di Olga Turrini e Franco Amicucci |
Si è svolta a Roma a fine ottobre la seconda edizione della Biennale della individuazione, validazione e certificazione delle competenze.
Un’iniziativa organizzata dal Cnel e dall’associazione “Officina delle competenze”, durante la quale si è ragionato sullo stato dell’arte e sulle prospettive del sistema di IVC, mettendo a confronto istituzioni (Ministero del Lavoro, Ministero dell’Istruzione, Regioni, Inapp e Anpal), parti sociali, università, studiosi e organismi privati di certificazione.
I temi affrontati hanno analizzato le potenzialità, ma anche le criticità del sistema IVC, con riflessioni e approfondimenti sull’implementazione delle diverse modalità di riconoscimento delle competenze comunque acquisite, sulle relazioni tra sistema pubblico e forme private di certificazione, sul ruolo dell’IVC come risorsa utile sia per affrontare le crisi, sia per stimolare l’innovazione, sul contributo delle tecnologie all’efficienza ed efficacia di procedure e strumenti per riconoscere e valutare le competenze, sul tema delle soft skills e della loro valutabilità.
Un manuale per le competenze
Nel corso dei lavori è stato presentato il volume “Individuazione, validazione e certificazione delle competenze – Diritti e scenari futuri”, edito da Franco Angeli. Il frutto di un lavoro che ha coinvolto a vario titolo i soci dell’Officina delle competenze, associazione nata con lo scopo di promuovere l’IVC e di fornire un contributo a colmare la distanza tra gli obiettivi che hanno ispirato le norme istitutive e la fruizione effettiva delle opportunità che essa consente.
A dieci anni dall’entrata in vigore delle norme, il processo è ancora in corso. Nel testo si ricostruiscono fasi attuative, si forniscono informazioni utili per orientarsi in un sistema complesso, si descrivono esperienze. Con uno sguardo rivolto non solo ai servizi pubblici, ma all’universo dei soggetti coinvolti, a partire dal mondo delle imprese e dei Fondi Interprofessionali.
Un diritto del cittadino
La norma istitutiva sancisce un nuovo diritto del cittadino, volto a ottenere il riconoscimento delle competenze comunque acquisite, per migliorare la propria occupabilità nella società delle transizioni. Un diritto che diventa reale se è reso esigibile attraverso un’offerta di servizi utili e accessibili, sia per coloro che sono in cerca di lavoro, sia per coloro che debbono affrontare i sempre più veloci cambiamenti negli assetti produttivi e organizzativi.
I temi del riconoscimento e della validazione delle competenze hanno visto, dato l’assetto costituzionale delle competenze e delle funzioni, un lungo e tortuoso percorso che, a partire dalla legge n.92/2012, ha portato a una dettagliata definizione dal punto di vista normativo e avviato un intenso lavoro per l’allestimento dei servizi di IVC. I sistemi regionali hanno avuto in questi anni modalità e velocità diverse nell’attuare le norme nazionali: di definizione degli enti titolati allo svolgimento dei servizi di riconoscimento, di definizione e regolazione degli operatori, di posizionamento dei servizi, di comunicazione, di identificazione dei target groups con cui sono state avviate sperimentazioni e pratiche.
Ma dal DM del gennaio 2021, che approva le Linee Guida per l’interoperatività dei sistemi, le Regioni e gli altri soggetti titolari delle funzioni di individuazione, validazione certificazione delle competenze hanno 24 mesi (che stanno per scadere) per allestire i servizi, adeguandoli ai livelli essenziali di prestazioni e agli standard nazionali di sistema e di processo prescritti. Per questo il percorso attuativo ha avuto un’accelerazione.
L’apprendimento permanente, la chiave per le sfide del futuro
Il volume di cui sopra non si ferma tuttavia agli aspetti tecnico-operativi. Tiene costante l’attenzione sull’apprendimento permanente come chiave attraverso cui leggere le sfide a partire da quelle economiche e sociali. Il filo rosso che attraversa la riflessione è costituito dalla convinzione che i processi di apprendimento costituiscano una delle motrici decisive per lo sviluppo e il rilancio di società inclusive, resilienti, capaci di perseguire una ripresa economica duratura e sostenibile.
Con questa chiave, la centralità della persona che apprende diventa la prospettiva attraverso la quale esplorare le linee di policy e i programmi di cui il Paese si sta dotando per guidare e indirizzare gli sforzi verso la ripresa e il rilancio economico e sociale. Una prospettiva che richiede un cambiamento culturale, che ancora fatica a realizzarsi, con il rischio reale che si determinino corto circuiti o, peggio, battute di arresto, che possono compromettere la realizzazione stessa dei processi di riforma. L’apprendimento permanente come diritto fondamentale e la centralità della persona sono principi che, seppur affermati e formalmente condivisi, non informano ancora le politiche e le azioni di tutti gli attori e i relativi sistemi.
La svolta determinata dalla definizione del sistema di IVC, accendendo i riflettori sulla valorizzazione dei risultati dell’apprendimento e la loro spendibilità, di fatto costituisce una “cartina di tornasole” dell’effettiva volontà di mettere al centro delle politiche i processi di apprendimento che le persone realizzano lungo tutto l’arco della vita. Per questo, l’attuazione di quanto previsto per il sistema di IVC impone di mettere al centro delle politiche la qualità dei servizi a supporto dell’apprendimento e, in generale, la qualità dell’offerta di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Fatto rilevante se si considera la notevole quantità di risorse finanziarie introdotte dal Pnrr e dal Fondo Sociale Europeo.
Orientamento e formazione, per dare valore alle competenze
Per riconoscere e dare valore alle competenze che le persone acquisiscono in contesti diversi di apprendimento, occorre che siano rese disponibili opportunità adeguate e realmente accessibili di orientamento e di formazione. Guardare in questa prospettiva al sistema di IVC vuol dire quindi anche riflettere sui margini di flessibilità che occorre adottare nella sua attuazione per evitare che le regole e gli standard definiti per garantirne il funzionamento e la credibilità, elementi minimi di garanzia, creino appesantimenti che portino ad un rifiuto o un’adesione puramente formale.
Ciò che è stato faticosamente definito attraverso un lungo percorso di condivisione istituzionale deve ora confrontarsi con le realtà diverse dei sistemi chiamati a darne attuazione. E a confrontarsi con i cambiamenti che le innovazioni tecnologiche e digitali apporteranno a strumenti operativi e processi di definizione delle competenze. Così inteso, il processo di attuazione del sistema di IVC può costituire una sorta di passe partout attraverso il quale sollecitare e far radicare la consapevolezza della centralità dell’apprendimento, comune denominatore tra politiche e sistemi del lavoro, dell’istruzione e della formazione. È un’opportunità che deve essere gestita con il giusto grado di flessibilità che consente l’apertura ai diversi sistemi e realtà.
Tenendo uno sguardo che vada oltre i sistemi di governance istituzionale e abbracci l’ampio spazio dei soggetti, delle politiche e dei servizi a supporto dell’apprendimento delle persone lungo tutto l’arco della loro vita.
Olga Turrini lavora per l’Officina delle competenze ed è autrice del volume “Individuazione, validazione e certificazione delle competenze. Diritti e scenari futuri”. Franco Amicucci è presidente di Skilla e membro del comitato scientifico dell’Officina delle competenze.