di Andrea Crocioni e Mauro Meda |
Qual è l’impatto del Sistema della Ricerca sulla competitività dell’Italia?
Come si costruiscono sinergie fra pubblico e privato in grado di creare i presupposti per lo sviluppo scientifico e tecnologico? Ma soprattutto come si “orienta” un Paese al futuro? Di questo e molto altro abbiamo parlato in questa intervista a Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Come descriverebbe il modello organizzativo dell’IIT e quali ritiene siano i suoi punti di forza che lo rendono unico? Come si integra con il mondo delle Università e della ricerca industriale (applicata)?
Il modello organizzativo di IIT si fonda su di una innovativa, per quanto riguarda gli istituti di ricerca, relazione tra pubblico e privato. Si tratta di una Fondazione di diritto privato vigilata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che la finanzia all’80%, e dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Ad oggi i punti di forza che sottolineano l’unicità di IIT si evidenziano nei risultati ottenuti, nel numero di ricercatori che lavorano nella Fondazione provenienti da un gran novero di Paesi del globo. Il principio meritocratico sostiene poi tutta l’architettura professionale e umana di IIT. Il processo di valutazione dei ricercatori, tenure track, gestito dal comitato scientifico è lo strumento che permette di valutare il lavoro dei ricercatori ogni cinque anni e definirne il percorso professionale futuro.
L’integrazione di questo modello con il sistema universitario è resa evidente dal gran numero di collaborazioni in atto con le università italiane dalle quali molti ricercatori IIT provengono o con le quali continuano a collaborare. Le relazioni con la ricerca industriale si concretizzano nelle diverse start up create con aziende che operano in ambiti diversi, nel portafoglio brevettuale e nei laboratori congiunti realizzati con realtà pubbliche e private di rilevanza nazionale e internazionale.
Qual è il ruolo assunto in questi anni da IIT nell’ecosistema italiano della ricerca? In che modo le vostre attività oggi sono in grado di influenzare in concreto l’innovazione tecnologica nel nostro Paese?
L’Istituto Italiano di Tecnologia è la dimostrazione anche a livello internazionale di come nel nostro Paese si possa concretamente innovare sia dal punto di vista del modello organizzativo sia con gli esiti delle ricerche che trovano nel trasferimento tecnologico lo sbocco produttivo. La robotica e l’intelligenza artificiale, le tecnologie per la salute, la sostenibilità e l’ambiente sono tra gli elementi centrali dell’attività di ricerca di IIT che influenzano attraverso i propri risultati la crescita socio-industriale del Paese.
Solo un esempio: Inail ha investito con IIT, nel corso del 2021, 11 milioni di euro per finanziare sei progetti dedicati a sensoristica, nanotecnologie e tecnologie abilitanti, ambient intelligence e robotica collaborativa, sistemi di protezione dalle cadute dall’alto. Il portafoglio brevetti all’inizio del 2022 vede 372 invenzioni per un totale di 1.210 titoli.
L’attività scientifica si basa su un Piano Strategico che viene aggiornato ogni 6 anni. Lei ha assunto la carica di Direttore Scientifico a settembre 2019, in un momento sicuramente delicato. Quali sono stati i traguardi raggiunti? Cosa è cambiato nel post pandemia?
Nonostante le condizioni socioeconomiche avverse IIT ha continuato e incrementato le proprie attività. Nel 2021, anno di forte crisi generale dovuta alla pandemia e alla sua influenza su tutto, il sistema IIT ha raccolto da fonti esterne oltre 53 milioni di euro. Nel 2022, per ogni euro investito dallo Stato IIT riceve ulteriori 50 centesimi attraverso progetti competitivi. IIT continua a essere riconosciuto come un luogo dove hanno origine idee e tecnologie in grado di migliorare la salute delle persone e la qualità della vita di tutti.
In questo ambito della nostra attività sono stati attratti finanziamenti privati per oltre 16 milioni di euro che hanno sostenuto la nascita di quattro nuove iniziative imprenditoriali dei nostri ricercatori e delle nostre ricercatrici nel campo delle scienze della vita.
Che impatto avrà il Pnrr su IIT e in generale sul Sistema della Ricerca Italiana?
Sicuramente molto positivo. La ricerca nel nostro Paese ha assunto finalmente quel ruolo indispensabile che con la pandemia ha avuto un riscontro pratico e vitale. Lo sforzo condotto da un gran numero di ricercatori per individuare rapidamente un vaccino, com’è avvenuto, ha acceso i riflettori su un comparto lasciato per troppo tempo ai margini. Il Presidente Mattarella nel suo messaggio di fine anno ha sottolineato il valore della ricerca, affidandoci una grande responsabilità come protagonisti del futuro della nostra nazione. I fondi del Pnrr sono il sostegno pratico a questa attenzione e andranno utilizzati in modo virtuoso.
Quali sono le sue idee per incentivare la creatività e la collaborazione tra i ricercatori nell’ambito dell’innovazione? Come si può incrementare il grado di innovazione creato dalle sinergie del mondo della ricerca con quello dell’economia e della produzione?
Per quanto riguarda IIT, questa è l’area per noi fondamentale del trasferimento tecnologico, che comprende tutte quelle attività di supporto necessarie affinché la ricerca scientifica possa trovare uno sbocco sul mercato, trasformando i suoi risultati in un prodotto. Il nostro trasferimento tecnologico è organizzato per mettere in comunicazione, utilizzando i linguaggi più adeguati, comparti diversi come per esempio finanza e ricerca, imprenditori e scienziati.
Quale ruolo riveste l’intelligenza artificiale nella ricerca dell’IIT e come viene affrontata l’etica nello sviluppo di queste tecnologie? L’AI non rischia di diventare un fine e non un mezzo e quindi di depotenziare il ruolo delle persone e il valore del capitale umano?
È sicuramente importante pensare agli aspetti etici quando si trattano tecnologie come l’AI che sono, e saranno sempre di più, pervasive nella nostra società. L’AI resta però un mezzo che permette allo scienziato di progettare più velocemente un farmaco, di realizzare un nuovo materiale sostenibile in minor tempo o di ottimizzare l’utilizzo di risorse naturali in un processo di produzione industriale. Questi esempi mostrano come l’AI possa non rappresentare un depotenziamento del ruolo delle persone ma se mai un ampliamento delle loro le capacità. In IIT realizziamo tecnologie e produciamo conoscenza a partire dalle esigenze dell’essere umano e del Pianeta e il nostro approccio anche nell’uso e nello sviluppo di AI resta orientato a migliorare la qualità della nostra vita e del nostro mondo.
Quali sono le iniziative per supportare lo sviluppo professionale e personale delle persone che lavorano all’IIT? Come valuta il valore delle competenze di “management” per chi svolge attività di ricerca?
IIT con l’attività della Direzione Capitale Umano e Organizzazione ha messo a punto una serie di iniziative e strumenti organizzati in programmi di formazione e servizi integrati con lo scopo di sostenere lo sviluppo professionale dei nostri colleghi. Dal 2020 è iniziata un’attività formativa focalizzata sul coaching per figure di middle management e top management dell’Amministrazione Centrale.
Quale può essere il contributo dell’IIT e in generale del sistema della ricerca per favorire l’alta formazione, anche grazie alle opportunità offerte dalla digital transformation, dall’Intelligenza Artificiale e dai nuovi orizzonti legati allo sviluppo del Metaverso?
In tempi di Covid, la formazione (non solo alta) ha vissuto una prima esperienza su larga scala di smaterializzazione dell’ambiente di formazione. Parallelamente a quanto è accaduto per gli ambienti di lavoro, le offerte formative di IIT – e di tantissime altre istituzioni – hanno visto le aule rimpiazzate dalle stanze virtuali di Teams o Zoom. Nel prossimo futuro questi ambienti acquisteranno sempre più un carattere interconnesso, personalizzabile (on-demand, ma anche immersivo) e “quantizzato” (bite-sized), in maniera tale da adattare la formazione sempre più all’utilizzatore e alle sue esigenze professionali.
Questa evoluzione porta anche molte sfide: per esempio, come paragonare l’efficacia e i risultati di percorsi formativi “tagliati” su persone diverse, come affrontare i costi (alti) di questa personalizzazione, come garantire competenze di base a livelli omogenei e non solo minimi, etc. Proprio queste sono le aree dove le tecnologie della trasformazione digitale faranno la differenza tra potenzialità e realtà. Le istituzioni come IIT hanno il compito di essere pioniere nello sviluppo di questi nuovi strumenti.
Chi è Giorgio MettaGiorgio Metta è il Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Laureato in ingegneria elettronica con lode nel 1994, ha ottenuto un PhD nel 2000 dall’Università di Genova. Dal 2001 al 2002 è stato postdoc presso l’AI-Lab del Massachusetts Institute of Technology. Ha lavorato all’Università di Genova e dal 2012 al 2019 è stato Professore di Robotica Cognitiva presso l’University of Plymouth. Metta ha ricoperto la carica di Vice Direttore Scientifico di IIT dal 2016 al 2019 e ha coordinato la partecipazione a due dei centri di competenza del Mise per l’industria 4.0. È stato uno dei tre rappresentanti italiani al forum G7 sull’intelligenza artificiale del 2018 e, più recentemente, tra gli autori dell’Agenda Strategica Italiana sull’Intelligenza Artificiale. Ha coordinato lo sviluppo del robot iCube per oltre un decennio rendendolo, di fatto, la piattaforma di riferimento per la ricerca nell’IA. |
* Si ringrazia Asfor per aver concesso la pubblicazione di questa intervista già pubblicata sulla rivista FormaFuturi.