Come si certifica la gender equality

Sono già pienamente operativi gli organismi che Accredia, l’ente nazionale designato dal governo, ha accreditato per lo svolgimento della certificazione della parità di genere

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Tra gli enti accreditati per la certificazione della parità di genere c’è DNV Business Assurance Italy. Ma anche i professionisti, come i consulenti del lavoro, giocano un ruolo importante.

Secondo l’amministratore delegato di DNV Massimo Alvaro: “Siamo noi stessi molto attenti al tema in questione. In azienda la quota femminile è superiore rispetto al totale e abbiamo un codice di condotta che già contempla il rispetto della parità di genere. Come ente avevamo quindi tutte le carte in regola per essere accreditati e abbiamo deciso, la scorsa primavera, di raccogliere anche questa sfida”.

Come funziona l’iter di certificazione della parità di genere e quali sono i costi per le aziende che decidono di farlo?

Massimo Alvaro, ad di DNV per la certificazione della parità di genereLa certificazione si basa sulla Prassi di Riferimento 125, contenente requisiti che noi stessi, come ente di accreditamento, dobbiamo rispettare. Tra questi vi è innanzitutto la definizione di una chiara e visibile politica di parità di genere, la presenza di un gruppo che, all’interno dell’azienda, si occupi della parità e un budget di spesa destinato a questo ambito. La parte rilevante della Prassi riguarda l’adozione di specifici Kpi (Key Performance Indicator) inerenti alle politiche di parità di genere in sei aree di valutazione. Ai quali viene assegnato un punteggio che, ai fini della certificazione, deve raggiungere almeno i 60/100. Non si tratta, di verificare semplicemente una lista di requisiti, ma di fotografare la situazione e valutare che il sistema di gestione implementato dall’azienda sia adeguato a migliorare, laddove necessario, la parità di genere.

Per quanto riguarda l’iter, all’audit iniziale seguono verifiche prima annuali e poi triennali, mentre i costi per l’azienda sono calcolati in base alle giornate di audit necessarie. Siamo nell’ordine delle migliaia di euro (variabili a seconda della tipologia di azienda, della grandezza ecc.) ma c’è anche la possibilità di attingere a finanziamenti messi a disposizione da Unioncamere per le attività di consulenza e di certificazione.

Quante aziende si sono già certificate? C’è interesse o molte la reputano un “di più” che può attendere?

Al momento le aziende che stiamo seguendo, tra certificati già emessi, in fase di verifica e in fase di rilascio, sono una decina, in prevalenza aziende già clienti DNV. Sono però molto ottimista sul futuro e credo fermamente che sulla parità di genere si lavorerà con sempre maggiore slancio, anche per raggiungere l’obiettivo europeo di incrementare del 5% l’occupazione femminile entro il 2026.

È vero che, in molti casi, nonostante le aziende abbiano buone intenzioni, spesso la strada nel concreto può essere un po’ lunga, perché per arrivare alla certificazione sulla parità, devi metterla in pratica davvero. Non si può non considerare, inoltre, che in uno scenario critico come quello attuale le priorità per molte organizzazioni possono essere anche altre. Tuttavia, penso che nei prossimi mesi assisteremo a un’accelerazione e nel 2023 raggiungeremo numeri importanti nelle certificazioni.

Opportunità preziosa per i consulenti del lavoro

Matteo BodeiMatteo Bodei è un consulente del lavoro che supporta, in qualità di esperto, un ente accreditato per la certificazione della parità di genere. “Le aziende che vedono nella certificazione di parità un fattore positivo di diversificazione sul mercato sono le prime a intraprendere il percorso per certificarsi”, dice Bodei.

Ma non è corretto ridurre il discorso della certificazione a un beneficio di immagine. “Il percorso che si intraprende per ottenere la certificazione è un’opportunità importante anche per mappare i processi interni all’azienda, il suo modo di comunicare verso l’esterno, a cominciare dalla pubblicazione degli annunci di lavoro, e le prassi in uso nei rapporti con l’esterno. Un’organizzazione deve infatti vigilare anche sui rischi di discriminazione ai quali il personale femminile può essere esposto nel rapporto con clienti e fornitori”. Bodei tiene a sottolineare che la certificazione della parità di genere offre all’impresa diversi vantaggi. “Oltre a beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalla legge, l’impresa che si certifica prende coscienza di eventuali dinamiche che impediscono la piena espressione della propria componente femminile. Correggendole, può eliminare alcune cause di frustrazione che limitano il benessere e l’efficienza delle donne, e non solo, in azienda”.

Il discorso sulla parità implica però un’opera di sensibilizzazione che va al di là del mero rispetto di una norma o della possibilità di beneficiare di un meccanismo di premialità. “I tempi sono maturi per diffondere un modello culturale diverso da quello tradizionale, nel quale i carichi familiari gravano essenzialmente sulla donna. Se anche gli uomini rivestissero un ruolo più marcato nella cura della famiglia, si raggiungerebbe un equilibrio positivo per entrambi i sessi”.


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