Ora occupiamoci delle persone

Cristina Cricca, People & Culture Director di Iconsulting, parla di come le nuove generazioni vivono il lavoro, come lo scelgono e lo cambiano. E di come, parallelamente, gli uffici HR si debbano trasformare, da asettici centri di potere aziendale a dipartimenti sempre più attenti alle persone nella loro interezza

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Persone e cultura: le risorse umane secondo Cristina Cricca

di Virna Bottarelli |

Cristina Cricca ha venticinque anni di esperienza nelle Risorse Umane. Da maggio 2021 è People & Culture Director in Iconsulting, azienda di consulenza italiana con sede principale a Bologna, focalizzata sulla creazione di valore strategico partendo dai dati.

“Negli ultimi venticinque anni ho visto varie popolazioni aziendali cambiare”, commenta. “Appartengo alla cosiddetta generazione X e sono cresciuta seguendo il monito ‘prima il dovere e poi il piacere’, un motto che contrapponeva questi due aspetti. Attualmente, invece, ‘dovere e piacere’ sembrano andare di pari passo. I giovani cercano lavori nei quali possono, oltre che imparare, divertirsi e scelgono di entrare in aziende con valori che tendono a rispecchiare quelli in cui loro stessi credono. Il lavoro è diventato, oggi più di ieri, una questione di preferenza. Prima lo si viveva come una necessità, un dovere a prescindere, appunto, e solo a pochi fortunati era concesso di sceglierselo”.

È quindi cambiato l’approccio al mondo professionale e con esso si sta trasformando la funzione di chi, in azienda, si occupa di HR. Quello che un tempo era visto come un centro di potere aziendale, quell’ufficio del personale dal sapore vagamente anni Ottanta, poi divenuto dipartimento Risorse Umane, sta cambiando pelle. Dichiara ancora Cricca: “Non a caso il dipartimento che guido si chiama People & Culture. Questi due termini rappresentano bene la duplice funzione del nostro team. Sostenere la linea dirigenziale da un lato e supportare lo sviluppo dei singoli individui dall’altro, raccogliendo la fiducia dei dipendenti. E preferisco parlare di persone, non di risorse umane. In Iconsulting sono proprio l’asset principale, essendo noi una società di consulenza. È fondamentale per noi contemplare le loro necessità e aspettative, ascoltarne i bisogni non solo da un punto di vista professionale. Cerchiamo, in sostanza, di essere complici nel loro benessere quotidiano”.

Ha accennato al benessere del lavoratore, un tema ultimamente molto dibattuto in relazione all’adozione dello Smart Working…

Con il remote working è venuta a mancare la separazione netta tra lavoro e vita privata. Stiamo sperimentando una commistione tra sfera personale e professionale che dobbiamo imparare a gestire. Anche questo cambiamento, comunque, dovrebbe innescare una riflessione da parte delle aziende sulla relazione con i propri collaboratori. E sulla necessità di considerarli come individui nella loro interezza, non solo come dipendenti. In Iconsulting stiamo stilando un decalogo aziendale con delle regole pensate per vivere bene anche lavorando da remoto, nel rispetto della vita privata dei nostri talenti.

Più in generale, parlando di benessere, abbiamo attivato il programma HR4U, con il quale ci mettiamo a disposizione dei colleghi per momenti di ascolto individuali. È stata inoltre attivata una rete di convenzioni esterne per permettere ai professionisti di Iconsulting di svolgere attività ricreative e culturali. Tutti gli anni, inoltre, partecipiamo alla survey del Great Place to Work e ne prendiamo spunto per capire su quali aspetti possiamo migliorare. Lo scorso anno, in particolare, abbiamo avviato un tavolo di lavoro per rivedere il processo di valutazione che oggi interessa tutti i 350 professionisti di Iconsulting. E tiene in considerazione, per ogni singolo, i feedback forniti da almeno cinque/sei profili. Le valutazioni sono in seguito raccolte da Carreer Advisor esterni al progetto. E vengono elaborate per mettere a punto percorsi formativi e progetti mirati, orientati alla crescita delle persone. Al di là dei processi più complessi, il benessere va curato anche con piccoli gesti di attenzione, dagli assorbenti nelle toilette, alla frutta negli uffici.

Torniamo ai passaggi generazionali: com’è cambiata la concezione del “lavoro” dai Baby Boomers alla Generazione Z?

Il cambiamento principale che ho percepito negli ultimi anni, anche grazie alle mie esperienze pregresse nell’ambito dell’orientamento professionale, credo risieda nella maggiore consapevolezza dei ragazzi. E in una ricerca più attenta e attiva allo sviluppo professionale. Un aspetto, quest’ultimo, accompagnato da un maggiore coraggio nel cercare e chiedere una posizione adatta alle proprie attitudini e aspettative. In passato, il lavoro era essenzialmente uno strumento che conferiva una riconoscibilità sociale e veniva valutato in base alle possibilità di carriera offerte. Oggi invece – benché l’aspetto economico sia ancora importante – si valutano anche altri criteri. Anteponendo la realizzazione personale e preferendo aziende in linea con i propri valori.

In Iconsulting abbiamo raccolto “la sfida” e siamo stimolati ad ascoltare maggiormente i giovani. Per assegnare loro progetti e percorsi formativi più in linea con le loro capacità e predisposizioni. Del resto, la realtà che non ascolta le esigenze dei singoli e non si cura delle loro aspettative, corre il rischio di perderli. Il fenomeno delle Grandi Dimissioni non è casuale. Nei due anni della pandemia, complice il fatto di essere fisicamente più distaccati dai nostri luoghi di lavoro, molti hanno avuto modo di riflettere e acquisire una maggiore lucidità rispetto alla propria attività e al valore da attribuire al lavoro.

Mariano Corso del Politecnico di Milano ha detto: “Nonostante la disoccupazione e il persistente mismatch delle competenze abbiamo comunque un alto tasso di dimissioni tra le persone giovani”. Le Grandi dimissioni, quindi, celano grandi aspettative o grandi delusioni?

Sono ottimista e credo che le Grandi Dimissioni siano più frutto di aspettative importanti. Della voglia di migliorare nella propria professione per realizzarsi, soprattutto da parte di chi ha investito nella propria formazione ed è disposto a cambiare, mettendosi in gioco. Ma questo è un momento d’oro anche per le aziende, perché hanno l’opportunità di condurre analisi interne per capire se stanno implementando abbastanza iniziative per creare un ambiente capace di trattenere i talenti.

In Iconsulting, ad esempio, stiamo lavorando molto per creare un luogo di lavoro incomparabile. Per raggiungere tale obiettivo poniamo particolare attenzione alla formazione, che viene erogata non solo in base al ruolo e agli esiti delle valutazioni annuali, ma anche in risposta alle richieste dei dipendenti. Dobbiamo inoltre considerare che nell’ambito della consulenza informatica turnover e carenza di profili adatti a ricoprire le diverse posizioni aperte sono la norma. Il mismatch esiste, ma siamo anche consapevoli di dover formare chi entra in azienda. Assumiamo per il 75% neolaureati e non possiamo pensare che questi giovani appena usciti dall’Università abbiano già maturato competenze di tipo professionale.

I dati del Ministero del Lavoro e di Anpal dicono che “le lavoratrici continuano a essere penalizzate”. È d’accordo sul fatto che per le donne in Italia il lavoro sia in molti casi “un problema”?

Sicuramente con la pandemia le donne, soprattutto con figli ancora piccoli, hanno subìto uno stress notevole e non sempre hanno potuto contare su aziende comprensive. Purtroppo, è indubbio che il carico familiare pesi ancora essenzialmente sulle loro spalle. Per un cambiamento di mentalità serve tempo, ma a mio avviso bisogna partire da un’educazione alla parità di genere già dalla scuola materna. banalmente, bambini e bambine devono confrontarsi con gli stessi giochi. In questo modo avremo ragazzi e ragazze che saranno liberi di scegliere il percorso scolastico e professionale più adatto alle loro attitudini, perché non influenzati da preconcetti sui ruoli di genere imposti dalla società.

Sempre a proposito di “genere”, qual è l’impegno di Iconsulting per ridurre le diseguaglianze?

Quando sono arrivata in Iconsulting mi sono interessata subito del tema della parità in azienda. Tenendo ben presente un dato di fatto: se in ingegneria informatica si laurea il 10% di donne, sarà difficile avere una società di consulenza informatica con molte donne al suo interno. Non c’è ancora un grande equilibrio di genere nelle facoltà scientifiche, anche se in alcuni indirizzi di studi le studentesse sono in aumento. Bisogna stimolare più ragazze a scegliere percorsi scientifici e tecnici, a partire dalla fase di orientamento dalle medie alle superiori. Non sempre gli insegnanti della scuola secondaria hanno gli strumenti e la preparazione adatti a fornire indicazioni corrette sul futuro accademico degli studenti.

Ad ogni modo, per ridurre le disuguaglianze, in generale, non credo si debba tanto agire seguendo direttive calate dall’alto su numeri e percentuali da rispettare. Piuttosto è necessario diffondere una cultura che valorizzi la diversità sotto tutti i punti di vista, religioso, etnico, oltre che di genere. Nella nostra azienda la popolazione femminile raggiunge il 35% e posso tranquillamente affermare che operiamo in un settore in cui il percorso di carriera è lineare e trasparente. Personalmente non ho mai ravvisato gap salariali o disparità di trattamento.

I dati sono l’oro del nuovo millennio: qual è il loro ruolo nel gestire temi “umanistici”, apparentemente lontani da metodi matematici?

I numeri non mentono e anche in un ambito come quello delle risorse umane, dove si devono effettuare determinate valutazioni, basarsi sui dati è importante. Anche senza perdere di vista la centralità dell’individuo. Strumenti di HR Analytics sono usati per studiare la popolazione aziendale, analizzare il comportamento dei dipendenti nell’ottica di prevenire eventuali dimissioni o comprendere meglio le esigenze di crescita e formazione del personale.

I dati sono anche uno dei temi con i quali i lavoratori di domani dovranno avere grande dimestichezza. A tal proposito segnalo l’iniziativa che seguiamo da anni con il liceo Malpighi di Bologna, la Big Data Challenge. Quest’anno agli studenti sono stati forniti set di dati relativi agli accessi e alle dimissioni nei vari ospedali dell’Emilia-Romagna, con una serie di informazioni collegate. Lo scopo era simulare una situazione concreta di business, individuare il fenomeno su cui concentrarsi e proporre una soluzione. Il gruppo vincitore ha prodotto un’analisi relativa a persone con attacco cardiaco e proposto la creazione di punti di cura e la dislocazione di un numero maggiore di autoambulanze in luoghi precisi. Ecco i dati al servizio della salute e, quindi, della persona.

Cristina Cricca di IConsultingChi è Cristina Cricca

People & Culture Director di Iconsulting dal maggio 2021, Cristina Cricca è laureata in Lettere Classiche con una specializzazione in greco antico presso l’Università Statale di Milano. La sua carriera inizia nel 1996 in Andersen Consulting (ora Accenture) e prosegue in McKinsey, dove si occupa principalmente di Recruiting ed Employer branding per l’ufficio italiano. Partecipando a iniziative internazionali come la selezione di consulenti per il nuovo ufficio del Cairo dal 2007 al 2010.

Durante la sua ventennale esperienza in azienda, si è occupata inoltre di orientamento professionale, coaching e mentoring, sia all’interno dell’azienda che in collaborazione con i più importanti atenei nazionali e associazioni no profit. Dal 2015 è stata promotrice e sostenitrice della valorizzazione della D&I in McKinsey, realizzando iniziative e obiettivi che sono oggi un modello per l’azienda a livello globale.

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