di Greta Gironi |
I lavoratori in somministrazione hanno più possibilità di trovare un’occupazione.
Ne è convinto il 52,9% dei 2.350 consulenti del lavoro intervistati da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nell’ambito dell’indagine realizzata in collaborazione con Inplace, agenzia per il lavoro totalmente digitale, dal titolo “Il lavoro in somministrazione: criticità e prospettive di sviluppo tra le pmi”.
Infatti, secondo la banca dati Inps, dal 2014 al 2021 tale formula contrattuale ha conosciuto un aumento degli occupati pari al 75,1%, nonché un incremento della quota di lavoro stabile, a tempo indeterminato, della durata degli incarichi e dei compensi dei lavoratori. Tra i principali vantaggi di questo istituto, la possibilità di testare nuova forza lavoro. A indicare questa risposta, infatti, è il 62,6% degli intervistati, con percentuali ancor più elevate al Nord Ovest (72,7%) e al Nord Est (75,7%), le due aree dove lo strumento ha più attecchito (Lombardia in testa). Proprio la ricerca di figure da collocare in azienda è il fattore che maggiormente spinge le Pmi a scegliere la somministrazione (50,9%).
Più attenzione alla somministrazione
Un dato ancor più rilevante alla luce delle attuali dinamiche occupazionali. Considerata la difficoltà delle aziende nel reperire le figure professionali di cui necessitano, l’indagine mostra come il lavoro in somministrazione potrebbe essere sfruttato ulteriormente nei prossimi anni in una logica di selezione-testing delle risorse umane, anche in chiave di estensione della platea delle imprese clienti.
La maggiore attenzione delle aziende verso lo strumento potrebbe trovare conferma nel prossimo futuro. Il 67,7%, infatti, pensa che nel biennio 2023-2025 il ricorso alla somministrazione per le Pmi resterà invariato. Ma quasi un quarto (24,8%) ne prevede un aumento, soprattutto in relazione all’industria metalmeccanica / meccanica (38,8%) e al comparto hospitality e turismo (37,7%). A fare da volano, l’utilizzo delle piattaforme nell’incontro domanda-offerta di lavoro, giudicate complessivamente in modo positivo da 8 intervistati su 10. Tra i fattori più apprezzati, la possibilità di accesso a un ampio numero di candidature (54,5%), la velocizzazione del processo di recruiting (41,8%) e la semplificazione dell’iter produttivo (38,6%) che queste offrono.
Tuttavia, a ricorrere al lavoro in somministrazione sono soprattutto le aziende medio-grandi, mentre il suo livello di diffusione nelle Pmi è basso (65%) specialmente a causa del costo elevato (68,1%) e della diffidenza culturale verso questo strumento. Sembrerebbero, inoltre, scarsamente percepiti i vantaggi che la somministrazione potrebbe apportare alle aziende. Solo il 40,8% pensa che possa contribuire a rendere più regolare e trasparente il mercato occupazionale. A fronte di ciò, il 47,3% reputa invece che possa favorire una più efficiente intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, mentre il 40,5% ritiene che possa apportare più precarietà al sistema occupazionale.