Salario minimo: nuove prospettive dalla Cassazione?

Secondo l’avvocato Antonella Losinno dello Studio Legale Daverio&Florio, la sentenza della Cassazione sulla retribuzione di un vigilantes assunto tramite cooperativa segna una importante novità

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Salario minimo: analisi della legislazione di diversi paesi

Negli ultimi mesi il dibattito sul salario minimo nel nostro Paese è sempre molto acceso.

Uno strumento presente in quasi tutti i Paesi europei, a eccezione di Danimarca, Austria, Finlandia, Svezia e, appunto, Italia (a cui è affidato alla negoziazione dei contratti collettivi). Ma c’è una novità. Con la sentenza n. 27711 del 2 ottobre 2023, la Corte di Cassazione ha dato ragione a un lavoratore della vigilanza privata non armata, impiegato in un supermercato, che chiedeva un adeguamento del salario ritenuto troppo basso. Sebbene regolato dal contratto collettivo applicato dalla cooperativa datrice di lavoro.

In particolare, ai fini della valutazione della “giusta retribuzione”, secondo i giudici non sarebbe sufficiente il solo confronto con le retribuzioni previste da CCNL di settori affini. Bisognerebbe infatti tenere conto anche di altri indicatori economici e statistici, nonché la Direttiva Ue 2022/2041.

Quale impatto sul mondo del lavoro?

Secondo l’avvocato Antonella Losinno, partner dello Studio Legale Daverio&Florio, si tratta di una sentenza del tutto innovativa. In quanto “rimette ai giudici la valutazione circa l’adeguatezza della retribuzione ai principi di proporzionalità e sufficienza per assicurare un’esistenza libera e dignitosa fissati dall’articolo 36 della Costituzione. Anche in presenza di contratto collettivo di settore sottoscritto dai sindacati comparativamente più rappresentativi che indicano il salario minimo di riferimento.”

In passato, infatti, i giudici si erano limitati ad adeguare ai principi dell’art. 36 della Costituzione le retribuzioni fissate dai contratti collettivi firmati da sindacati privi di una reale rappresentanza. Adesso è probabile un aumento delle cause in materia (già, comunque, pendenti avanti ai Tribunali di merito) da parte dei lavoratori che ritengano di aver un trattamento retributivo non adeguato. È quindi opportuno che le aziende verifichino l’adeguatezza delle retribuzioni ai parametri indicati dalla Cassazione, anche laddove applichino contratti collettivi sottoscritti da sindacati comparativamente più rappresentativi.

“È quindi auspicabile che emergano dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), indicazioni chiare in tempi rapidi, che comunque non potranno non tenere conto di quanto indicato dalla Corte”, conclude l’avvocato.

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