Il bilancio provvisorio dell’Inail relativo agli infortuni sul lavoro nel 2022 delinea un incremento del 25,7% rispetto al 2021 e dell’8,7% rispetto al 2019, mentre aumentano anche le malattie professionali, tornate ai livelli pre-pandemia.
Prima della relazione definitiva sul quinquennio 2018-2022, il periodico Dati Inail approfondisce infatti i numeri provvisori dell’ultimo anno. A livello nazionale si registra un incremento rispetto al 2021 sia dei casi avvenuti durante l’attività lavorativa (+28,0%) sia di quelli in itinere (+11,9%). Calano invece del 10% i decessi, per il minor peso delle morti da contagio da Covid-19, a cui si contrappone però il contestuale incremento dei decessi in itinere.
In questo scenario, le istituzioni, le imprese, il mondo della ricerca, i player della finanza e l’innovazione tecnologica – che passa soprattutto attraverso i processi di trasferimento tecnologico – stanno ridisegnando una nuova funzione di sicurezza attiva della persona. Evoluzione possibile solo attraverso la costruzione di una rete di eccellenze che unisce ricerca, università e mondo produttivo. Verso la proposta di soluzioni concrete per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Cosa si intende per trasferimento tecnologico
Tra i tasselli fondamentali in questa evoluzione c’è il trasferimento tecnologico. Ossia il processo di trasferimento di know-how, competenze, risultati della ricerca scientifica pubblica e privata verso il mondo dell’industria e dell’impresa. Un processo attraverso il quale tecnologie, metodi di produzione, prototipi e servizi sviluppati da governi, università, aziende, enti possono essere resi accessibili a un’ampia gamma di utenti.
Se guardiamo alla definizione Treccani, invece, con tale espressione si fa riferimento ad argomenti nuovi rispetto al mondo dell’industria. Un insieme di attività svolte dai centri di ricerca, finalizzate alla valorizzazione, alla protezione della proprietà intellettuale, al marketing e alla valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica. Le parole di Geoffrey Nicholson, fondatore di Post-it 3M, ci dicono invece che la ricerca trasforma il denaro in conoscenza, il trasferimento tecnologico trasforma la conoscenza in valore.
Quali sono i passaggi fondamentali di questo processo? Gli elementi cardine che caratterizzano il Tech Transfer sono quattro: sviluppo, tecnologia (prodotto), multidisciplinarietà e comunicazione. In una nuova prospettiva, si considera qundi il trasferimento tecnologico come uno specifico trasferimento di sapere che dipende dalle modalità in cui imprese e altre istituzioni gestiscono la conoscenza. In particolare attraverso la co-evoluzione, le capacità di assorbimento e le strategie di trasmissione della conoscenza (modello di business).
Come avviene il processo in 5 punti
Come viene, quindi, trasferita la conoscenza? Attraverso il processo di IP LifeCycle Management che accompagna il ricercatore e l’industria in tutto il percorso di creazione dell’innovazione. Focalizzandosi su come il contenuto tecnologico possa arrivare sul mercato.
Ciò è possibile solo attraverso un percorso strutturato:
- individuazione del bisogno, comprendendo quali sono le logiche della valorizzazione e della protezione;
- analisi della soluzione;
- valutazione di protezione;
- protezione della soluzione;
- valorizzazione.
Il ruolo del tech transfer
Il ruolo del trasferimento tecnologico ci permette di passare da una società manifatturiera a una società della conoscenza. E di raggiungere, realmente, livelli sempre più ambiziosi di eccellenza tecnologica. Il trasferimento di risultati scientifici, sviluppati nei nostri centri di ricerca, nel mondo industriale, ricopre un ruolo fondamentale nelle strategie nazionali di sviluppo economico. Rappresentando uno strumento di politica industriale fondamentale per coprire il divario di innovazione esistente tra Italia e altri paesi europei. Il trasferimento tecnologico è, quindi, un processo di crescita tecnologica e industriale che dobbiamo strutturare sia a livello nazionale sia negli ecosistemi europei.
Modelli virtuosi
Tra i modelli più virtuosi troviamo la Francia. In 10 anni ha investito 77 miliardi e ha creato un sistema di trasferimento tecnologico con una struttura paese composta da 13 società. Ha formato 650 esperti e ha creato negli anni ben 672 spin off della ricerca che in 10 anni hanno raccolto più di 1 miliardo di euro. In Gran Bretagna, invece, esistono 4000 esperti di tech transfer. Mentre negli Usa il contributo al GDP (Gross Domestic Product) americano è stato di 865 miliardi di dollari con quasi 6 milioni di posti di lavoro creati.
L’Italia è posizionata molto bene dal punto di vista delle eccellenze e delle competenze interne ma la strada è ancora lunga. Il Pnrr (Missione 4 “Istruzione e ricerca”) prevede che vengano stanziati oltre 11 miliardi a supporto del trasferimento tecnologico.
Attraverso:
- 11 ecosistemi di innovazione;
- 5 centri nazionali;
- 14 partenariati estesi;
- 30 infrastrutture di ricerca e innovazione tecnologica.
C’è, inoltre, un ecosistema emergente di fondi privati di Venture Capital che sta emergendo, come Deep Blue Ventures (primo fondo gestito da Deep Ocean Capital SGR SPA nel Deep Tech con focus su AI).
Trasferimento tecnologico: cosa possono fare le istituzioni
Istituzioni come l’Inail, infine, possono essere considerate un role model, essendo già da tempo attive nel finanziamento di progetti che coinvolgono centri di ricerca e imprese. Più in generale, potrebbero essere molti gli attori del trasferimento tecnologico in Italia, in quanto capaci di collegare gli elementi principali del tech transfer stesso. Ovvero sviluppare ricerca industriale, finanziare lo sviluppo sapendo anche attrarre capitali, lavorare con un approccio multidisciplinare e inclusivo, saper comunicare con efficacia il risultato della ricerca.
Alcuni soggetti contengono tutti questi elementi, ma dovrebbero in fretta metterli in collegamento. Si pensi per esempio a Ferrovie dello Stato, Leonardo, Enel ed Eni. Mentre, tra le aziende più piccole, vale la pena sottolineare l’intero comparto della meccanica, robotica e meccatronica. Ancora forte in Italia, necessita tuttavia di un rapido cambio di passo in termini di capacità di integrazione delle competenze interne con soluzioni esterne.
Tutto questo si chiama ancora Open Innovation, ma è solo con strumenti e filiere solide di trasferimento tecnologico che possiamo realizzarlo.