Quando si parla di lavoro “non-standard”, ci si riferisce a rapporti dalla ridotta continuità nel tempo e/o dalla bassa intensità che, dati alla mano, caratterizzano più le donne lavoratrici degli uomini.
In altre parole, parliamo di contratti a termine e part time involontario. A essere coinvolte in queste modalità lavorative, secondo dati Istat del 2022, sono soprattutto le donne. Il 27,7% delle occupate sono lavoratrici non-standard contro il 16,2% degli uomini.
I dati sulle donne lavoratrici
La quota di lavoratori non-standard raggiunge il 45,7% tra le donne giovani (a fronte del 33,9% dei coetanei). Inoltre riguarda il 36,1% tra le residenti nel Mezzogiorno (22,1% gli uomini della stessa ripartizione) e il 36,4% tra le donne lavoratrici che hanno al massimo la licenza media (18,6% gli uomini con lo stesso livello di istruzione). Arriva al 40,7% tra le straniere, contro il 28,3% degli stranieri maschi.
Ma lo svantaggio femminile si evince anche dalle retribuzioni. I dati del 2019 mostrano che, in media, le donne percepiscono una retribuzione oraria dell’11% inferiore a quella degli uomini. Con differenze territoriali che variano tra il -13,8% nel Nord-ovest e il -8,1% nel Sud.
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