di Laura Reggiani |
Il lavoro femminile è stato protagonista di un dinamismo che, lungi dal cancellare le criticità che da sempre caratterizzano l’occupazione delle donne nel nostro Paese, dà il segnale di qualche piccolo cambiamento.
La crescita nel numero delle assunzioni (+21% nei primi 9 mesi) è risultata molto più accentuata di quella maschile (+14%), raggiungendo la cifra record di 2 milioni 616mila. Al tempo stesso, la creazione di nuove opportunità occupazionali ha determinato anche una maggiore mobilità interna al mercato. Sono state più di 642 mila le donne che nei primi nove mesi del 2022 hanno lasciato volontariamente il lavoro, per lo più a tempo indeterminato (55%). Un dato impressionante, se si considera che nel solo ultimo anno il fenomeno è aumentato del 29%, risultando molto più marcato rispetto agli uomini, tra i quali le dimissioni sono cresciute del 18%.
Dinamiche di lavoro femminile
Il dinamismo dell’occupazione femminile riscontrato nel 2022 sembrerebbe destinato ad accentuarsi se, come emerge dall’indagine svolta da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in collaborazione con SWG, su un campione di 1.000 occupati, oltre il 55% delle donne dichiara di voler cambiare lavoro. Il 39%, pur volendolo, non ha ancora intrapreso azioni in tal senso; il 12% è attivamente alla ricerca di un nuovo lavoro; il 4,5% lo ha cambiato negli ultimi due anni.
È difficile individuare i tanti fattori alla base di un fenomeno nuovo che vede per la prima volta le donne protagoniste più degli uomini. Queste partono da un livello di soddisfazione inferiore rispetto agli uomini. Pesano fattori oggettivi – la maggiore precarietà, i divari retributivi, il doppio ruolo – ma anche soggettivi, relativi alle attese che ognuna ripone rispetto al proprio lavoro e alla propria realizzazione professionale. Da questo punto di vista, le donne non solo risultano mediamente meno soddisfatte rispetto agli uomini (dichiara un livello basso e molto basso di soddisfazione il 25% delle prime contro il 18,8% dei secondi). Ma sembrano individuare fattori specifici, che hanno a che fare con le prospettive di crescita (il 43% le reputa basse) e con la retribuzione (elemento di insoddisfazione meno rilevante).
Pesa poi il tema del contesto aziendale e dell’attenzione verso le risorse. Il welfare aziendale – insieme di prassi, benefit e strumenti in grado di valorizzare dipendenti e collaboratori – rappresenta un elemento “scarso”. Rispetto al quale le donne, più degli uomini, lamentano forte insoddisfazione (49%).
Voglia di cambiamento
Ma la voglia di cambiamento trova altre ragioni che vanno al di là della scarsa soddisfazione per il lavoro attuale. C’è una spinta al cambiamento che nasce dalla voglia di rimettersi in gioco, di trovare nuove strade che siano di stimolo al rinnovamento, personale prima ancora che professionale. A fronte di un 36% di donne che ha cambiato lavoro o lo sta cercando perché non trovava più soddisfacente la propria situazione, vi è un 34% che cerca un cambiamento a prescindere.
Un fattore che, presumibilmente, ha trovato ulteriore spinta nella dinamicità del mercato nell’ultimo anno. Oltre il 20% afferma, infatti, che a spingere verso un nuovo lavoro è stata la creazione di nuove opportunità. Nel mix di motivazioni che concorre alla scelta individuale di tante donne, è però importante segnalare come si è di fronte a una decisione che non nasce dall’esigenza o dalla paura, ma dal desiderio di migliorare la propria vita. “Solo” il 10% afferma infatti di voler cambiare lavoro o di averlo fatto per necessità e il 12% per paura di perdere il posto di lavoro.
I fattori più importanti per le donne
È indicativo che tra i fattori irrinunciabili del nuovo impiego, accanto al miglioramento retributivo, il 50,6% delle donne indichi il raggiungimento di un migliore equilibrio psicofisico, valore guida del cambiamento. A confronto, la sicurezza data da un lavoro stabile è considerata una condizione molto più rinunciabile (solo il 27% non accetterebbe un contratto diverso dal tempo indeterminato). Messa sullo stesso piano della soddisfazione per i contenuti (24%) e delle prospettive di crescita professionale (24%). Protagoniste del cambiamento, le donne sembrano interpretare forse più degli uomini le trasformazioni in atto nel lavoro, portando una visione più dinamica.
In questa mobilità, due fattori acquisiscono peso crescente per le donne:
- orientamento alla crescita professionale: le occupate ambiscono a vedere crescere le proprie competenze e funzioni, ma i contesti di lavoro raramente favoriscono progressioni in verticale, portando molte a cercare nuove opportunità di crescita cambiando lavoro;
- attenzione ai fattori di benessere aziendale, dal clima di lavoro, alla flessibilità, alle politiche di welfare, che sono in grado di intercettare le loro esigenze e motivazioni.