Lavoro, imprese, formazione, politica. Un intreccio di azioni chiamate a sostenere questa connessione nelle attuali dinamiche del sistema-Paese italiano. Sostenendo la crescita, contro l’assistenzialismo, senza dimenticare le eredità socialmente pesanti del covid e la trasformazione delle esigenze dei lavoratori.
Tutto questo, e molto di più, rientra nelle competenze della XI Commissione – Lavoro pubblico e privato della Camera, attualmente guidata da Walter Rizzetto. In questi mesi di dibattito serrato, il presidente ci aiuta a valutare le diverse sfaccettature dei temi del momento, offrendoci una chiara visione della direzione intrapresa dal Governo Meloni.
La sua esperienza politica nazionale inizia nel 2013. Come è stata affrontata in parlamento la tematica del lavoro negli ultimi dieci anni? Quali sono stati i momenti di maggiore scontro e su quali temi, invece, si è registrata una possibile convergenza?
Il mondo del lavoro in questi 10 anni ha vissuto continui scossoni ed evoluzioni. Quando sono entrato in Parlamento, nel 2013, si veniva dall’esperienza del rigore del Governo Monti. Sul tavolo della Commissione dominava la questione degli esodati provocati dagli effetti nefasti della legge Fornero. Questo diede vita alle cosiddette “Salvaguardie”, che hanno monopolizzato il dibattito in Commissione per la XVII e gran parte della XVIII Legislatura con lo scopo di venire incontro ai lavoratori rimasti senza stipendio e senza pensione.
Le politiche attive sono state sempre un punto di scontro circa la visione esclusivamente assistenzialista, che non ha portato risultati concreti. Il Covid ci ha visto poi uniti nella necessità di aiutare il “sistema lavoro italiano”, che per la prima volta ha dovuto far fronte anche a importanti modifiche e innovazioni nell’organizzazione aziendale.
Come è strutturata e come lavora la XI Commissione parlamentare, di cui è Presidente? Quali sono i temi principali sul tavolo della Commissione oggi e quali quelli a cui dovrete lavorare in futuro?
In Commissione Lavoro sono rappresentate tutte le forze politiche della Camera, rispettando la proporzione fra i gruppi. Il lavoro, inteso in tutte le sue accezioni, è la materia della Commissione che esercita le funzioni legislative, conoscitive, di indirizzo e di controllo. Sono molti i temi che occupano l’agenda della Commissione in questi giorni: dal salario minimo al “Decreto PA bis”, fino alla riforma del lavoro sportivo. L’estate della Commissione lavoro è stata sicuramente intensa, ma le sfide che ci attendono nel futuro non sono da meno.
Dobbiamo fare i conti con un mondo del lavoro in continua trasformazione, che sta stravolgendo i tradizionali schemi organizzativi, orientandosi verso un modello a obiettivi. In questo contesto, al centro del dibattito troviamo le politiche attive del lavoro, vero e proprio cruccio del sistema italiano. E con queste la formazione, nel posto di lavoro e nel mondo educativo. Su questo punto, ho presentato la proposta dell’obbligatorietà dell’introduzione dell’insegnamento del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro nelle scuole secondarie di secondo grado, il luogo migliore dove apprendere le basi di una corretta prevenzione. La formazione e la diffusione della cultura del lavoro rispetto alle condizioni di sicurezza restano fondamentali anche alla luce delle sfide tecnologiche impattanti nei sistemi organizzativi di domani.
Ci può illustrare, in sintesi, i benefici del Decreto Lavoro?
Credo fermamente che il Decreto Lavoro rappresenti il primo mattone dell’architrave del governo Meloni rispetto al rilancio del nostro Paese. Un progetto che vede in formazione, semplificazione e detassazione tre pilastri chiave. Con questo testo si rafforzano le misure di inclusione sociale attraverso soluzioni come l’Assegno di Inclusione e lo Strumento di Attivazione, che nascono per aiutare veramente le persone a trovare un lavoro e non per fare semplice assistenza. Su questo piano, avrà un ruolo fondamentale la formazione, chiamata a intervenire per rendere l’inclusione reale e fattiva.
Inoltre, vi sono molte misure in termini di sicurezza del lavoro e di contratti a tempo determinato, dove è stata introdotta una nuova disciplina delle causali, al fine di semplificare le procedure contrattuali senza compromettere le tutele dei lavoratori. Sicuramente di rilievo anche il taglio al cuneo fiscale, che comporta un vantaggio medio mensile di circa 100 euro in più in busta paga dei lavoratori per compensare gli effetti dell’inflazione. Come dicevo, la strada è stata tracciata e, al momento, tutti i principali indici economici ci danno ragione.
All’avvio dei tavoli di confronto sulle pensioni, il Ministro del Lavoro Marina Calderone ha parlato di “revisione sostenibile”. A suo avviso, dove si dovrebbe intervenire per garantire sostenibilità al nostro sistema previdenziale?
In generale ritengo sia necessario rivedere il sistema di welfare previdenziale. Il cui equilibrio è da tempo compromesso a causa, in particolare, del lavoro discontinuo e del progressivo aumento dei pensionati con l’allungarsi della vita media della popolazione. Bisogna individuare forme di integrazione positiva tra welfare pubblico e welfare privato, per garantire anche il ricorso a quelle forme pensionistiche complementari o integrative, a cui già tanti cittadini ricorrono, ma di cui ancora non tutti hanno compreso l’importanza.
La sostenibilità del sistema pensionistico va necessariamente legata anche all’aumento dell’occupazione, che consente di incrementare l’ammontare dei contributi previdenziali versati, che servono appunto per corrispondere le pensioni. Da questo punto vista, rivestono grande importanza le politiche attive, soprattutto in termini di formazione. Vanno inoltre incentivati i processi di ricambio generazionale nelle aziende.
La rivista Forme si pone l’obiettivo di fare informazione sulle politiche attive del lavoro: su quali pilastri si dovrebbero reggere? Perché risulta così complicato mettere in moto un sistema efficiente?
Le politiche attive devono rappresentare una macchina efficiente in grado di collegare offerta e domanda di lavoro. Purtroppo, anche a causa di politiche di puro spirito assistenzialistico, si è perso tempo e denaro, tralasciando proprio elementi chiave come la formazione. Ritengo quindi fondamentale implementare una politica di formazione che consenta di colmare la differenza tra le competenze richieste dal mercato e le competenze a disposizione della forza lavoro. Bisogna riconsiderare, in questo ambito, l’importante ruolo dei soggetti privati, soprattutto nell’utilizzo di nuove tecnologie per rispondere alle esigenze di chi rimane “fuori”. Si tratta di mettere in relazione, in un’azione sinergica, la struttura regionale dei centri per l’impiego, le aziende, le imprese della filiera produttiva e commerciale dei servizi e, ovviamente, le agenzie private per il lavoro.
Anpal è stata assorbita nella direzione politiche attive del Ministero del Lavoro, mentre Anpal Servizi avrà un nuovo nome e sarà “rafforzata”. Quali sono a suo avviso i motivi della mossa del Ministro Calderone? Come far funzionare davvero i Centri per l’Impiego?
L’Agenzia non ha mai realmente funzionato. Il nuovo assetto garantirà una maggiore coerenza rispetto agli obiettivi da raggiungere nella gestione delle politiche attive. Per il funzionamento dei Centri per l’Impiego, ho sempre ritenuto fondamentale garantire personale competente in materia di orientamento e placement. E monitorare la produttività degli stessi rispetto al conseguimento di obiettivi legati alla percentuale di lavoratori collocati annualmente, da individuare in un apposito piano. Sulle politiche attive ritengo, comunque, che vada anche incentivata una virtuosa collaborazione con le agenzie del lavoro private.
Il Fondo Nuove Competenze si è rivelato uno strumento utile, ma ha fatto emergere anche alcune difficoltà che non ne hanno permesso il pieno sviluppo. Qual è la sua opinione in merito? Cosa può dirci invece sul programma Gol?
Il Fondo è un valido strumento di politica attiva, infatti il Governo ha previsto un incremento di risorse con una norma inserita nel Decreto Lavoro. Per migliorarne l’operatività, si dovrebbero semplificare e snellire i processi legati al suo funzionamento. Per quanto riguarda il programma Gol, è un’importante opportunità per il reinserimento lavorativo delle categorie svantaggiate, che richiede un buon coordinamento tra amministrazioni regionali e centrali, oltre alla collaborazione con le parti sociali e gli stakeholder coinvolti.
La sfida, rispetto agli obiettivi da raggiungere, non è di poco conto. Siamo comunque sulla strada giusta, posto che a maggio il numero complessivo di sottoscrizioni di un patto di servizio attraverso il programma Gol è stato 1.239.545. Un tasso di crescita della platea presa in carico del 9,7% rispetto al mese precedente. Per quanto riguarda invece l’incidenza dei nuovi presi in carico nell’anno 2023, rispetto allo stock totale è salita al 42,9%.
Ci può illustrare la sua opinione, e le eventuali perplessità, circa la possibile introduzione del salario minimo? Quali sono i suoi suggerimenti per contrastare il fenomeno del lavoro sottopagato? Come invece pensa sia possibile far emergere il lavoro sommerso?
Vede, un grosso problema del nostro Paese è rinnovare oltre 500 contratti collettivi. Attraverso di questi, sicuramente, la soglia salariale si alzerà più di quanto proposto. Il quesito che ci dobbiamo porre è se le misure messe sul tavolo dalle opposizioni in termini di salario minimo rappresentino una soluzione. Io ritengo di no. E non è una presa di posizione, bensì un pensiero emerso dal risultato degli stessi lavori parlamentari.
Proprio su questo, in qualità di Presidente della Commissione Lavoro, ho calendarizzato ben 6 proposte e indetto un ciclo di audizioni corposo. Quasi la totalità degli esperti sentiti sul tema salario minimo si pone su una visione critica. Ravvisando potenziali rischi che permettano l’aggiramento dei contratti collettivi con una soglia salariale maggiore rispetto a quella delle proposte fatte. La vera innovazione è sostenere la contrattazione, detassare i rinnovi e favorire le azioni di welfare sostenibile e complementare. Dobbiamo intervenire inoltre per combattere i contratti pirata. Infine, dobbiamo tenere presente che l’unico modo per alzare seriamente i salari nel nostro Paese è aumentare la produttività delle imprese, vero problema dell’economia italiana.
Qual è il suo pensiero sul tema della parità e sul differenziale contributivo di genere? Cosa pensa dell’introduzione della Certificazione della Parità di Genere?
In attesa che non siano più necessarie misure di questo tipo, l’introduzione della certificazione della parità di genere sicuramente rappresenta un passo avanti. Si tratta di uno strumento fondamentale per lo sviluppo di una nuova cultura organizzativa. E per la crescita delle imprese, che possono così attestare le misure concretamente adottate su più fronti, tra cui opportunità di crescita, parità salariale a parità di mansioni, gestione delle differenze di genere, tutela della maternità. Tale certificazione rientra, inoltre, tra gli strumenti del Pnrr (milestone M5C1-12) volti al raggiungimento della parità di genere, priorità trasversale del Piano.
Vorrei sottolineare come, attraverso il Decreto Enti, anche grazie a un dialogo costruttivo con le opposizioni, si è fatto in modo che l’adozione di politiche per la parità di genere debba essere dimostrata esclusivamente attraverso l’avvenuta certificazione della parità di genere e non più con una semplice autocertificazione. Bisogna capire come il lavoro femminile sia sempre più una necessità, se pensiamo in termini di diritti e di sostenibilità del welfare. Su questo tema, ritengo necessaria una maggiore trasparenza orizzontale da parte delle aziende stesse. Fratelli d’Italia non ha mai nascosto un impegno fattivo verso il tema della conciliazione dei tempi casa-lavoro, obiettivo imprescindibile per permettere alle donne di accedere al mondo del lavoro e, soprattutto, di non rinunciare alla carriera dopo l’arrivo di un figlio.
Proprio nei giorni scorsi ha presentato una proposta di legge per l’Istituzione del Garante nazionale per la tutela dei diritti delle vittime dei reati intenzionali violenti. In che modo questa figura potrebbe potrebbe migliorare la situazione?
Le vittime devono essere aiutate a superare le difficoltà derivanti dal crimine subito. Poiché, oltre al danno materiale, soffrono quasi sempre di un danno morale che il risarcimento economico solo simbolicamente, e in ritardo, ripara nella sua interezza. In particolare, a queste persone è necessario garantire sostegno emotivo e assistenza diretta. Un servizio di consulenza legale e psicologica, un supporto durante i procedimenti penali e dopo la sentenza. Da qui l’idea di una figura ad hoc, un garante.
Tale supporto spetta allo Stato, che deve assicurare un’assistenza specifica alle vittime attraverso un organo che promuova i loro diritti in stretta collaborazione con il Ministero della Giustizia. E che garantisca, attraverso una specifica formazione professionale, che le vittime di reato ricevano idonei servizi di assistenza dalle strutture esistenti nel territorio nazionale. D’altra parte, penso che anche questo sia un compito della politica: ascoltare i fragili, le vittime di condotte violente, anche dopo lo scemare del clamore mediatico, e assicurare loro una vicinanza tangibile per aiutarli a riprendere, nei limiti del possibile, la propria vita.
Per concludere, cosa si dovrebbe fare in Italia per far crescere l’occupazione e garantire a tutti un lavoro dignitoso, o perlomeno, da cosa si dovrebbe partire per raggiungere questo obiettivo?
Ripeto, si deve partire seriamente da misure volte ad aumentare la produttività delle imprese. Per farlo è necessario organizzare meglio il sistema aziendale, perché comprenda le sfide della modernità. Semplicemente, dobbiamo fare i conti con un mondo del lavoro che va sempre più verso un modello a obiettivi, anche attraverso l’implementazione delle nuove tecnologie. Proprio per questo, formazione e aggiornamento saranno punti essenziali per il lavoro di oggi e di domani.
Chi è Walter RizzettoNato il 27 giugno 1975 a San Vito al Tagliamento (PN), Walter Rizzetto è stato eletto nella circoscrizione Friuli-Venezia Giulia con Fratelli d’Italia. È entrato in Parlamento nel 2013 e, da allora, si è sempre occupato di lavoro e previdenza, quale componente dell’XI Commissione Lavoro pubblico e privato, di cui è presidente da novembre 2022. Ha presentato numerose proposte di legge durante il suo mandato parlamentare, in particolare, per l’introduzione di un sistema flessibile di accesso alla pensione, il miglioramento della qualità e dell’efficienza dei Centri per l’Impiego, l’inserimento dell’insegnamento del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro. È autore di diverse pubblicazioni su temi giuslavoristici. |