere psicologico delle persone. Trovare e trattenere i talenti non è più solo questione di salario o di percorso di carriera. Sono sempre di più i datori di lavoro consapevoli dell’importanza della flessibilità, di lasciare che le persone abbiano tempi e spazi per ricaricare le energie e prendersi cura di sé. Diverse società hanno introdotto servizi di supporto psicologico; altri offrono corsi di mindfulness o hanno organizzato workshop, attività dedicate o semplicemente momenti di pausa che possano aiutare a fronteggiare la difficoltà”.
L’indagine rivela anche come il lavoro continui a rivestire un ruolo fondamentale per gli italiani. Ancora in tempi di incertezza e motivo di realizzazione personale (60%), per uomini e donne in egual misura. Buoni i rapporti con i colleghi (72%) e anche con i datori di lavoro. 1 italiano su 2 si sente supportato dal proprio datore di lavoro, in special modo i più giovani. Le percentuali di lavoratori che riconoscono nel lavoro una forma di sostegno salgono fino al 58% nella fascia fino ai 34 anni.
Marina Fantini continua “La pandemia ha contribuito a ridefinire le priorità e le aspettative nei confronti del lavoro. I buoni leader hanno capito che per continuare a vedere prosperare le proprie aziende dovranno lavorare a tutto tondo con le persone. Ciò significa progettare o adattare le proprie policy affinché migliorino la vita dei dipendenti al di là del lavoro. Oggi, garantire il benessere delle persone, aiutarle a trovare la motivazione nelle mansioni di tutti i giorni e assicurare parità di accesso alle opportunità di crescita (sia che si lavori da remoto, sia che si lavori in ufficio) è ancora più importante di prima. La pandemia ha decisamente spostato la definizione del valore verso asset immateriali”.
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