di Federico Francini |
Questo momento storico sta mettendo a dura prova aziende di ogni dimensione e in ogni parte del mondo, strette nella morsa dell’inflazione e della crisi energetica.
Naturalmente, se consideriamo gli ultimi decenni, questa non è la prima volta in cui ci troviamo ad affrontare sfide di portata globale e, di certo, non sarà l’ultima. Il Covid è stato uno spartiacque che ha rivoluzionato radicalmente le prassi HR e le aspettative dei talenti nei mercati di tutto il mondo ed è stato ulteriormente aggravato dal boom di dimissioni volontarie, noto come “Great Resignation”. Ma prima della pandemia c’è stata la Brexit e, prima ancora, la crisi finanziaria del 2008. Fenomeni che ci ricordano quanto il panorama economico moderno sia instabile e imponga di tenere sempre alta la guardia.
Le grandi società, in genere, sono in grado di superare la maggior parte delle tempeste, facendo affidamento sulle proprie dimensioni e su un’infrastruttura che consente di ammortizzare provvisoriamente l’aumento dei costi o i cali di fatturato. Altrettanto non si può dire delle piccole e medie imprese, che tuttavia sono la spina dorsale di molte economie, tra cui la nostra. Per rimanere a galla, le Pmi devono necessariamente puntare su una struttura di gestione del personale stabile e al tempo stesso agile, che riesca a far emergere il massimo potenziale dei singoli. E le tecnologie giocano un ruolo fondamentale in questa partita, perché permettono di creare un ambiente in cui tutti possano crescere.
Dal report “Persone e lavoro: i trend Emea per il 2023” realizzato dal People Research Lab di Cornerstone, è emerso che il 90% dei Ceo a livello globale è convinto che la trasformazione digitale rivoluzionerà la sua azienda. Ma solo il 30% ritiene che i collaboratori siano pronti e dispongano di competenze adeguate. Guardando al futuro, è fondamentale che la gestione del capitale umano non venga trascurata e che le aziende agiscano con lungimiranza. Prevedere quali competenze serviranno è la chiave per poter contare sui talenti migliori che sappiano rispondere alle richieste del mercato.
Una visione olistica della forza lavoro
La gestione del capitale umano, o Human Capital Management, è un processo finalizzato a creare team vincenti e gestirli con efficienza. Si basa su un insieme di sistemi e processi che vengono applicati ad aspetti di ordine amministrativo e strategico. Integrare una soluzione di questo tipo comporta molteplici vantaggi, soprattutto per le Pmi. Un’interfaccia standard, centralizzata e facile da utilizzare, fornisce ai leader e ai responsabili HR una visione completa e olistica del personale, permettendo di valutare performance e skill gap.
Nel 2022, il 55% dei dipendenti a livello globale ha affermato di confidare nel fatto che la propria azienda consideri prioritario lo sviluppo delle competenze. Si è progressivamente allargato, inoltre, il divario tra la capacità che le aziende dichiarano di avere nello sviluppo delle competenze del proprio personale e la percezione che ne hanno invece i collaboratori. Per invertire questa tendenza, è possibile innanzitutto implementare una formazione efficace e mirata o procedure di assunzione tese a collocare i talenti giusti nei ruoli più adatti, a seconda delle esigenze. In questo modo, il processo decisionale diventa più rapido, così come i tempi di reazione, e per le Pmi è più facile stare al passo con la rapida evoluzione dei fattori esterni.
Anche i processi di “onboarding” dei nuovi dipendenti possono diventare molto più efficienti con un approccio di gestione del capitale umano integrato. Questo, infatti, evita ai team HR di svolgere attività ripetitive e di routine per inserire i nuovi arrivati. Accelerando l’iter e permettendo di dedicare più tempo agli elementi davvero significativi dell’onboarding, come ad esempio la verifica dei progressi. Secondo uno studio, nelle aziende che danno priorità all’onboarding, il tasso di retention aumenta dell’82%. Un ottimo motivo per non commettere errori in questa fase.
Troppe informazioni, poche persone, poco tempo
Un altro vantaggio non indifferente è il risparmio in termini di costi. Secondo le stime, un lavoratore medio dedica ogni anno un terzo del proprio tempo a mansioni amministrative ripetitive. Tempo sottratto ad attività che, invece, potrebbero contribuire fattivamente al successo dell’azienda. Un buon sistema di gestione del capitale umano è in grado di automatizzare molte di queste operazioni, snellendo i processi e guadagnando tempo prezioso.
Il risultato è non solo una forza lavoro flessibile e adattabile, ma anche un’azienda molto più preparata ad assorbire i contraccolpi esterni. In tempi di recessione economica, le procedure HR devono dimostrarsi più efficienti che mai per potenziare produttività e motivazione, e lo stesso vale per le modalità di lavoro dei dipendenti. Il problema è che le Pmi, per via delle dimensioni limitate, spesso non possono destinare interi reparti alla gestione delle risorse umane. E devono nominare responsabili ad hoc, che vedono il loro elenco di incombenze allungarsi ulteriormente e rischiano di essere troppo oberati per poter lavorare al meglio. In molti casi, a questa complicazione si sommano sistemi inadeguati.
Uno dei difetti più comuni è la frammentazione dei sistemi o delle piattaforme, che impedisce di ottimizzare il flusso di informazioni ed elaborare soluzioni praticabili, a scapito dell’agilità dell’azienda. L’impatto di questa catena può compromettere notevolmente la gestione delle risorse umane, portando a un continuo ricambio di personale e, inevitabilmente, a ulteriori spese.
* Federico Francini, Area Vice President e Country Manager di Cornerstone Italia