Domanda e offerta si incontrano qui

In un mercato del lavoro contrassegnato da un crescente disallineamento tra domanda e offerta e da percorsi lavorativi spesso intermittenti, le Agenzie per il Lavoro sono diventate un punto di riferimento per imprese e lavoratori e si sono ritagliate uno spazio sempre più importante nonostante il canale privilegiato per la ricerca di un impiego resti quello informale.

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Dossier Agenzie per il Lavoro

di Virna Bottarelli |

A oltre vent’anni dal loro debutto sullo scenario nazionale, le Agenzie per il Lavoro rivendicano un ruolo da protagoniste nella definizione di strumenti che migliorino, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, l’occupazione.

Le Agenzie per il Lavoro, con la loro attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale, hanno rappresentato uno dei fattori del cambiamento che il mercato del lavoro ha vissuto dagli anni Novanta a oggi. In principio, infatti, fu il Pacchetto Treu, la Legge 196 del 1997, a istituire le Agenzie di Lavoro Interinale. Poi venne il D.Lgs. 276/2003 che, in attuazione della Legge Biagi, disciplinò le Agenzie per il Lavoro come le conosciamo oggi. Operatori privati, autorizzati da Anpal a offrire i servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro e iscritti all’Albo informatico di riferimento.

Agenzie per il Lavoro come facilitatrici di incontro

In un mercato contrassegnato da un crescente disallineamento tra domanda e offerta e da percorsi lavorativi spesso intermittenti, le Agenzie hanno visto crescere il loro ruolo di facilitatori. Secondo i dati di una ricerca svolta da Censis per l’Osservatorio Assosomm, nei tempi più recenti, dopo la pandemia, è quasi raddoppiata la fiducia nei loro confronti da parte di chi sta cercando lavoro. La percentuale di chi si rivolge a un’Agenzia per il Lavoro è oggi il 18,1%, mentre prima del 2020 era l’11,9%.

La ricerca, condotta a dicembre 2022 elaborando dati Censis, Istat e Inps, evidenzia però anche un altro aspetto. Il canale privilegiato per la ricerca di un lavoro resta sempre quello informale. Circa il 70% di chi cerca lavoro, nell’ultimo mese, si è rivolto a parenti o amici, mentre la speranza nei concorsi pubblici è ormai quasi sparita: solo il 6,4% ha inviato una richiesta di partecipazione. Il 18,1% ha preso contatto, nell’ultimo mese, con un’Agenzia privata. Percentuale simile, 17,9%, a quella di coloro che hanno contattato un Centro per l’impiego.

Nelle regioni del Nord, tuttavia, la percentuale di chi ripone le sue speranze di lavoro in un’Agenzia salgono al 31,7%, contro il 23% dei Centri per l’Impiego. Questo significa che le Agenzie per il Lavoro rappresentano un punto di riferimento per la ricerca del lavoro laddove sono maggiormente presenti e diffuse. Le note dolenti, quindi, restano al Sud: qui le Apl sono meno conosciute e ramificate e solo il 9,5% di chi cerca un impiego le prende in considerazione.

Un problema di conoscenza

È sempre la ricerca del Censis a dirci che non tutti i giovani in cerca di occupazione conoscono le Agenzie per il Lavoro. Non solo, spesso, le confondono con i Centri per l’Impiego. Tra coloro che non si sono rivolti a un’Agenzia per il Lavoro, il 36% ha dichiarato di non averlo fatto per scarsa o nulla conoscenza. Una percentuale analoga non lo ha fatto per scarso interesse e solo il 14% ha motivato la non scelta per scarsa fiducia.

Tra coloro che invece si sono rivolti ad una Agenzia, il 14% ritiene che questo incontro sia stato determinante, mentre per un altro 40% è stato utile. E proprio tra chi ha avuto un’esperienza positiva, il 28% dichiara di aver trovato un lavoro soddisfacente. Tra i neoassunti, solo il 3,5% ritiene che l’Agenzia abbia rappresentato il canale più efficace per collocarsi. La percentuale sale al 5,2% se si restringe il campo al Nord Italia, dove invece a ritenere efficaci i Centri per l’Impiego è meno dell’1% degli intervistati.

È utile infine guardare il punto di vista delle imprese: il 10% delle aziende si affida alle Agenzie, ma se si considerano le imprese con più di 50 dipendenti, la percentuale sale al 38,6%.


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