La vita? La affronto a vele spiegate

Marco Rossato è stato il primo velista paraplegico a circumnavigare l’Italia in solitaria a bordo di un trimarano. Dalle sue imprese sportive, ma anche dal suo lavoro di istruttore di vela per persone con disabilità e divulgatore di cultura marinara, una lezione di vita vera sul tema dell’anti-fragilità

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Marco Rossato

di Virna Bottarelli |

Della sua prossima impresa sportiva non può anticipare nulla, ma di tutto ciò che ha realizzato fino ad ora parla con la lucidità e l’umiltà di chi sa affrontare anche le situazioni più complicate. Contando su una forza di volontà fuori dal comune: è Marco Rossato, vicentino che, dopo avere trovato nel mare una nuova ragione di vita, è stato il primo velista paraplegico a circumnavigare l’Italia in solitaria.

“Ho conosciuto la vela nel 1998, durante un viaggio a Cuba. Un’uscita in catamarano è bastata per farmi innamorare del mare e della navigazione, nonostante fossi sempre stato più un ragazzo di terra, con una grande passione per i motori”, racconta. Proprio in moto Marco Rossato ha un grave incidente nell’ottobre del 2001: “In una galleria a Tonezza del Cimone, nel Vicentino, ho perso il controllo del mio mezzo andando a impattare in modo violento con la parete della montagna. Ho subito un danno permanente agli arti inferiori ed è iniziato per me un nuovo percorso di vita in carrozzina”.

Il recupero, fin dalla lunga degenza in ospedale, è molto impegnativo, mentalmente e fisicamente. Ma con grande forza di volontà Rossato si riattiva e ricomincia a praticare sport. Quale? La vela, ovviamente. “Mi sono riattivato e ho scoperto, grazie alla Scuola Vela di Navigazione Sabaudia, che anche senza poter contare sull’uso delle gambe potevo essere un velista”. Da qui, all’inizio degli anni Duemila, inizia la sua seconda vita.

Da Vicenza a Sabaudia, quindi, per amore della vela e per riprendere in mano la tua vita. E poi, da Sabaudia, di nuovo in Veneto…

La Scuola Vela di Sabaudia aveva varato nel 1997 una barca utilizzabile da persone con disabilità motoria: il Tornavento. Il suo ideatore, Luigi Zambon, scomparso nel 2019, la fece costruire perché voleva che tutti potessero avere la possibilità di governare una barca a vela, anche chi non poteva alzarsi in piedi. Quell’imbarcazione ha quindi anche un grande valore simbolico, perché è uno strumento che consente a chi ha difficoltà di movimento di riconquistare autonomia e autostima, proprio grazie allo sport e alla vita in mare.

A Sabaudia sono diventato non solo allievo ma anche grande amico di Luigi, che per me è stato una fonte di ispirazione. Nel 2003 sono stato Tester di un Sailing Yacht di 12 m e nel 2005 ho partecipato come skipper agli IFDS World Championship Class Liberty Single Person. Posizionandomi settimo su 22 partecipanti. Sono poi tornato in Veneto con l’idea di avviare una mia scuola di vela. Ho così investito i miei risparmi in due barchini accessibili, un gommone e un carrello e ho cercato un luogo dove poter aprire una mia attività di istruttore di vela e navigazione per disabili.

Nel 2018 hai circumnavigato l’Italia in solitaria: che cosa ti ha spinto a tentare l’impresa e a portarla a termine con successo?

Quando ho compiuto quarant’anni, nel 2014, ho iniziato a maturare l’idea di realizzare qualcosa di unico, che nessuna persona con disabilità avesse mai tentato: il Giro d’Italia in barca a vela in solitaria. Ho lavorato al progetto nei minimi dettagli, dalla ricerca della barca che potesse essere adatta a me e a questo tipo di viaggio, alla definizione di un itinerario a tappe più o meno lunghe, che potessero essere sostenibili dal punto di vista fisico. Ho scelto un trimarano multiscafo, un’imbarcazione molto veloce che mi consentiva di ridurre le ore di navigazione, e il 22 aprile 2018 sono salpato da Venezia.

A bordo con me c’era il “Comandante Muttley”. Il mio cane, che già dal 2017 portavo con me a incontrare i ragazzi delle scuole facendo campagne di sensibilizzazione sull’ambiente e dando qualche infarinatura di cultura marinaresca. Dopo circa un mese ho raggiunto il porto di Brindisi, dove con mia grande gioia sono stato accolto addirittura dall’inchino di una nave della Guardia Costiera. E a fine maggio sono approdato a Leuca, ultima tappa del Mare Adriatico. Poi la Calabria, Maratea, la Costa Amalfitana, Napoli, il Circeo, Anzio, Civitavecchia, l’Argentario, Piombino, Livorno, Viareggio, dove la Capitaneria di Porto mi ha rilasciato il Certificato di Marinaio d’Italia, un’onorificenza di cui sono molto orgoglioso. E, infine, Genova, a conclusione di un viaggio durato cinque mesi.

Che cosa ti è rimasto di quell’esperienza e che cosa puoi trasmettere alle persone che nel loro percorso, di vita e lavorativo, si trovano ad affrontare delle difficoltà, grandi o piccole che siano?

Sicuramente è rimasta in me la grande soddisfazione di avere portato a termine un progetto nel quale non tutti credevano. Per quanto riguarda le difficoltà che si possono incontrare nella vita, ho la fortuna di essere stato cresciuto in una famiglia che mi ha trasmesso il valore dell’impegno quotidiano e mi ha insegnato a contare sempre e solo sulle mie forze. Forse anche per questo, paradossalmente direi, attribuisco un significato positivo a quanto mi è successo. A differenza di tante persone disabili che ho visto deprimersi e scagliarsi contro il destino, mi reputo fortunato perché è grazie alla mia disabilità che ho potuto conoscere un mondo fatto di persone meravigliose, che in una vita da normodotato non avrei probabilmente potuto incontrare e apprezzare. Il messaggio che vorrei trasmettere è che i limiti sono nella nostra testa, che nulla è impossibile.

Possiamo dire che la tua è una vera esperienza anti fragilità?

Credo proprio di sì: ho subìto un evento traumatico e l’ho fatto mio per evolvere, per migliorarmi. Recentemente ho anche collaborato con una società di digital learning, Piazza Copernico, e un’associazione culturale, Olimpyus, alla realizzazione di un progetto formativo proprio su questo tema.

Sono la voce narrante di quattro episodi costruiti sulle storie di vari personaggi che devono affrontare situazioni di caos, stress, rischio, errore, in cui un atteggiamento anti-fragile può fare la differenza per migliorare, apprendere, evolvere. Sono tutti esempi di come la realtà, a volte, ci pone dei limiti, ma, se siamo curiosi di cambiare e accettare le sfide e contempliamo comunque anche la possibilità del fallimento, possiamo cogliere da quelle situazioni critiche delle opportunità.

Credo che la mia storia dimostri come dall’imprevedibile si possano trarre occasioni di crescita, sviluppo e apprendimento.

Chi è Marco Rossato

Nato a Vicenza nel 1974, dopo avere lavorato nei settori della ristorazione e dell’abbigliamento, Marco Rossato avvia una propria attività tecnico-commerciale nel settore fotovoltaico. A 24 anni scopre il mondo della navigazione: durante un viaggio a Cuba fa la sua prima uscita a bordo di un catamarano e scatta la scintilla per la vela. Velista di livello agonistico e istruttore, dal 2005 al 2017 è fondatore e presidente di Sailability Onlus.

Nel 2017 fonda I Timonieri Sbandati, un’associazione sportiva dilettantistica con base nautica al Porto di Viareggio, che promuove l’accessibilità nello sport e in particolare nella vela. Dal 2018 al 2020 è presidente della Classe Paralimpica Hansa 303. Ha partecipato a diverse regate, conquistando un terzo posto nella competizione Vele Storiche di Viareggio 2019. Nel libro “Cambio rotta” ha raccontato i suoi cinque mesi di circumnavigazione dell’Italia in solitaria.

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