AI nelle aziende: paura o tecno-entusiasmo?

Una ricerca di PHD Media Italia dice che il 30% delle persone pensa all'IA come alla principale tecnologia implementata nelle aziende, mentre formazione, creatività e soft skill faranno la differenza per lo sviluppo di imprese e lavoratori

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Ai nelle aziende: ricerca PHD Media

Curiosità e ansia, paura ed entusiasmo: così i lavoratori vedono l’innovazione e l’introduzione dell’AI nelle aziende.

Lo evidenziano i risultati di “Stranger Skills”, ricerca realizzata dall’agenzia di comunicazione PHD Italia. In particolare, per il 30% delle persone intervistate, l’intelligenza artificiale rappresenta la principale tecnologia che verrà implementata all’interno delle imprese. “Il tecno-entusiamo va di pari passo con la paura di essere tagliati fuori dalla prossima grande rivoluzione tecnologica – afferma Lorenzo Moltrasio, Managing Director PHD Italia –. In questo l’azienda ha un ruolo sempre più strategico, abbracciando l’esigenza della formazione continua per sfidare il presente e costruire il futuro”.

AI nelle aziende, tra formazione e opportunità

In tema di formazione, il 72% dei lavoratori ritiene che sia proprio l’azienda a dover prevedere l’aggiornamento professionale. L’intelligenza artificiale, infatti, da un lato comporterà la scomparsa di alcuni posti di lavoro, ma dall’altro favorirà la nascita di nuove professionalità. Le principali richieste di competenze AI nelle aziende riguardano: consulenza riorganizzativa dei servizi del marketing, ottimizzazione della stack tecnologica esistente e consulenza sulle tecnologie da adottare.

Rilevante interesse, sempre secondo lo studio di PHD, desta anche la figura del Decision Science. Scienziati dei dati che addestrano algoritmi di apprendimento automatico per prendere decisioni di marketing. Si tratta di algoritmi che assegnano dinamicamente punteggi a un singolo utente o a gruppi di utenti conformi alle norme sulla privacy in base alla loro propensione all’acquisto, che cambia in base al loro comportamento online, e si connettono al DSP come fattore di offerta.

“Lo sviluppo di questi settori avanzati comporterà la nascita di nuove professioni, che ci consegnano la sfida di un grande reskilling professionale – continua Moltrasio -. Paragonabile a quello vissuto durante l’industrializzazione e la prima era dell’informatica. La necessità di un continuo investimento in formazione continua è rilevante per il 52% degli intervistati. Processi di formazione continua che, per le aziende e gli stessi lavoratori, si traducono in un vantaggio competitivo”.

Attenzione all’aspetto umano

La ricerca conferma tuttavia un secondo aspetto legato alla diffusione dell’AI nelle aziende: il lato umano resterà fondamentale, pur in un contesto altamente tecnologico. E la creatività rappresenterà un’esigenza fondamentale per 1 persona su 3. Questa forte domanda di creatività potrebbe trovare risposta proprio nell’adozione dell’IA, permettendo ai lavoratori di sganciarsi dall’operatività per dedicarsi ad attività di pensiero.

“In generale, il mondo del lavoro richiede sempre più capacità di pensare in maniera analitica e creativa – conclude Lorenzo Moltrasio -. La motivazione e la consapevolezza di sé, la curiosità e l’apprendimento costante, le buone basi di tecnologia, l’affidabilità e l’attenzione ai dettagli, l’empatia e l’ascolto attivo, la capacità di leadership e di influenza a livello sociale. Un insieme di elementi che concorre a indicarci le nuove geografie del lavoro e della società nell’era dell’IA”.

Uno scenario a cavallo tra presente e futuro prossimo, dove i lavori difficilmente automatizzabili richiederanno competenze interdisciplinari e intelligenza emotiva.

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