Gli italiani perdono potere d’acquisto

Gli stipendi italiani scendono di 2 posizioni nelle classifiche internazionali, le retribuzioni annue stagnano mentre l’ inflazione cresce e gli italiani perdono potere di acquisto

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Potere d'acquisto in flessione per gli italiani

di Cleopatra Gatti |

Dati allarmanti dall’Osservatorio semestrale di JobPricing sulle retribuzioni italiane nel settore privato.

La retribuzione media italiana si posiziona ancora sotto la media dei paesi Ocse (49.165 dollari, anno 2020), collocandosi al 25° posto su 36° Paesi. Restringendo all’Eurozona, la posizione di svantaggio non migliora, con 28mila dollari di Ppa (parità di potere d’acquisto) in meno del top performer, il Lussemburgo. Anche in termini di crescita, i salari italiani si dimostrano il fanalino di coda. Negli ultimi trent’anni hanno perso il 2,9%, unici del gruppo a non essere aumentati. La Ral (Retribuzione annua lorda) del 2021 si attesta a 29.301 euro, mentre la Rga (Retribuzione globale annua) a 29.840 euro. Rispetto al 2020 la variazione della Rga è dello -0,2%, quella Ral dello 0,3%. In entrambi i casi, la variazione dell’ultimo anno è stata peggiore della variazione media annua del periodo 2015-2021.

Erosione del potere d’acquisto

La crescita di lungo periodo mostra un sostanziale immobilismo salariale. Tuttavia, in questo lasso di tempo, le Ral sono cresciute maggiormente (2,1%) rispetto alle Rga (0,8%). Date le tendenze sulla crescita dei prezzi, il potere d’acquisto dei lavoratori è eroso dall’inflazione: i prezzi sono cresciuti del 1,9% nell’ultimo anno e del 4,7% tra il 2015 e il 2021.

“Le dinamiche salariali stanno lentamente rientrando nel sentiero pre-covid. Le variazioni medie rispetto al 2020 non si scostano dallo zero, anche se ancora si registra la lunga coda dell’effetto occupazionale in settori particolarmente colpiti. Come ad esempio quello dell’Hotel e Ristorazione, che ha registrato salari medi in significativo aumento, probabilmente come conseguenza della forte perdita di occupazione. O in gruppi di lavoratori precari, come ad esempio i giovanissimi, sintomo del fatto che sono ancora in pochi ad essersi ristabilizzati nel mercato” commenta Erica Delugas, responsabile dell’Osservatorio JobPricing. “Ad ogni modo, lo shock pandemico non è stato senza conseguenze. Rispetto al 2020 il ‘gender pay gap’ è cresciuto a causa di una diminuzione di salario medio delle lavoratrici e il divario territoriale si è ampliato a causa di un peggioramento delle retribuzioni del Sud e Isole”, prosegue Delugas.

Potere d'acquisto sempre in discesa per gli italiani

“Tuttavia, non sono solo i lavoratori del Sud o le donne ad averci perso. Il 90% dei salari italiani non supera i 35 mila euro. E a causa dell’aumento generalizzato dei prezzi quasi tutti i lavoratori hanno perso potere d’acquisto perché i salari reali sono diminuiti. Partendo però da un livello salariale che, per i più, spesso e volentieri non è sufficiente neanche a mantenersi dignitosamente. Con questi numeri è evidente che la questione salariale diventa ogni giorno un tema più caldo che non può più essere rimandato dalle parti sociali e dal legislatore” conclude Erica Delugas. Ma veniamo nel dettaglio all’analisi dei dati consolidati da JobPricing.

Tengono gli stipendi degli operai

I salari globali medi degli operai (24.996 euro) sono gli unici a crescere, seppure solo dello 0,6%. Dirigenti (112.906 euro), quadri (56.981 euro) e impiegati (31.329 euro) registrano, tutti retribuzioni globali in diminuzione: rispettivamente -2,3%, -1,8%, -0,9%. Nonostante i dirigenti guadagnino in media 134mila euro di Rga e un Ceo possa arrivare fino a 208 mila euro, in Italia il grosso delle retribuzioni si attesta sotto la soglia dei 35mila euro. Esponendo il 90% dei lavoratori a continue perdite di potere d’acquisto dovute all’inflazione.

Il divario salariale molto ampio tra un Ceo e un operaio (multiplo retributivo) può arrivare a un massimo di 9,7. Ossia un operaio arriva a guadagnare quasi dieci volte in meno di un amministratore delegato. Nel 2021 è stata registrata un’ulteriore diminuzione di percettori di retribuzione variabile. In media sono diminuiti di 0,7 punti, passando da 32,1% a 31,4%. Solo gli operai mostrano un aumento minimo di un punto percentuale rispetto al 2020, probabilmente grazie alla liquidazione di Premi di Risultato in misura lievemente maggiore rispetto al 2020, seppur non ai livelli precrisi. Dirigenti, quadri e impiegati registrano tutti valori negativi con la diminuzione maggiore di –5,2 punti percentuali per i quadri.

Retribuzioni più elevate al Nord, in crescita al Sud

Tra Nord e Sud e Isole vi è un differenziale di circa 3.800 euro sulla Ral e di circa 4.500 euro sulla Rga. Tra Nord e Centro il differenziale non arriva a 1.000 euro di Ral e 1.300 euro di Rga. Al nord si guadagna il 3,3% in più rispetto alla Ral media nazionale, al centro lo 0,2% in più e al Sud e nelle isole il 9,7% in meno. La classifica si inverte se si guardano le tendenze degli ultimi 5 anni, dove le retribuzioni sono aumentate del 4,2% per sud e isole, del 3,3% per il centro e solo dell’1,1% per il nord.

Sul podio della classifica regionale troviamo la Lombardia, con una Ral di 31.553 euro, seguita da Trentino-Alto Adige (31.001 euro) e Liguria (30,223 euro). Agli ultimi posti troviamo invece Puglia (26,075 euro) Calabria (25,438 euro) e Basilicata (Ral 24,956 euro). Per quanto la particolare situazione del 2021 induca cautela nel valutare le tendenze delle retribuzioni regionali e le variazioni dei singoli territori siano comunque contenute, spiccano i tassi positivi del Piemonte (+1,4%), dell’Umbria (+1,5%) e della Basilicata (+2,2%). E quelli negativi della Liguria (–1,4%), del Friuli-Venezia Giulia (–1,1%) e della Campania (–1,1%). In generale, quasi tutte le regioni hanno registrato una variazione annua peggiore della variazione media annua del periodo 2015-2021.

Stipendi alti nei servizi finanziari, bassi in agricoltura

Con una Ral di 44.513 euro e una Rga di 47.066 euro, i Servizi Finanziari si confermano il settore meglio pagato e quello con il più alto tasso di crescita generale (+8.7% Ral; +9.0% Rga). All’ultimo posto per retribuzioni troviamo invece il settore dell’agricoltura, con una Ral di 24.179 euro e una Rga di 24.387, entrambe al di sotto della media. Tuttavia, l’agricoltura registra il trend migliore della Rga che nel periodo 2015-2021 è cresciuta del 9,3%.

Altro dato che si conferma è che nelle grandi imprese si guadagna in media il 44% in più rispetto alle micro. Si passa dai 25.747 euro di Ral e 25.914 euro di Rga delle aziende micro (con meno di 10 dipendenti) ai 37.149 euro di Ral e 39.040 euro di Rga medi in aziende con oltre 1.000 dipendenti. I divari fra le diverse dimensioni aziendali, tutti aumentati rispetto al 2020, diminuiscono con l’aumentare della dimensione.

Aumenta il gender pay gap

Da segnalare che nel 2021 il “gender pay gap” è aumentato dell’8,6% e che le donne hanno lavorato gratis per una settimana in più rispetto al 2020. La Rga media degli uomini (31.330 euro) è aumentata dello 0,1% rispetto al 2020. Quella delle donne (27.512 euro) è diminuita dello 0,8%, facendo così registrare un pay gap al 13,9%, in aumento rispetto allo scorso anno.

Alla luce dello shock occupazionale del 2020, che ha riguardato in numero maggiore le donne (a fronte di –444mila unità di occupati in meno rispetto al 2019, il 70% era donna), i numeri del 2021 riflettono ancora in parte i movimenti della composizione occupazionale. Se nel 2020 si è osservata una “illusione di crescita”, il 2021 è sicuramente un anno di assestamento e questo peggioramento del gender pay gap potrebbe essere temporaneo e non strutturale.

Giovani in difficoltà, va meglio per i laureati

Non migliora neanche il gap salariale tra i giovani che iniziano a lavorare e chi è alla fine della carriera. Nel 2021, il salario medio per la fascia di età 15-24 anni è stato di 23.213 euro di Ral e 23.310 euro di Rga. Per la fascia oltre 55 anni, invece, il salario medio osservato è 33.303 euro di Ral e 33.670 euro di Rga. A seguito del forte shock occupazionale causato dalla pandemia, viene ancora registrata una variazione eccezionalmente positiva tra il 2015 e il 2021 nei salari dei lavoratori tra i 15 e 24 anni (Ral +9,8%; Rga 7,7%). Contrapposta a trend di crescita più modesti o negativi, che caratterizzano tutte le altre fasce di età. La differenza di salario medio tra i lavoratori minori di 25 anni e quelli che hanno più di 55 si è ridotta dello 0,45% nell’ultimo anno, segnando una battuta di arresto alla tendenza del periodo 2015-2021 che è stata decisamente positiva, arrivando a una diminuzione del gap generazionale del 22,5%.

Va infine detto che la laurea garantisce un vantaggio competitivo in termini di carriera e stipendio. Il differenziale retributivo tra laureati (Ral 40.026 euro; Rga 40.775 euro) e non laureati (Ral 27.501 euro; Rga 27.976 euro) si attesta intorno al 45%. In linea generale, più è alto il titolo di studio, più alta è la retribuzione. La motivazione è da ricondursi al fatto che il titolo di studio consente di accedere a percorsi di carriera migliori e quindi a stipendi più alti. Circa il 23% dei laureati è almeno Quadro o Dirigente, mentre solo il 2,5% dei non laureati accede a tali qualifiche. Le lauree triennali, tuttavia, non garantiscono prospettive migliori del diploma di scuola professionale. Questi ultimi, infatti, guadagnano in media solo il 2% in meno rispetto a chi ha una laurea triennale. Per godere del “salto” retributivo occorre quindi raggiungere almeno la laurea magistrale.

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