di Laura Reggiani |
“Nel 2022 abbiamo registrato un netto miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Il tasso di occupazione nel secondo trimestre dell’anno si è portato al 60,2%, che rappresenta il suo massimo storico e parallelamente si è osservato l’aumento del tasso di attività e la diminuzione del tasso di disoccupazione, sceso all’8.1%. Tuttavia, il miglioramento dei macro-indicatori relativi all’occupazione ha anche una radice non particolarmente positiva. Vale a dire l’abbassamento del parametro di riferimento costituito dalla popolazione in età lavorativa. Nell’ultimo anno abbiamo assistito a un vero e proprio paradosso: cala la disoccupazione, ma aumenta il ‘mismatch’, cioè lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. La buona notizia viene dalle prospettive occupazionali del Pnrr che produrrà circa 4,5 milioni di posti di lavoro. Bisogna con urgenza intervenire sulla formazione delle competenze degli adulti che già lavorano e soprattutto dei giovani”.
È quanto ha affermato il presidente Tiziano Treu alla presentazione del “Rapporto 2022” del Cnel sul mercato del lavoro avvenuta a Roma, alla presenza del viceministro al lavoro Maria Teresa Bellucci, con gli interventi di Nicolas Schmit, commissario UE per il lavoro e i diritti sociali e Paolo Sestito, capo del dipartimento Pianificazione, Organizzazione e Bilancio della Banca d’Italia.
Il commento politico
“La coesione della maggioranza a sostegno del Governo Meloni è una solida base su cui costruire serie politiche del lavoro di lungo periodo. Dobbiamo incidere sulla disoccupazione giovanile e sugli oltre 3 milioni di Neet al fine di includere il capitale umano che è escluso dal mercato del lavoro. Attorno al Reddito di Cittadinanza si sta generando una pesante disinformazione, siamo consapevoli della necessità di combattere la povertà, ma questo obiettivo necessita di strumenti dedicati. Il sostegno al reddito privo di interventi di inclusione sociale e supporto dell’autonomia è mero assistenzialismo. La nostra riforma poggerà sulla rete che rimette al centro l’azione degli enti locali e del Terzo Settore nella protezione dei più fragili. Nell’ambito delle politiche attive del lavoro, l’ecosistema del Reddito di Cittadinanza ha fallito i suoi obiettivi in termini di politiche attive del lavoro, poiché è stato incapace di garantire l’incontro tra domanda e offerta e la formazione del disoccupato. Questo esecutivo non sottrarrà tutele a chi ha bisogno di welfare, ma ridare dignità a chi, a causa della propria condizione lavorativa, rischia di sentirsi emarginato o scoraggiato. Un’Italia che non è in grado di valorizzare il capitale umano è una Nazione che non ha futuro, questo governo, le cui linee programmatiche sono chiare, ha intenzione di invertire la rotta e dare ai cittadini l’opportunità di realizzarsi, senza trascurare i fragili e coloro che non sono rioccupabili”, ha dichiarato invece il viceministro Maria Teresa Bellucci.
Uno scenario preoccupante
“La parziale riduzione della disoccupazione si accompagna a un ampio ricorso a varie forme di orario ridotto, non solo casse integrazioni, pure in calo, ma anche l’ampia presenza di part time spesso involontario. Si è modificato il concetto di disoccupazione. Inoltre, permangono disparità nelle opportunità di lavoro, soprattutto per le donne, ancora troppo penalizzate. La ripresa occupazionale ha avvantaggiato relativamente i lavoratori più giovani, ma con andamenti distinti a seconda dei livelli di istruzione, a favore dei soggetti con alti livelli di scolarizzazione (anche per il contributo del lavoro a distanza che avvantaggia le categorie più istruite), mentre le donne restano ancora penalizzate. Dopo aver recuperato già nella seconda metà del 2021 i livelli pre-crisi, il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni nel secondo trimestre è aumentato del 3,8% rispetto al quarto trimestre del 2019 (+196mila), un ritmo d’espansione quasi triplo di quello dell’occupazione totale (+0,5%). Il tasso di occupazione dei più giovani ha così raggiunto il 44,2%, valore che non si registrava dall’inizio del 2012”, si legge nel Rapporto del Cnel.
“Il mercato del lavoro sta comunque mostrando una sostanziale tenuta, con il numero di occupati che si mantiene sopra i 23 milioni. Nel secondo trimestre l’aumento su base annua è stato del 2,8% (+637mila persone) il livello dell’occupazione è così ritornato sui valori antecedenti la pandemia. Cala, dunque, la disoccupazione ma il fenomeno del mismatch tradomanda e offerta è preoccupante. Nei primi nove mesi del 2022, su quasi 420mila nuove assunzioni mediamente previste, 170mila (40,3%) risultano di difficile reperimento. Nello stesso periodo del 2019, tale quota si attestava al 28,2%. Le pressioni inflazionistiche, inoltre, stanno avendo un impatto significativo sul potere d’acquisto dei salari. I lavoratori italiani stanno cioè sostenendo un costo sproporzionato a causa degli aumenti dei prezzi”.
Aumentano le vacancies
Proseguendo nell’analisi del rapporto del Cnel si evidenzia che, da ormai quasi un decennio la popolazione italiana sta diminuendo e ciò vale anche per il segmento della popolazione in età lavorativa (15-64 anni), sceso sotto i 37,5 milioni di residenti (all’inizio dello scorso decennio superava i 39 milioni). Di conseguenza il miglioramento degli indicatori è esito non solo della crescita degli attivi o degli occupati ma anche del calo della popolazione. Tale crollo è causato dal calo delle nascite registrato nell’ultimo mezzo secolo e dal contemporaneo invecchiamento dei baby-boomer, che stanno raggiungendo l‘età pensionabile.
Negli ultimi vent’anni l’impatto del calo demografico sull’offerta di lavoro era stato in parte compensato dall’aumento della partecipazione al mercato del lavoro delle donne. Le più gravi criticità relative all’incontro fra domanda e offerta si manifesteranno soprattutto per le professioni tecniche legate alla transizione digitale e per le professioni nei settori della sanità e dei servizi sociali. Si stima che, grazie dal Pnrr, tra il 2022 e il 2026 il mercato del lavoro italiano potrà avere bisogno di oltre 4 milioni di lavoratori. Rispetto alle professionalità richieste dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione, oltre il 60% del fabbisogno nel quinquennio riguarderà il possesso di competenze “green”.
Il mercato del lavoro sarà dunque investito da una profonda trasformazione in chiave di sostenibilità, coinvolgendo in maniera trasversale i settori e le professioni. In tale quadro, le maggiori criticità relative all’incontro tra domanda e offerta si manifesteranno in un ventaglio di professionalità caratterizzate da un elevato grado di difficoltà di reperimento. Medici, infermieri, fisioterapisti, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, che saranno essenziali per la riorganizzazione e implementazione della rete di assistenza sanitaria territoriale, tra gli obiettivi della missione Salute del Pnrr.
Analoga difficoltà si prevede anche per professioni cruciali per gli avanzamenti nei processi di innovazione tecnologica e transizione digitale. Quali specialisti in scienze matematiche e informatiche, tecnici informatici, ingegneri e tecnici in campo ingegneristico. Per queste figure si può ipotizzare che se non aumenterà l’offerta cresceranno le criticità nel loro reperimento nel mercato del lavoro, e si potranno verificare dei rallentamenti nell’implementazione delle missioni del Pnrr per la mancanza di forza lavoro.
L’impatto del Pnrr sull’occupazione
Un fattore di contesto decisivo per la ripresa della crescita dell’economia e dell’occupazione sarà proprio il Piano nazionale di ripresa e resilienza. La cui effettiva attuazione sarà determinante anche per dare sostegno alle prospettive apertesi per la ripresa e per la occupazione. Il successo della strategia delineata dal Pnrr dipende infatti dall’attuazione, simultanea e sinergica, del “Programma Gol”, del “Piano per il potenziamento dei Centri per l’impiego” e del “Piano Nuove Competenze”.
A questo proposito preoccupano, ad esempio, le difficoltà e i ritardi che si riscontrano nell’attuazione del Piano di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Da segnalare anche che i settori in cui le donne sono meno presenti sono proprio quelli in cui gli investimenti e il peso finanziario del Pnrr sono più rilevanti.
L’esperienza del Reddito di Cittadinanza
Emerge sempre dal Rapporto del Cnel che il Reddito di Cittadinanza va modificato, ma non va abolito. L’esperienza che deriva dai primi anni di attuazione permette infatti di individuare quali interventi potrebbero contribuire a migliorare il perseguimento degli obiettivi fissati dalla legge. In base ai più recenti dati, che fotografano la situazione al 30 giugno 2022, poco più di 900mila beneficiari del Reddito di Cittadinanza risultano indirizzati ai servizi per il lavoro.
Di questi, il 27% è considerato “vicino al mercato del lavoro”, ma solo il 13% ha un’esperienza lavorativa relativamente recente. Questo significa che il 73% dei beneficiari è lontano dal mercato del lavoro. Dei 660.00 beneficiari tenuti alla stipula del patto per il lavoro, quelli effettivamente presi in carico dai Cpi (ovvero che hanno stipulato il Patto, o sono impegnati in esperienze di tirocinio curriculare), sono il 42,5%. E si tratta di individui molto fragili, con bassissimi livelli di scolarizzazione.
Poco tutelato il lavoro autonomo
In Italia, il numero dei lavoratori autonomi liberi professionisti si attesta intorno a 1 milione e 430mila, con un aumento di circa 280mila professionisti nell’arco di un decennio. La crescita in termini numerici del comparto professionale traina anche la quota di prodotto interno lordo ascrivibile al settore, che è pari al 12,2% del Pil nazionale.
Il modello di welfare e protezione sociale sviluppatosi in Europa nel corso del Novecento presenta incongruenze e squilibri rispetto a una realtà sociale profondamente mutata. Una consapevolezza che la pandemia e la crisi economica che ne è derivata hanno reso ancora più evidente. Mettendone a nudo i limiti strutturali, derivanti dall’esclusione dalle tutele ordinarie di una platea vastissima di lavoratori, che hanno costretto lo stato a interventi di carattere straordinario che hanno gravato sulla finanza pubblica.
Lavoro poco qualificato per gli immigrati
La quota di immigrati sul totale della forza lavoro di età compresa tra 25 e 55 anni è passata dall’11% del 2009 al 16% del 2020. Gli immigrati hanno tassi di occupazione, disoccupazione e inattività non molto lontani da quelli degli italiani. Tra gli uomini la disoccupazione riguarda il 7,5% degli italiani e l’11,3% degli stranieri, e anche per le donne la differenza è simile. Sono in cerca di un’occupazione il 7% delle donne italiane e il 10% delle immigrate.
Un dato negativo riguarda invece l’inattività che è particolarmente elevata tra le donne, sia italiane (35%) sia straniere (40%). Gli immigrati che lavorano tendono a concentrarsi nei contesti economico-sociali più dinamici, dove l’occupazione è più elevata anche per gli italiani. L’elevata occupabilità degli immigrati è riconducibile all’ampia richiesta di lavoro flessibile, poco qualificato, e a basso costo, che contraddistingue il mercato del lavoro italiano. Ne consegue un’elevata concentrazione dei lavoratori stranieri in specifici settori occupazionali nelle aree che si caratterizzano per una maggiore richiesta di lavoro scarsamente qualificato.
Gli immigrati uomini si concentrano nel settore agricolo, in quello edile e nel settore alberghiero e della ristorazione. Le donne straniere sono invece più presenti nel settore alberghiero e della ristorazione ma, soprattutto, in quello dell’assistenza domestica e di cura della persona. La quota di immigrate occupate nel settore della cura è il 42,7% del totale, mentre tra le italiane tale quota è pari al 7,3%.
L’inclusione delle disabilità
Per la prima volta, il Rapporto del Cnel ha dedicato un approfondimento alla situazione lavorativa dei disabili. Nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni risulta occupato il 32,2% dei disabili a fronte del 59,8% dei normo dotati. Il rovescio della medaglia, ovvero i numeri della disoccupazione, mostrano che le persone con limitazioni gravi in cerca di occupazione sono il 18,1% (21,2% dei i maschi e 15,1% delle femmine). Una percentuale lievemente superiore rispetto alle persone senza limitazioni (14,8%).
La distanza tra la popolazione con e senza limitazioni si amplia nelle fasi centrali della vita: è disoccupato il 26,1% delle persone con limitazioni gravi di 25-44 anni contro il 18,5% della popolazione senza limitazioni nella stessa fascia di età.
CONTRATTI DI LAVORO: QUALCHE NUMERODei 946 Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro registrati nell’Archivio del Cnel, quelli sottoscritti da categorie associate a Cgil, Cisl e Uil sono 208 (22%) e coprono il 97,1% dei lavoratori. Quelli sottoscritti da categorie associate a Ugl, Cisal, Confsal o Ciu (esclusi i Ccnl che le prime tre organizzazioni sottoscrivono per adesione o in firma separata con Cgil, Cisl e Uil) sono 407 (43%). Nel 2022 l’Archivio Nazionale dei contratti ha registrato due importanti novità: l’entrata in vigore definitiva della legge istitutiva del Codice unico dei contratti e l’accordo con il Ministero del lavoro sull’accesso alle informazioni sui contratti tramite l’Archivio Cnel (DL 104/2022). |