Flessibilità lavorativa secondo dipendenti e aziende

Secondo lo studio italiano di LinkedIn, 2 lavoratori su 3 troverebbero utile poter lavorare da remoto, decidendo in che giorni recarsi in ufficio, e il 75% vorrebbe orari flessibili per la giornata lavorativa

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Flessibilità lavorativa: cosa pensano lavoratori e aziende in Italia

Flessibilità lavorativa e work-life balance sono le parole chiave del 2022.

Le implicazioni del “ritorno alla normalità”, dopo la fine dello stato di emergenza coinvolgono, tutta la nostra società e in particolar modo il mondo del lavoro. Una ricerca di LinkedIn fotografa bisogni e sensibilità dei lavoratori sul tema. Evidenziando al contempo significative differenze di percezione a seconda del genere e della fascia di età di appartenenza.

La percezione dei lavoratori

Un primo dato riguarda l’impatto della pandemia nel ridefinire e trasformare le priorità dei lavoratori. Il 64% degli intervistati in Italia è convinto che la pandemia abbia modificato per sempre il modo in cui lavoriamo. Il 55% afferma di voler dedicare più tempo ad altri aspetti della propria vita. Il 61% dichiara di aver realizzato, in questi ultimi due anni, la necessità di una maggiore flessibilità lavorativa.

Non mancano difficoltà e preoccupazioni. 1 intervistato su 2 sostiene che il lavoro flessibile, oggi, generi più confusione che mai, a causa delle nuove e diverse modalità organizzative introdotte repentinamente in risposta alla situazione pandemica. Il 48% di questi ritiene questo problema forte e sentito tra le donne. Il 22% delle intervistate ha infatti dichiarato di provare imbarazzo per il fatto di lavorare in modo flessibile, contro il 17% degli uomini. La conciliazione tra vita privata e professionale resta un’esigenza particolarmente avvertita dalle donne (47%). Solo il 34% degli uomini afferma lo stesso. Rilevante in questo senso anche il dato generazionale. Più di 2 partecipanti su 5 tra i millennial (età 24-41 anni) ritengono che il worklife balance sia una priorità. I baby -boomers condividono questo punto di vista (39%), mentre la Gen Z si rivela la meno sensibile a questo aspetto (35%).

Il rapporto con i datori di lavoro

L’esigenza di flessibilità può tradursi in rivendicazioni nette nei confronti del datore di lavoro. Sebbene il 59% degli intervistati non ha mai lasciato, o considerato di lasciare, il proprio lavoro perché non abbastanza flessibile, il 15% ha effettivamente cambiato lavoro per questa ragione, a fronte di un dato medio europeo del 21%. Significativo, in questo senso, come la percentuale di chi considera di lasciare il proprio lavoro coincida perfettamente con quanto rilevato, in media, su scala europea (27%). Una decisione che, in Italia, ha un impatto diverso sulle donne. Ad esempio, il 21% degli uomini ha optato per una carriera come freelance, mentre lo stesso è avvenuto solo per il 6% delle donne.

Flessibilità lavorativa: cosa fanno le aziende?

La  ricerca condotta da LinkedIn ha coinvolto anche alcuni Hiring Manager italiani. Più di 7 intervistati su 10 hanno dichiarato che l’azienda ha aumentato e migliorato la propria offerta in termini di flessibilità negli ultimi due anni. Altrettanto rilevante la necessità di continuare ad attrarre talenti. Dato che testimonia un certo grado di consapevolezza rispetto alle esigenze di lavoratrici e lavoratori in termini di flessibilità e worklife balance.

Tra le priorità in questo ambito l’implementazione di servizi di supporto alla salute mentale e l’estensione dei permessi legati alla genitorialità. Resta però il fatto che il 24% dei rispondenti pensa che i dipendenti della propria azienda siano insoddisfatti delle politiche di flessibilità implementate. E più di un quarto di loro ritiene che tali politiche siano insufficienti a garantire un adeguato bilanciamento tra impegni personali e vita lavorativa.

Tra i principali benefici derivanti dall’implementazione di politiche di flessibilità lavorativa per i dipendenti, gli Hiring Manager individuano soprattutto il tema del sentirsi supportati (38%). Inoltre, oltre il 30% pensa che una maggiore flessibilità aiuti a ridurre i livelli di stress e burnout e ad accrescere il senso di motivazione. Al cuore della visione pro-flessibilità c’è l’idea che questa sia necessaria per coltivare i talenti.

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