di Andrea Di Tommaso |
Il termine competenza è ormai ricorrente nel linguaggio comune, generalmente utilizzato per indicare una profonda conoscenza di una specifica materia, l’autorità in un certo ambito o, con significato più ampio, la capacità di agire efficacemente in una situazione.
Il Decreto Legislativo 16.1.2013, n. 13, attraverso il quale il legislatore ha delineato le norme generali e stabilito i livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali, nonché degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione, presenta invece una più tecnica definizione di competenza che consente di comprendere meglio i tratti di un processo creato con l’obiettivo di tutelare e incentivare l’apprendimento in tutte le sue diverse forme. Viene infatti definita competenza “la comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale”.
Il sistema di certificazione
Analizzare la definizione appena citata consente di rilevare e sottolineare tre aspetti attorno ai quali ruota il sistema di certificazione delle competenze che, da più di un decennio, si sta faticosamente tentando di costruire. Occorre innanzitutto prendere in esame il riferimento al contesto di esercizio. Perché si possa parlare di competenza, non è infatti sufficiente l’applicazione di particolari conoscenze e abilità, ma che questa capacità sia “situata” ossia strettamente legata alla partecipazione di un soggetto all’interno di un contesto e all’interazione con gli altri membri e la situazione circostante.
L’importante novità, che ha cambiato radicalmente il concetto classico di conoscenza, è averla sottratta alla dimensione dell’astrazione per trasformarla nel risultato di un processo sociale caratterizzato da un insieme di variabili. Non più apprendimento inteso come una serie di contenuti e nozioni, ma come capacità di sviluppare processi mentali che consentano di tradurre la conoscenza in azione. Ciò non basta. Nella definizione di competenza queste conoscenze e abilità vengono descritte come un insieme strutturato.
Per comprendere il perché di questa specificazione è fondamentale ricordare che, attraverso un percorso che parte dalla costituzione del “Repertorio Nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali”, che passa per l’istituzione del “Quadro Nazionale delle Qualificazioni Regionali”, e quella successiva del “Quadro Nazionale delle Qualificazioni” e dell’”Atlante del Lavoro e delle Qualificazioni”, è stato costruito un sistema finalizzato a referenziare le qualificazioni italiane all’EQF. E a consentire contestualmente il riconoscimento reciproco tra qualifiche regionali. Uno dei risultati di questo processo è stata la costituzione di precisi riferimenti standard, i cosiddetti profili professionali. Strutturati a loro volta in unità minime precisamente individuabili (le unità di competenza), che hanno consentito la creazione di un linguaggio comune su cui fondare il sistema di certificazione.
Il ruolo dell’Atlante del lavoro
L’unità di competenza, laddove standardizzata, presente in un Repertorio Regionale e quindi riconoscibile, è stata scelta come elemento minimo certificabile all’interno del processo. La riconoscibilità è strettamente connessa alla strutturazione e questo legame aiuta a comprendere meglio la definizione proposta di competenza. Una particolare prestazione lavorativa è garantita non dall’interazione di conoscenze e abilità casuali, ma da una precisa combinazione di specifiche conoscenze e abilità. Il prezioso contributo dell’Atlante del lavoro è però più complesso e profondo e non si esaurisce alla creazione di un linguaggio comune, ma si ricollega al concetto di competenza situata a cui accennato precedentemente.
L’Atlante, descrivendo i contenuti del lavoro in termini di attività, di prodotti e servizi potenzialmente erogabili nello svolgimento delle stesse, è l’espressione della volontà di definire il contesto in cui una particolare competenza è situata.
Un supporto alla progettazione formativa
La presenza di un linguaggio comune e l’istituzione dell’Atlante hanno rappresentato un importante supporto alla progettazione formativa. Permettendo ai professionisti del settore di costruire un’offerta didattica riconducibile a competenze riconosciute a livello nazionale e parti integranti di uno o più profili professionali. Tutto ciò con il risultato di garantire non solo una maggiore spendibilità degli apprendimenti acquisiti, ma la possibilità di integrarli e/o certificarli fino ad ottenere una specifica qualifica. In ultima istanza, non va dimenticato che il processo di IVC (servizio di certificazione delle competenze) è volontario e che i primi ad essere interessati dalle novità del D.Lgs. 13/2013 sono i cittadini.
Fatta questa premessa, è possibile riprendere le ultime parole della definizione di competenza proposta: l’acquisizione in contesti di apprendimento formali, non formali e informali. La creazione di un linguaggio comune fondato sulla standardizzazione e sul concetto di competenza così come delineato fino ad ora ha esteso gli orizzonti degli apprendimenti conseguiti e certificabili. Se in passato l’attestazione/certificazione in esito a percorsi formativi era l’unico espediente per comprovare il possesso di un particolare set di competenze, con il sistema IVC ha acquisito valore l’esperienza, il “saper fare” consolidato anche in contesti informali.
È così che, ad esempio, l’addetto ai conti dell’azienda di famiglia, rivolgendosi a un Ente titolato, fornendo tutte le evidenze della propria esperienza in materia contabile, esplicitando le proprie competenze e riconducendole in maniera chiara a quelle riconosciute (standardizzate) per il tecnico contabile nella Regione Lazio, potrà vedersi riconosciuti crediti formativi per l’accesso a un corso formale o andare in certificazione per ottenere una qualifica professionale. Il risultato è la possibilità per chiunque abbia acquisito, in qualsiasi contesto, competenze riferite a qualificazioni ricomprese in un repertorio regionale, di vederle riconosciute.
Le criticità del processo di certificazione
È doveroso segnalare che le criticità di questo processo, ancora lontano dall’essere pienamente rodato, sono numerose. Quello che va dall’individuazione alla certificazione di un’unità di competenza o un’intera qualifica, è innanzitutto un servizio oneroso, senza certezza di risultato e particolarmente complesso dal punto di vista burocratico. Non si può inoltre non sottolineare che quello presentato è un sistema ancora lontano dall’espressione del proprio pieno potenziale. Solo nel 2021, con l’emanazione delle “Disposizioni per l’adozione delle Linee guida per l’interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze” si è data operatività al SNCC.
Alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, ad esempio, sono state forniti precisi strumenti e disposizioni in materia di individuazione e validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni rilasciate nell’ambito dei rispettivi spazi di azione. Ciononostante, lo stesso decreto concedeva ulteriori ventiquattro mesi per l’adozione degli atti di regolamentazione per i propri ambiti di titolarità agli Enti titolari ancora sprovvisti di un quadro regolamentare conforme agli standard minimi di servizio e ai livelli essenziali delle prestazioni del SNCC. Altre tappe si stanno succedendo: esemplificativamente, la deliberazione della Giunta Regionale n. 376 del 31/05/2022 nel Lazio che ha approvato le Linee guida per la messa a regime dei servizi di individuazione, validazione e di certificazione delle competenze acquisite in contesti non formali ed informali e individuato gli ambiti di sperimentazione.
L’augurio è quello si possa garantire a breve, alleggerendo alcuni aspetti burocratici e fornendo maggiori responsabilità agli Enti titolati, una completa comprensione del processo e una sua più fluida attuazione.
Andrea Di Tommaso è direttore operativo di Mentora srl, Ente accreditato dalla Regione Lazio per i servizi legati a lavoro, formazione e orientamento e titolato all’erogazione di servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze.