Inclusione, digitalizzazione e sostenibilità sono gli ingredienti di un mondo del lavoro che cambia a ritmo veloce. Ai direttori delle risorse umane l’arduo compito di amalgamarli in progettualità concrete ed efficaci.
Tanto per le aziende, alle prese con le note difficoltà di Attraction & Retention dei talenti, quanto per i lavoratori stessi, sempre più in cerca di benessere, motivazione e leader “gentili”. Di queste e altre sfide, legate a lavoro ibrido, responsabilità sociale e formazione manageriale, abbiamo parlato con Matilde Marandola, Presidente di Aidp, l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale.
Verso nuovi paradigmi: partiamo dal titolo scelto per il Congresso Nazionale 2022 di inizio ottobre per delineare i suoi risvolti più concreti. Dove sta andando il settore?
I concetti al centro del 51° Congresso Nazionale Aidp sono stati “inclusione”, “digitale”, “sostenibilità” e “organizzazioni ibride”. Abbiamo voluto fotografare l’attuale momento storico, dando anche una visione del futuro rispetto alla direzione che il mercato del lavoro sta prendendo, seguendo queste direttrici. Il sottotitolo dell’evento era “verso nuovi paradigmi”: la parola “verso’’ non è casuale, ma indica il movimento che stiamo compiendo per essere più concreti, testimoniato da progetti e attività di tipo inclusivo. In questo contesto i valori ricoprono un ruolo sempre più cruciale così come i concetti di sostenibilità e di responsabilità sociale, che vanno declinati in sistemi di sviluppo e di gestione nelle organizzazioni.
Nuovi modelli di leadership, nuove esigenze dei lavoratori. Il benessere psicofisico e la soddisfazione personale sono sempre più importanti nella gestione del capitale umano. Come integrarli all’interno dei necessari processi aziendali?
La leadership sta cambiando, diventando circolare, gentile ed empatica e si rivolge alle singole persone che, in quanto uniche, esprimono necessità e bisogni peculiari. Credo fortemente che le soluzioni standard, in tematiche quali smart working o programmi di welfare, siano poco efficaci. Attualmente l’unico strumento che abbiamo a disposizione è l’ascolto delle richieste delle proprie risorse. L’ascolto, oltre a uno scambio reciproco di informazioni, implica anche un rapporto di fiducia, altra parola chiave per riuscire ad affrontare i cambiamenti in atto e quelli futuri.
Pensa che i direttori HR abbiano a disposizione abbastanza strumenti – normativi e progettuali – per attrarre e trattenere i talenti?
Credo che il nostro sistema normativo stia cercando in tutti i modi di stare dietro a un mondo del lavoro in costante cambiamento. Basti pensare agli ultimi fenomeni, analizzati anche dalle survey del nostro Centro Ricerche: dimissioni volontarie, salario minimo, aumento del costo della vita, ecc. Allo stesso modo, penso che si possa ancora fare molto per anticipare i fenomeni futuri attraverso lo studio e l’uso di strumenti giusti.
La cosa più importante è che gli organi legislativi ascoltino le associazioni come la nostra, fatte di professionisti che tutti i giorni si trovano ad affrontare problemi e casi concreti. Se così non fosse, si correrebbe il rischio di emanare norme estremamente complesse e poco utili al benessere delle persone e delle organizzazioni. In più, attraverso la nostra area Buone Prassi, raccogliamo proprio le best practice da condividere tra i nostri associati.
La trasformazione digitale tocca da vicino tanti aspetti della gestione del personale. A suo avviso il potenziale è stato colto o persistono ostacoli all’automazione di alcuni aspetti delle attività nelle risorse umane?
Molti passi sono stati compiuti, in alcuni casi anche seguendo tempistiche piuttosto ristrette, vedi il periodo dell’emergenza covid-19. Molti altri dovranno essere compiuti in un’ottica di miglioramento della qualità del lavoro. Per esempio, il metaverso rappresenta il futuro ma in che modo può essere utilizzato nel mondo HR? Ultimamente sono state proposte attività di formazione nel metaverso, sono stati svolti anche colloqui, percorsi di coaching e di onboarding. Sebbene restino molte incognite sull’efficacia effettiva del metaverso nei processi HR, credo che continuare a sperimentare questa via possa portare benefici per tutti.
Il network di Aidp conta migliaia di soci e una presenza capillare sul territorio. In che modo e con quali obiettivi l’associazione supporta i manager in questo periodo di cambiamento?
Aidp accoglie le persone che si occupano di persone. In questo senso le 20 aree di lavoro e i 17 gruppi regionali sono a servizio del singolo socio per ogni sua esigenza professionale come networking, formazione, confronto, studio, analisi, approfondimento, certificazione delle competenze. E questa è solo una delle tante attività che mettiamo in campo per soddisfare il fabbisogno di un mondo HR in continuo mutamento. In particolare, l’area People Caring risponde alla volontà di prendersi letteralmente cura dei soci, ascoltando le loro esigenze di networking e di supporto personale e professionale per quanto riguarda lo sviluppo di nuove competenze e conoscenze. Attraverso quest’area intendiamo promuovere una relazione ancora più intensa con la nostra community, fornendo a ogni socio tutte le informazioni sui nostri servizi, in modo che possa sentirsi parte integrante della vita associativa.
Il Centro Ricerche, poi, è il vero e proprio punto di osservazione di Aidp. Rileva e approfondisce i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro grazie al supporto dei soci e alla collaborazione con enti, istituzioni e università. È anche un’area di supporto ai professionisti che operano nella Direzione del Personale, per rilevare i fenomeni in corso e aumentare la consapevolezza del ruolo dell’associazione.
Forte anche l’attenzione ai temi umanitari: ci racconta come è nato il recente l’accordo con Unhcr per agevolare la collocazione sul lavoro dei rifugiati politici?
A febbraio 2021 Aidp e Unhcr hanno sottoscritto un Memorandum d’intesa per il progetto “Welcome – Working for Refugee Integration”, con lo scopo di promuovere l’inserimento lavorativo di Rifugiati e Richiedenti Asilo. Attraverso diverse iniziative quali la diffusione di materiali e strumenti per le aziende che vogliano procedere con la loro assunzione, la formazione mirata per le imprese sui temi della protezione internazionale e della diversità in azienda e lo scambio di buone prassi sul loro inserimento nel mercato del lavoro. Insieme abbiamo creato una serie di tavoli tecnici regionali (al momento ne sono stati realizzati cinque), che toccheranno tutti i 17 gruppi regionali. L’area Inclusion dell’associazione ha svolto e continua a svolgere delle attività fondamentali per la realizzazione di questi tavoli.
La formazione manageriale è tra i pilastri della vostra mission. L’ultimo osservatorio di Asfor e Cfmt parla di evoluzioni legate a culture, competenze e mentalità. Quali sono oggi le principali sfide per l’aggiornamento dei direttori del personale?
Attraverso la formazione bisogna mettere a sistema qualità e vocazioni di tutte le persone. L’obiettivo aziendale non deve essere omologare a un modello precostituito, bensì unire, valorizzare e responsabilizzare qualità e idee delle proprie risorse. Mantenendo come imprescindibile la formazione delle persone con skill tecniche, si deve innovare la formazione rispetto alla metodologia (con attività veloci e ludiche) e anche dal punto di vista dei contenuti, più vicini alle necessità aziendali.
In questo Aidp rappresenta sicuramente un anello di congiunzione importante tra le esigenze delle organizzazioni e la formazione stessa. Per questo sono nate l’area Master e Formazione e l’area Pubblica Amministrazione, con lo scopo di recepire i fabbisogni formativi sia delle organizzazioni private sia quelle pubbliche. E offrire supporto concreto attraverso strumenti quali il mentoring, al fine di affiancare la persona aiutandola a crescere. Non dimentichiamo che, secondo il report “Future of Jobs 2020” del World Economic Forum, entro il 2025 la metà della forza lavoro dovrà adeguare le proprie competenze alle trasformazioni in atto.
Le skill sono:
- pensiero analitico e innovazione;
- apprendimento attivo e strategie di apprendimento;
- capacità di risolvere problemi complessi;
- pensiero critico e capacità di analisi;
- reattività, originalità e spirito d’iniziativa;
- leadership e influenza sociale;
- uso di tecnologie, monitoraggio e controllo; progettazione e programmazione tecnologica;
- resilienza, gestione dello stress e flessibilità;
- ragionamento, problem solving e ideazione.
Investire sullo sviluppo di queste competenze può rappresentare un valido strumento per la crescita delle risorse nelle organizzazioni.
Quanto “pesa” in questo contesto la certificazione delle competenze in ambito Human Resources, secondo la Norma UNI 11803:2021, promossa anche da Aidp?
L’area Certificazione delle competenze HR è nata proprio per sottolineare il valore che le competenze ricoprono nella vita professionale di ciascuno di noi. La certificazione ha lo scopo di promuovere e tutelare tutti coloro che, nelle organizzazioni pubbliche e private, si occupano di gestire, sviluppare e valorizzare il rapporto Persona/Lavoro. I principali obiettivi sono quelli di dare una configurazione dei profili HR in termini di attività e competenze, avere una valutazione da un organismo di parte terza della propria professionalità, ottenere un elemento distintivo per migliorare la propria competitività e pianificare una formazione costante e strutturata.
Sempre nell’ambito della certificazione, l’ultimo Congresso ha ottenuto la Certificazione Iso 20121, lo standard internazionale per la sostenibilità degli eventi. Un riconoscimento che ci rende molto orgogliosi. L’Area Responsabilità Sociale e Sostenibilità ha seguito tutto l’iter di certificazione con passione ed energia e speriamo che questo risultato possa avere un effetto moltiplicatore in tutte le organizzazioni che fanno parte dell’associazione.
Sul fronte dei dipendenti, invece, quanto preoccupa il crescente mismatch tra domanda di lavoro e disponibilità di profili adeguati? Avete in tal senso attivato collaborazioni con altre associazioni o realtà educative?
Sicuramente il dialogo tra le associazioni aiuta molto, ma è importante soprattutto instaurare una relazione tra aziende/università e aziende/scuola. Purtroppo, la formazione sulle competenze trasversali è ancora molto indietro. E trovo assurdo che una persona, dopo un percorso universitario o un master, sappia poco e niente di quelle soft skill che rappresentano invece un elemento imprescindibile per chi si affaccia al mondo del lavoro e per chi già ne fa parte. L’area Scuole e Università è nata con l’intento di avvicinare gli studenti al mercato del lavoro e offrire loro tutti gli strumenti per avere una panoramica dettagliata su cosa li attende.
Il suo ruolo professionale e istituzionale le permette di cogliere, con uno sguardo d’insieme, l’attuale situazione della gestione HR nelle aziende italiane. Chi era, un tempo, il direttore del personale e come si comporta, oggi, nell’epoca del lavoro flessibile?
Il direttore del personale è l’unico che può intervenire direttamente sui cambiamenti in corso. É la figura che gestisce e conosce i comportamenti più efficaci per lo sviluppo dell’azienda ed è ancora più cruciale in questo momento caratterizzato dal fenomeno Great Resignation. Secondo la survey dell’Area Ricerche sul tema, il 60% delle aziende sperimenta le dimissioni volontarie e nella maggior parte dei casi (il 75%) queste realtà sono state colte di sorpresa dal fenomeno. Le fasce d’età maggiormente coinvolte riguardano i 26-35enni, il 70% del campione, seguiti dalla fascia 36-45 anni. Si tratta quindi di un fenomeno giovanile, collocato soprattutto nelle mansioni impiegatizie (82%) e nei residenti nelle regioni del Nord Italia (79%).
Ma oggi viviamo anche un cambiamento lessicale che identifica l’evoluzione del job title del direttore del personale. Per esempio, abbiamo le figure di people director, people manager ecc. Pur cambiando le terminologie, sappiamo che si tratta di un ruolo sempre più importante per fronteggiare le sfide del cambiamento e dell’innovazione. Non è più solamente colui che si occupa delle persone, è anche l’unico che può gestire un vero e proprio processo di change management. Il futuro è quello di un direttore del personale che diventa un leader carismatico, in grado di ascoltare le persone, guidarle nel percorso di crescita, stimolarle a valorizzare il proprio talento con strumenti idonei a crescere e migliorare professionalmente.
Chi è Matilde MarandolaGià Presidente di Aidp Campania e Referente dell’Area Responsabilità Sociale, l’attuale Presidente Nazionale Aidp Matilde Marandola è laureata in Giurisprudenza, ha iniziato la sua carriera nel gruppo IRI e poi in consulenza. Classe 1964, si occupa da oltre 30 anni di formazione, selezione, coaching e organizzazione aziendale. Autrice di numerosi articoli sul tema delle risorse umane, attualmente è Fractional People Director in Camomilla Italia e Professore a contratto presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli in materia di “Formazione e Soft Skill”. È Professional and Certified Coach e Amministratore Unico di Reliance Consulting Group. Precedentemente ha ricoperto il ruolo di Fractional HR Director in De Nigris Group. |