di Giorgia Andrei |
Si chiama Rural Social Act il progetto, presentato a Roma lo scorso ottobre, che punta sull’agricoltura sociale per arginare le agro-mafie e contrastare il fenomeno del caporalato. L’iniziativa si inserisce nel Piano triennale di contrasto al caporalato, in attuazione della legge 199/2016, finanziato dal Fondo Fami e dal Ministero del Lavoro, supportato dal Forum Nazionale Agricoltura Sociale.
Ne è capofila Cia, l’associazione di imprenditori agricoli, coltivatori diretti, coloni e mezzadri e contadini in affitto italiani. “Il valore aggiunto di questo progetto sta in tre aspetti fondamentali – ha dichiarato la direttrice generale, Claudia Merlino –. Prima di tutto il metodo, un approccio multifunzionale e multi-stakeholder, che è indispensabile per ottenere risultati in questo campo. In secondo luogo la tempistica, ossia un anno, termine che richiede azioni concrete e incentivi. Terzo aspetto è l’obiettivo, cioè il contrasto al fenomeno del caporalato, che si fa sostenendo i lavoratori ma anche le aziende agricole sane, che sono la maggioranza, e che ogni giorno si fanno carico di una parte di responsabilità sociale garantendo un lavoro giusto e dignitoso. Nonostante il contesto complesso, segnato da un aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime, concorrenza sleale, effetti dei cambiamenti climatici”.
Agricoltura sociale contro il caporalato
Al progetto contribuiscono 30 partner, tra Reti Nazionali, cooperative, consorzi, Ong e associazioni, che collaborano per attivare politiche e azioni comuni contro il lavoro nero, promuovendo la Rete del lavoro agricolo di qualità e valorizzando il ruolo dell’agricoltura sociale. Un esempio di sviluppo territoriale che unisce sostenibilità economica e legalità, inclusione, qualità, capace di contrastare il caporalato e arginare le agromafie, sviluppando filiere etiche e innovative forme di distribuzione.
La governance multilivello di Rural Social Act sarà affidata a una Cabina di Regia Nazionale. L’obiettivo è quindi puntare sull’agricoltura sociale come modello vincente, per prevenire e contrastare il fenomeno del caporalato, arginare le agromafie e promuovere processi virtuosi di inclusione e re-inserimento socio-lavorativo dei migranti. Attraverso la creazione e il potenziamento di una rete nazionale di collaborazioni multisettoriali e integrate tra mondo agricolo, servizi sociosanitari, settore della formazione e dell’accoglienza.
I numeri del progetto
Rural Social Act sarà attivato in 12 regioni del Centro-Nord (Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio). Saranno 17 le aree territoriali in cui verranno istituite le unità mobili che agiranno insieme agli sportelli informativi Cia. Questo per favorire l’emersione e la presa in carico di persone in condizioni di sfruttamento lavorativo, offrendo supporto e consulenza alle vittime del caporalato, grazie a una equipe multidisciplinare (mediatore linguistico-culturale, agente di sviluppo territoriale, operatore sociale). Sono quindi previsti percorsi di formazione per operatori e mediatori, con l’aggiornamento delle competenze in materia, e laboratori di occupabilità per i migranti, incrementando le conoscenze in ambito agricolo e consolidando le buone prassi di agricoltura sociale.
Le aspettative concrete, nell’immediato, sono di 240 cittadini di Paesi Terzi coinvolti nel progetto direttamente e mille indirettamente. Insieme a 150 imprese agricole impegnate sui territori e 100.000 persone raggiunte con la rete di collaborazione tra i partner, scelti proprio per la loro capacità di essere trasversali e complementari in termini di competenze e conoscenze. “Promuoviamo modelli virtuosi e pratiche leali che non prevedono alcun tipo di sfruttamento, Favorendo il rafforzamento dell’agricoltura sociale come modello di sviluppo territoriale sostenibile ed etico – ha detto il coordinatore nazionale di Rural Social Act Corrado Franci -. “Contestualmente, vogliamo coinvolgere l’opinione pubblica, crescendo la consapevolezza dell’importanza delle scelte di acquisto del singolo consumatore per contrastare il caporalato e rafforzare reti e filiere agroalimentari eque, controllate e inclusive”.
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