Abbattere il gender gap con l’equilibrio

La riflessione sul gender gap nel mondo IT di Paola Cannone, Senior Director EMEA Marketing di Commvault

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Gender gap: l'opinione di Paola Cannone di Commvault

Che ci sia un problema di gender gap a livello internazionale è cosa ormai acclarata e troppo spesso accettata.

Un recente studio della Rome Business School ha stimato nel 23,7% la differenza media in busta paga tra uomo e donna in Italia, dato tutto sommato in linea con la media europea. Ma non è solo una questione di retribuzione, la presenza femminile in azienda è ancora molto ridotta rispetto a quella maschile. Secondo una ricerca Randstad, sono 7 milioni in Italia le donne che non lavorano, pari al 43% tra quelle in età lavorativa rispetto a una media europea del 32%.

Gender gap nel settore tecnologico

Nel mondo della tecnologia, la scarsa presenza femminile ha basi lontane e parte da un differente approccio alla formazione. L’abitudine a seguire vecchi schemi consolidati gioca la sua parte, perché il numero di ragazze che scelgono un percorso formativo scientifico è ancora inferiore rispetto ai ragazzi. Anche per questo motivo affrontare il gender gap in modo efficace richiede un approccio esteso e soprattutto sistemico.

Deve passare il concetto che l’unica discriminante sia l’inclinazione individuale abbinata al talento personale. Con una maggiore parità di genere a livello scolastico, si potrà sicuramente raggiungere un migliore equilibrio anche nel mondo del lavoro. E proprio nel mondo del lavoro, equilibrio rappresenta la parola magica. Equilibrio tra vita professionale e privata, per non costringere le donne a sceglierne una a scapito dell’altra.

Qui le aziende possono fare molto, offrendo percorsi di carriera flessibili e personalizzati, ma anche una gestione delle risorse più equilibrata. Il concetto di work-life balance è ormai noto, ma deve continuare a essere l’asse portante delle politiche del personale in azienda. E non si tratta di semplici agevolazioni nei confronti dello staff, perché dipendenti con un equilibrio più soddisfacente, e quindi meglio in grado di gestire priorità private e personali, saranno più motivati e produttivi. La pandemia ha fatto molto a livello di sensibilizzazione su questo tema, costringendo di fatto le aziende ad adottare modelli di lavoro flessibili. Verrebbe da chiedersi perché non siano stati adottati in precedenza, anche se la cosa realmente importante in questa fase di ritorno alla normalità è assicurarsi di non tornare in parallelo anche alla rigidità pre-pandemica.

Il ruolo delle istituzioni

Che ruolo possono giocare le istituzioni in questa evoluzione? Certo possono semplificare la componente burocratica quando si parla di smart working, ad esempio. Ma l’equilibrio tra mondo privato e professionale è molto di più e parte da più lontano, come anticipato. Serve ripensare il modo stesso di fare formazione, cercando di uscire dai cliché del passato per lasciare la massima libertà di seguire il proprio talento e la propria passione. E serve avvicinare ancora di più il mondo della scuola e quello del lavoro, elevando il livello di competenze che vengono create.

Allineandole ulteriormente a quelle che saranno poi importanti a livello professionale, pensando soprattutto a soft skill come flessibilità, capacità di concentrazione e correlazione. Capacità che dovrebbero essere potenziate da programmi specifici, ben articolati e soprattutto definiti a livello sistemico, e non più opportunistico.

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