di Tiziano Menduto |
I cosiddetti “ambienti confinati o sospetti di inquinamento” sono tra gli ambienti lavorativi a maggior rischio di infortuni gravi e mortali, qualche volta anche di infortuni mortali plurimi quando, ad esempio, improvvisati soccorritori intervengono senza mettere in atto adeguate precauzioni.
A titolo esemplificativo, spazi confinati possono essere vasche, silos, camini, pozzi, cunicoli, canalizzazioni, fogne, serbatoi, condutture, stive, intercapedini, cisterne, autobotti, camere di combustioni e molto altro. Ma, come vedremo, una delle carenze della normativa vigente è proprio connessa alla difficoltà di identificare questa tipologia di spazi.
Infortuni in ambienti confinati
Diverse sono poi le tipologie di rischio che possono presentarsi ai lavoratori e le possibili cause di infortuni. Infortuni che possono avvenire, ad esempio, per:
- mancanza o per eccesso di ossigeno;
- inalazione o contatto con sostanze pericolose, gas, vapori, fumi;
- presenza di gas/vapori infiammabili;
- contatto con parti a temperatura troppo alta o troppo bassa.
Gli spazi confinati e rischi connessi si possono ritrovare in moltissimi ambiti lavorativi. Non sono mancati in questi anni anche gravi infortuni in settori lavorativi specifici particolarmente significativi per il nostro Paese, come il settore vinicolo. In questo settore non sono rari gli infortuni nelle lavorazioni all’interno di autoclavi e cisterne (ad esempio il lavaggio, la rimozione di residui), nelle operazioni in aree delle cantine non adeguatamente ventilate durante la fermentazione dei mosti, nell’ispezione visiva di contenitori nei quali è presente azoto dopo lo svuotamento del vino.
In questi infortuni spesso si rileva l’assenza di adeguate procedure di lavoro. Ad esempio con riferimento alla mancanza di un controllo dell’atmosfera nello spazio confinato, all’indisponibilità o non corretto uso di dispositivi di protezione, all’assenza di adeguati sistemi di sorveglianza dell’attività e di gestione dell’emergenza.
La normativa sugli spazi di lavoro a rischio
Proprio in relazione ai tanti infortuni mortali che sono avvenuti in questi anni in questi ambienti, il 14 settembre 2011 è stato emanato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 177 che contiene il “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.
Il decreto definisce, con riferimento alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza, a partire dal D.Lgs. 81/2008, le linee generali di una strategia di contrasto agli infortuni negli ambienti confinati. Con particolare attenzione alla qualificazione di chi vi lavora, all’applicazione di idonee procedure, alla presenza di un soggetto rappresentativo del datore di lavoro e alla necessità di personale esperto e formato. Il problema è che negli anni successivi al Dpr 177/2011 gli infortuni mortali sono continuati. Mostrando come l’applicazione di questa normativa sia ancora insufficiente per migliorare realmente la prevenzione.
Il problema, come rilevato in una nostra intervista a Paolo De Santis di Inail Contarp (Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione centrale), è che tutti questi elementi migliorativi della prevenzione spesso non arrivano alla piccola e piccolissima azienda. Ed è spesso tra i lavoratori delle piccole e piccolissime aziende che avvengono gli incidenti più gravi.
Le criticità presenti
Inoltre, come sottolineato anche in alcuni documenti dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, a distanza di più di dieci anni dalla pubblicazione del Dpr permangono ancora diverse criticità.
Tra queste:
- assenza di una definizione univoca di ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento;
- esistenza di un elenco non esaustivo di ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento nel D.Lgs. 81/08;
- mancata definizione di criteri, modalità, contenuti e durata per la formazione e l’addestramento dei lavoratori.
In un’intervista al nostro giornale l’ingegner Adriano Paolo Bacchetta, tra i principali esperti nazionali in tema di spazi confinati, ha rimarcato proprio la mancanza di una formazione adeguata che possa mettere in grado gli operatori di identificare in maniera più puntuale i pericoli di questi ambienti.
Come migliorare la sicurezza degli ambienti confinati
Per cercare di migliorare la tutela della salute e sicurezza in questi particolari ambienti e fornire uno strumento per le aziende è al lavoro ormai da qualche anno una Commissione Uni per la redazione di una nuova norma tecnica in grado di specificare i criteri utili per identificare i pericoli e valutare i rischi connessi alle attività da svolgere negli ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento e negli ambienti assimilabili.
La norma dovrebbe specificare anche i criteri per definire le misure di prevenzione e protezione e le procedure di emergenza da adottare nelle attività condotte in questi particolari ambienti. L’obiettivo, come ricordato da Uni, l’ente italiano di normazione, è quello di supportare i datori di lavoro nell’analizzare e valutare se all’interno delle infrastrutture aziendali o del proprio ciclo produttivo esistono ambienti che rientrano nel campo di applicazione del Dpr 177/2011. O ambienti che, pur se sottratti a tale obbligo normativo, necessitano di particolari indicazioni operative per la loro gestione in sicurezza.
Non rimane, anche in relazione ai non rassicuranti dati infortunistici professionali di questi mesi, che augurare alla Commissione di portare a termine presto il proprio lavoro e fornire alle aziende e ai datori di lavoro nuovi strumenti in grado di ridurre gli infortuni che avvengono ancora negli spazi confinati.
Articolo realizzato in collaborazione con PuntoSicuro, dal 1999 il primo quotidiano on-line sulla sicurezza.