di Laura Reggiani |
È tra i principali operatori di trasporto passeggeri in Italia ed è la più grande azienda dell’Emilia-Romagna per numeri e volumi di servizio nel settore del trasporto pubblico di persone.
Stiamo parlando di Tper (Trasporto Passeggeri Emilia Romagna), società guidata dal presidente e amministratore delegato Giuseppina Gualtieri e dal direttore societario Paolo Paolillo, dove operano oltre 2.500 dipendenti, coordinati da Filippo Palombini, dal 2017 responsabile Risorse Umane e Organizzazione.
Il mondo delle risorse umane dopo la pandemia è diventato sempre più complesso, e ancora più lo è il mondo dei trasporti, in cui vige una cronica difficoltà nel reperimento di personale di guida e un forte turnover. Con lui abbiamo affrontato questioni che spaziano dalla trasformazione del ruolo dell’HR manager all’importanza del welfare, dalle nuove modalità di organizzazione aziendale alle preoccupazioni per il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Dottor Palombini, cosa pensa del ruolo attuale dell’HR manager? Possiamo parlare di una trasformazione che dal fronte amministrativo spinge verso l’attività strategica di coordinatore e abilitatore del cambiamento?
Negli ultimi dieci anni il ruolo del management è profondamente cambiato. La fine della globalizzazione decretata dal Covid ha spinto tutti a una riflessione profonda sul sé e sulle relazioni. Non è semplicemente un localismo organizzativo, ma un nuovo modello di vivere la vita aziendale più legata alla dimensione di prossimità.
Chi si occupa di HR ha dovuto rimodularsi, a mio avviso, più delle altre funzioni poiché spinti velocemente in prima linea. Le organizzazioni sono nuovamente diventate persone centriche, sistemi non più solo di business, ma di cura e sostegno. I valori, le politiche di welfare e il benessere psicologico sono divenuti i nuovi capisaldi nei quali le Risorse Umane sono ritornate a essere “uffici del personale”, concentrando l’attenzione su un concetto nuovo di umanità e famigliarità, ove il nostro ruolo è divenuto “garante” della fragilità e della diversità, non per “moda” ma per il bisogno di trasmettere un progetto di vicinato e sensibilità, da “customer care” a “employee care”.
In questo contesto, il ruolo della funzione HR è quello di rendere la propria organizzazione abbastanza “agile” per coniugare l’esigenza di supportare, sia le persone in un contesto oramai divenuto imprevedibile, sia il raggiungimento degli obiettivi di business. Affrontando i problemi della competizione e di consentire l’acquisizione delle relative competenze specifiche. Quindi, il “Responsabile Risorse Umane” deve essere il leader di un cambiamento che consenta di elaborare e adottare una strategia di gestione delle persone in grado di supportare la strategia del business.
Vedo, quindi, la figura dell’HR al centro del progetto e in grado di cavarsela anche con scarsità di risorse, in un contesto sostenibile a lungo termine per rendere questo mondo un posto migliore. Dovrà inoltre pensare e agire in modalità agile e digitale con strutture snelle dove al primo posto tornano la persona e il cliente, ed essere, infine, capace di interpretare le nuove aspettative e riorganizzare l’azienda.
Parliamo della sua azienda. Quali sono i valori alla base delle attività lavorative e del raggiungimento del successo? Quali sono le politiche per la gestione, la crescita e l’engagement del personale implementate in Tper?
Tper è una società partecipata a capitale pubblico che gestisce, direttamente e attraverso società controllate/ partecipate, il trasporto pubblico locale di Bologna e Ferrara, quello ferroviario in ambito regionale, nonché i servizi di sharing mobility. Configurandosi come azienda della mobilità in senso ampio e posizionandosi tra i principali operatori di settore in Italia. La sostenibilità per la mia azienda non è solo un processo da seguire per adeguarsi all’agenda 2030, ma un principio che unisce la lungimiranza di un Paese che ha sentito l’esigenza di fornire un modello migliore e “sano” di vivere nella comunità.
Il nostro posizionamento, dunque, diviene strategico attraverso:
- realizzazione di un’impresa ben strutturata dal punto di vista degli asset, delle risorse umane e dell’organizzazione aziendale;
- sviluppo di un profondo “spirito di servizio” delle nostre persone, che ci consente l’efficacia gestionale e alla qualità dei servizi per i viaggiatori, con l’obiettivo di crescere sul territorio.
Nel perseguire tali obiettivi, la visione dell’azienda è quella di migliorare la qualità della vita e dell’ambiente, a vantaggio del proprio personale, dei viaggiatori e più in generale del territorio in cui si opera.
Il welfare rappresenta oggi uno strumento concreto per migliorare il benessere dei lavoratori. Avete implementato specifici progetti di welfare aziendale?
L’instabilità politica e gli effetti di questa su prezzi dell’energia, unitamente agli strascichi della pandemia, ancora non consentono di alleviare la pressione sull’economia e sulla società. Diventa sempre più urgente interrogarci su quali siano le forme di welfare aziendale di cui le persone hanno bisogno e questo attribuisce a chi si occupa di HR un ruolo centrale nel diffondere consapevolezza tra i lavoratori.
Affiancare al welfare retributivo anche uno di natura sociale ci consentirà di dare risposte a esigenze non più differibili se non si vogliono lasciare indietro le nostre persone e le loro esigenze familiari. All’interno di questo percorso, dove il decisore pubblico è “sceso in campo” con il recente “Decreto Lavoro” agendo sulla defiscalizzazione e deducibilità dei fringe benefits, abbiamo cercato di sostenere (tramite le misure di welfare aziendale diversificate contemperandole con le esigenze della nostra utenza che si rivolge a noi per un servizio di qualità) il migliore bilanciamento tra vita professionale e personale. Con particolare attenzione alle necessità delle persone e delle loro famiglie, della salute e del tempo libero.
Abbiamo inserito, da un lato forme di agilità utili a rispondere alle esigenze di tutti consentendo processi di pianificazione e responsabilizzazione e fatto sentire che l’azienda è “vicina”, è un luogo dove sviluppare creatività, dove ognuno può esprimersi senza timore e contribuire attivamente a una crescita davvero “sostenibile”. Dall’altro, sono state implementate forme di flessibilità oraria a supporto della genitorialità, attraverso forme di part-time orizzontale per il nostro personale in guida e la possibilità di cambiare il turno di servizio, sia mensile che giornaliero, in base alle esigenze familiari. Infine, per coloro che usufruiscono dei congedi parentali, l’azienda ha integrato l’indennità del 30% erogata dall’Inps con una quota ulteriore del 20% di retribuzione. E, grazie anche alle opportunità offerte dalle recenti disposizioni legislative, abbiamo favorito il più possibile il sostegno al reddito in questi periodi complicati attraverso i “bonus welfare”, anche grazie alla proficua collaborazione con le nostre Organizzazioni Sindacali.
Dopo lo Smart Working emergenziale del periodo pandemico, è arrivato il momento di comprendere quello che accadrà nei prossimi anni. Pensa che la nuova modalità organizzativa basata sul lavoro agile sia definitivamente entrata nel nostro modo di lavorare? Cosa avete fatto e cosa state facendo in questo ambito?
Nella prima fase del Covid-19 l’obiettivo è stato quello di salvaguardare la sicurezza e salute delle persone con misure finalizzate alla prevenzione del contagio. La sfida futura, invece, sarà, grazie al forte impulso al “remote working”, quella di garantire il migliore work-life balance e il sostegno non solo ai genitori, ma anche ai figli. Tuttavia, credo sia importante garantire a chi “lavora a distanza” le stesse opportunità di sviluppo professionale, con particolare riferimento alle mamme lavoratrici che sono le più penalizzate in questi percorsi.
Per essere veramente pronti occorre, inoltre, fare un investimento importante sulla cultura manageriale che porti al passaggio da una logica di “controllo/presenza” a una basata su “fiducia/risultato”. Spostando la valutazione della prestazione dei nostri collaboratori dalla presenza alla quantità e qualità del lavoro svolto. Serviranno competenze miste: architettoniche per il ridisegno degli spazi, informatiche per le infrastrutture tecnologiche, giuslavoristiche per la revisione dei contratti di lavoro. Sarà certamente essenziale il ruolo della funzione HR e delle rappresentanze sindacali per armonizzare gli interessi dell’azienda e quelli dei lavoratori. Tenendo a mente un contesto che non è sicuramente quello esistente quando il professor Giugni disegnò il testo e lo spirito dell’art. 4 della L. 300/70.
Infine, vorrei anche porre un punto di attenzione sulla trasformazione digitale che avanza a ritmi crescenti e richiede un’attenzione non solo allo sviluppo delle tecnologie, ma soprattutto ai cambiamenti organizzativi e all’evoluzione di nuove competenze e modalità di lavoro. In questo contesto, sempre più spesso le tecnologie verranno impiegate per risolvere i problemi delle aziende, ma molti progetti di Intelligenza Artificiale, se troppo ambiziosi, incontreranno ostacoli e non potranno essere messi a terra. Le organizzazioni aziendali dovranno puntare non a una rivoluzione, ma a un approccio incrementale, non cercando di sostituire le capacità umane, ma sviluppandole e integrandole con le forme di IA. Molti parlano di una gara del lavoro contro le macchine, e le stime di importanti centri studi indicano, per i prossimi dieci o vent’anni, perdite significative di posti di lavoro che diventeranno computerizzate.
Sono strenuamente convinto che la tecnologia è nata per sostenere la crescita delle nostre competenze. La vera sfida sarà per noi HR avere una visione ad ampio raggio per comprendere i campi nei quali poter sostenere la crescita delle persone. Dobbiamo infatti andare al di là del pensiero incontrollabile che ci riporta a un recente “Deus Ex Machina”, non dobbiamo dibatterci su una lotta tra noi e le macchine; l’intelligenza artificiale è solo un’altra forma di intelligenza.
Un esempio in questo senso è il People Mover, il nostro collegamento monorotaia a guida autonoma che unisce l’Aeroporto Marconi di Bologna con la Stazione Centrale della stessa città. Pur essendo un treno completamente automatizzato e senza conducente, l’automazione ha avuto necessità di un ruolo più empatico che consentisse ai nostri clienti di sentirsi “accompagnati” nella mobilità. Negli ultimi tre anni abbiamo assunto più di 40 figure (non sono solo giovani) sviluppando nuove competenze e nuovi sistemi di gestione della customer relationship.
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro preoccupa molte aziende e credo rappresenti un tema importante per il settore del trasporto pubblico. Vi risulta difficile trovare i talenti? Quali strumenti di recruiting utilizzate maggiormente e quali sono le competenze più ricercate?
Ora più che mai occorre risolvere il paradosso della disoccupazione giovanile (circa il 37% al Sud) e il divario tra opportunità di lavoro richiesti dal mercato e carenze di risorse disponibili (circa il 36% a livello complessivo). Se consideriamo che la maggior parte dei lavori “del domani” non sono ancora materia di studio nel sistema formativo scolastico e/o universitario dobbiamo intervenire. Su un sistema efficace di politiche attive e su un sistema che renda la formazione strutturale durante tutto il corso della vita del lavoratore.
Il settore dei trasporti stradali di merci e di persone, in particolare, è caratterizzato di questi tempi dalla mancanza di conducenti professionali stimata in circa 20mila unità nel nostro Paese, di cui almeno 7mila nell’ambito del trasporto pubblico locale. Questi sono principalmente i nostri “talenti”. Per contrastare la difficoltà nel reperimento di personale di guida e il forte turnover, anche noi abbiamo adottato azioni per favorire l’inserimento di nuovi conducenti di linea. Agevolando sia i giovani non ancora in possesso delle necessarie abilitazioni, puntando a un significativo processo di on-boarding e di addestramento “on the job”, sia le persone che hanno perso un precedente lavoro e che sono motivate a cimentarsi in un mestiere altamente professionalizzante in un contesto di stabilità occupazionale.
Per dare qualche numero, il piano di assunzioni nel 2022 ha visto l’entrata di 141 nuovi conducenti, a cui sono state erogate oltre 25mila ore di formazione specifica. Ma l’attività prosegue, praticamente a ciclo continuo. Nei primi mesi del 2023, infatti, abbiamo già assunto altre 56 unità e sono state pianificate le assunzioni per il resto dell’anno che vedranno, auspicabilmente e in base ai fabbisogni previsti, l’inserimento di altre 100/120 unità. Un impegno notevole dell’azienda e per le Parti Sociali, con cui stiamo sviluppando un dialogo costruttivo per comprendere come migliorare le forme di contrattualizzazione e la formazione di oltre 300 nuovi conducenti in due anni.
Per favorire l’ingresso delle nuove leve, l’azienda ha messo in campo ulteriori novità: la copertura integrale dei costi per l’acquisizione delle abilitazioni alla guida per un valore economico di circa 3.000 euro; la definizione di partnership con organizzazioni e strutture ricettive per garantire, a prezzi calmierati, un alloggio nei casi di relocation; un “training center” per la formazione in azienda dei conducenti di bus ai quali sarà riconosciuta, fin da subito, un’indennità economica per il periodo formativo. Nonché il finanziamento delle spese per il conseguimento delle patenti e abilitazioni necessarie.
Fate ricorso a strumenti di politiche attive, come il tirocinio o l’apprendistato, e a collaborazioni con il modo educativo per l’inserimento dei giovani in azienda?
Sia i tirocini che i contratti di apprendistato sono strumenti normali con i quali inseriamo le nuove generazioni in azienda. Da noi si entra con queste modalità non solo per fare un’esperienza da inserire nel curriculum, ma per acquisire le competenze di base per restare e crescere al nostro interno. Dalle nuove generazioni Tper sta apprendendo come poter trasmettere la cultura di un’azienda storica secondo i nuovi canoni richiesti.
Ad oggi, convivono nell’organizzazione cinque generazioni. Il nostro ruolo ha il compito di favorire per loro il dialogo e la trasmissione delle competenze. In Tper non è solo la generazione più longeva a fare da mentore e i processi di formazione sono integrati non per funzione ma orizzontalmente.
Come viene svolto in Tper il percorso di onboarding? Quali sono gli aspetti a cui prestate maggiore attenzione? Quali sono invece le strategie messe in atto nell’ambito dell’engagement? Cosa fate per trattenere in azienda i talenti?
Ogni nuovo conducente viene inserito nel corso “Benvenuti a bordo”, che non è solo un augurio che l’azienda formula ai passeggeri dei propri bus, ma è un valore che vogliamo condividere anche con chi “sale” alla guida dei mezzi. Diventare “operatore di esercizio” non significa solo saper guidare bene, ma anche essere una persona che fa la differenza sulla qualità del servizio offerto alla collettività.
Il nostro percorso di onboarding prevede più di 180 ore di formazione tra aula e guida, con l’affiancamento di un team di istruttori qualificati. Curando la cultura aziendale, la normativa del lavoro, l’organizzazione dei turni e dell’interfaccia con la centrale operativa, la sicurezza stradale, l’utilizzo delle tecnologie innovative con particolare riferimento alla bigliettazione elettronica e con tecnologia contacless. Inoltre, per offrire percorsi di sviluppo basati sul merito alle risorse “Key People” e su “Key Role” abbiamo avviato una “Talent Academy” che integra al suo interno percorsi di team coaching, assessment finalizzati alla copertura dei ruoli in sviluppo, incontri periodici con i vertici aziendali e testimonial esterni, non necessariamente appartenenti al mondo imprenditoriale/ professionale. Il tutto per favorire la contaminazione delle esperienze tra contesti diversi ma con le medesime sfide da affrontare.
Lei si occupa anche di sostenibilità. Perché a un’azienda conviene investire in responsabilità sociale d’impresa e sostenibilità? Quali sono i progetti portati avanti in Tper che coinvolgono i lavoratori?
Sostenibilità vuol dire vantaggio competitivo a lungo termine con impatti positivi su reputazione, accesso al capitale, attrazione e retention dei talenti. Per un’azienda come la nostra che si occupa di mobilità essere un’impresa sostenibile vuol dire riconsiderare i processi aziendali per riorganizzarli in maniera virtuosa, per dare risposte alle aspettative degli stakeholder presenti e futuri.
Essere sostenibili significa non solo minimizzare il proprio impatto sull’ambiente, ma anche offrire modelli di riferimento per la gestione del capitale umano secondo principi di equità, diversity, efficienza, engagement, migliorando le condizioni di lavoro delle persone. Gli obiettivi strategici aziendali di Tper, quindi, sono stabiliti in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti da 193 Paesi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il futuro dello sviluppo internazionale.
E suddivisi tre macro-ambiti: l’accesso a tutti, inteso come miglioramento del comfort e garanzia di un servizio sostenibile anche per chi non potrebbe permettersi mezzi di spostamento alternativi; l’efficienza; la sicurezza, puntando alla riduzione della congestione stradale e della possibilità di incidenti; l’ambiente, attraverso la riduzione dei consumi da fonti fossili e la conseguente riduzione di emissioni di CO₂ e di altre sostanze dannose per la salute e l’ambiente. Per favorire il commitment del personale su questi obiettivi, a partire dal 2020 il sistema di incentivazione per i ruoli di coordinamento organizzativo (circa 60 persone) ha al suo interno specifici obiettivi di sostenibilità.
Reddito di Cittadinanza, salario minimo, cuneo fiscale, lavoro nero, pensioni… Se potesse essere Ministro del Lavoro quale tema affronterebbe con più urgenza?
Per concludere l’intervista non poteva mancare quello che definirei il “superdomandone”. Più volte mi sono chiesto, o sentito chiedere, “se fossi Ministro del Lavoro, quali sarebbero le priorità?”. Tuttavia, prendendo spunto da quanto fatto con il recente D.L. n. 48 del 4 maggio 2023 “Decreto Lavoro” qualche ulteriore idea sul da farsi l’avrei.
Penso prima di tutto alla riforma dell’apprendistato: bisogna estendere l’utilizzo a tutte quelle risorse che, indipendentemente dall’età, devono essere riqualificate con particolare riferimento ai processi di ristrutturazione. Parliamo molto di formazione continua ma, di fatto, lasciamo che questa sia praticamente finanziata integralmente dalle aziende o dagli stessi lavoratori che, per rimettersi in gioco, cercano percorsi di riqualificazione professionale in vista di una nuova occupazione.
L’art. 12 del Decreto Lavoro sembra andare in questa direzione con la misura denominata “Supporto per la formazione e il lavoro”, che ha finalità di attivare al lavoro i soggetti a rischio di esclusione sociale e lavorativa mediante “la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate”. Penso poi all’art. 24 del Decreto Lavoro che modifica la disciplina delle causali nei contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, che viene demandata totalmente alla contrattazione collettiva. Alla quale è lasciata la facoltà di identificare le ragioni tecniche, organizzative e produttive nel caso di assenza di riferimenti contrattuali validi a supporto.
Probabilmente il contesto sociale non ha consentito quello che il mondo delle aziende chiedeva con forza, che può semplificarsi nella riduzione a 2/3 forme di contratto a termine, con limite cumulativo a 36 mesi senza causali. Questo perché il legislatore, a mio avviso, non deve emanare norme per impedire l’uscita dei lavoratori dalle aziende, ma favorirne il più possibile l’entrata con particolare riferimento ai giovani. Il paradosso oggi è che la domanda di professionalità, in molti settori, è inferiore all’offerta! Tuttavia, porgo i migliori auguri di buon lavoro a Marina Calderone, ritenendomi fortunato di non essere io il Ministro del Lavoro.
Chi è Filippo PalombiniDopo la laurea in Scienze Politiche ed Economiche, Filippo Palombini ha iniziato la sua carriera professionale nel Ministero del Lavoro come consulente di Isfol, occupandosi di formazione finanziata dal Fondo Sociale Europeo. Dopo una prima esperienza nel mondo delle relazioni industriali in Confapi, Palombini vanta diversi ruoli presso importanti aziende quali ALI, Tim e Gruppo Posteitaliane. Nel 2009, in qualità di responsabile Risorse Umane ha partecipato allo startup e al consolidamento dell’Operatore Virtuale PosteMobile. Per poi diventare, nel 2014, Direttore Risorse Umane del Gruppo Sda Express Courier. Dal 2017 è entrato a far parte del gruppo Tper, dove ricopre il ruolo di responsabile Risorse Umane e Organizzazione. Attualmente, è anche presidente del FondoSalute TPL, fondo nazionale di assistenza sanitaria integrativa del settore Trasporto Pubblico Locale. |