L’emergenza inflazione ha iniziato a pesare sul welfare famigliare e sul lavoro domestico.
Nei primi sei mesi del 2023, si registra un aumento medio del costo mensile dei servizi di assistenza forniti dai collaboratori domestici pari a 58 euro, passando da 733 di gennaio a 791 di luglio, che diventano quasi 80 euro netti nel caso della badante, con pesanti ricadute sui budget familiari.
Lo evidenzia l’indagine contenuta nel 4° Paper del Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico” di Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico), realizzato in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Lavoro domestico e andamento occupazionale
Dal 2000 a 2022, secondo i dati di contabilità nazionale di fonte Istat, l’occupazione in ambito domestico è aumentata del 30,5%, a fronte di un dato medio del 10,9%. Su 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro sorti in più di 20 anni, 334.000 (il 13,3%) sono stati creati grazie alle famiglie italiane. Un forte segnale della rilevanza di questo settore sul versante occupazionale, economico e sociale del Paese.
A questo si aggiunge la questione del lavoro sommerso. Nelle collaborazioni domestiche si concentra il grosso dell’occupazione dipendente irregolare in Italia, il 35,6% del totale. Dato eclatante se si considera che il settore pesa, in termini occupazionali, per il 7,8% sul totale dell’economia. Se il lavoro domestico fosse tutto “in chiaro”, il tasso di irregolarità del lavoro dipendente passerebbe dall’attuale 11,4% al 7,3%.
Il peso dell’inflazione sulle spese famigliari
In questa prospettiva, Assindatcolf ha promosso un’indagine presso i propri associati. Ne risulta che, nei primi 6 mesi del 2023, la spesa sostenuta per servizi domestici è mediamente aumentata di 58 euro al mese (+7,8%). Nel dettaglio, la retribuzione corrisposta mediamente alla colf è passata da 546 euro netti di gennaio ai 561 di luglio e della baby-sitter da 747 a 859. Per le badanti, l’incremento netto si avvicina ai 100 euro, passando da 1.146 a 1.224. Tale balzo in avanti ha causato ricadute sulla spesa, diventata insostenibile per il 36,9% delle famiglie. Più in difficoltà i nuclei a basso reddito, dove questa quota è passata dal 67,1% di gennaio al 79,7% di luglio.
Come sostenere un settore strategico?
Oltre al caro vita e al fisiologico ridimensionamento successivo alla sanatoria (Decreto Legislativo n.52/2020), pesa l’innalzamento dell’età media dei collaboratori. Un fenomeno che determinerà un fabbisogno crescente di personale nei prossimi anni. Infatti, negli ultimi dieci anni la quota di collaboratori con più di 50 anni è passata dal 34,6% del 2013 al 52% del 2022. E per quanto riguarda le badanti tocca il 62,2%.
“Occorre modificare la fiscalità introducendo la totale deduzione del costo che i datori sostengono per colf, badanti e baby sitter – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf -. Rimane il fatto che una spesa irrinunciabile come quella per la non autosufficienza e per i bambini non tutti possono permettersela. È quindi fondamentale che a fianco della deducibilità fiscale si dia spazio a un assegno unico più sostanzioso. Contiamo che già nella Legge di Bilancio vi siano indicazioni chiare in questa direzione. Pensiamo al raddoppio della deducibilità dei contributi Inps, al finanziamento della Prestazione universale e all’inclusione dei lavoratori domestici nell’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo”.