A pochi giorni dall’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo, emergono alcune criticità.
Lo sostiene la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nell’approfondimento “Primi problemi applicativi della riforma del lavoro sportivo”.
A destare dubbi, in particolare, il fatto che i destinatari della normativa presentino “valori disomogenei e difficilmente monitorabili. Visto che, secondo quanto riferisce il Ministro dello Sport, la riforma dovrebbe coinvolgere una platea di circa 500mila soggetti, in massima parte detentori di compensi inferiori a cinquemila euro all’anno, mentre il CONI riporta sul proprio sito un numero di 1,4 milioni di operatori del settore con 140mila fra ASD e SSD affiliate a uno o più organismi riconosciuti dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano”.
Nel tentativo di fare chiarezza, il documento analizza tutte le fattispecie giuslavoristiche interessate dalla riforma. Dalla definizione di “rapporto di lavoro sportivo” al rapporto di lavoro subordinato sportivo e professionistico, passando per il settore dilettantistico e l’apprendistato.
Nel Documento, poi, trova spazio la promozione della parità di genere a opera delle Regioni, delle Province autonome e del CONI, nonché la fiscalità dei redditi, che costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro, e il regime fiscale dei premi. Tra i temi approfonditi, poi, le collaborazioni a carattere amministrativo gestionale, le attività dei volontari. Ma anche le novità sul piano contributivo, l’assicurazione contro gli infortuni e gli altri adempimenti (Unilav e Lul).