Formarsi per non fermarsi

Per Elica, azienda marchigiana di livello globale che produce sistemi aspiranti da cucina, essere attenti alle esigenze della comunità locale e puntare, con la formazione, a valorizzare le risorse interne rafforza il senso di appartenenza delle proprie persone e tutela la competitività sul mercato

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Intervista a Deborah Carè, Chief Human Resources Officer di Elica

di Virna Bottarelli |

Elica è una realtà manifatturiera con sette stabilimenti nel mondo, un organico complessivo di circa 3.000 persone e un fatturato di 549 milioni di euro.

Il suo core business sono i sistemi di aspirazione in cucina. Nel 2021, la necessità di procedere a una riorganizzazione aziendale che avrebbe ridimensionato la forza lavoro in Italia aveva fatto parlare parecchio, ma la conclusione positiva della trattativa sindacale e le buone performance degli ultimi due anni hanno dato ragione al management. “Avevamo bisogno di dare all’azienda un nuovo assetto industriale per non soccombere di fronte alla concorrenza turca e cinese”, spiega Deborah Carè, Chief Human Resources Officer dell’azienda fondata nel 1970 da Ermanno Casoli a Fabriano (AN) e oggi presieduta dal figlio Francesco.

“Non saremmo più stati competitivi mantenendo in Italia una produzione di alti volumi con bassissimi margini. Così ci siamo riorganizzati e oggi realizziamo nel nostro Paese, e in particolare nel sito di Mergo, solo le produzioni di alta gamma. Con il 70% dell’organico formato da “blue collar”, la nostra è un’azienda metalmeccanica di tipo industriale che intende continuare a essere italiana”.

Come è arrivata in Elica e quale percorso l’ha portata a coprire la sua carica attuale?

Sono laureata in matematica e ho insegnato per diversi anni, prima di entrare in contatto con un’azienda che mi aveva chiesto di collaborare in un’attività di recruiting di personale tecnico specializzato. C’era necessità di reclutare ingegneri, formarli e trattenerli e venendo io dal mondo dell’istruzione avevo diversi contatti utili. Lasciai così l’insegnamento ed entrai in azienda, occupandomi di recruiting e formazione. Dopo quell’esperienza, approdai in Elica nel dipartimento HR, ricoprendo via via ruoli di sempre maggiore responsabilità. Ho lavorato per un periodo anche in ambito marketing, occupandomi di Brand e Comunicazione, per poi assumere la direzione HR, circa due anni fa, in un momento di grande cambiamento per l’azienda, perché la riorganizzazione richiedeva anche un grande impegno nello sviluppo di nuove competenze sia in stabilimento che in corporate.

Cosa significa per Elica fare formazione?

Come accennato, il cambiamento dell’assetto industriale di Elica ha comportato un aggiornamento delle competenze sia per chi lavora in fabbrica sia per chi lavora in corporate. La formazione del personale è strategica per rimanere competitivi in un mercato complesso e per continuare, da specialisti nel mondo della cottura, a puntare su prodotti innovativi che i grandi player dell’elettrodomestico non hanno nei loro cataloghi. In particolare, per ogni persona impiegata in produzione sono previste, per quest’anno, 80 ore di formazione. L’obiettivo è fare in modo che i nostri blue collar acquisiscano la flessibilità necessaria a operare su linee di produzione altrettanto flessibili, adattabili alle esigenze del mercato. Stessa cosa vale in corporate, dove stiamo puntando su formazione manageriale e orientata allo sviluppo di nuovi prodotti.

Avete anche rapporti molto stretti con le università del territorio. Qual è il senso di queste partnership?

Lavoriamo molto con le università dell’Italia centrale perché siamo un’azienda radicata nel territorio e il legame con la comunità locale rappresenta per noi un vero e proprio fattore competitivo. Le imprese “di provincia”, un appellativo tutt’altro che sminuente, hanno dinamiche molto diverse da quelle tipiche delle imprese con sede in grandi centri urbani che, il più delle volte, fanno capo a multinazionali estere e rispondono a logiche di altri Paesi. Elica da sempre attrae persone del territorio perché è con le persone del territorio che si identifica e perché queste ultime sanno che lavorando in Elica possono instaurare rapporti di lunga durata e conciliare vita privata e vita lavorativa.

Abbiamo quindi contatti stretti con l’Università Politecnica delle Marche, con quella di Camerino, de L’Aquila, di Urbino e Perugia. Ogni anno ospitiamo circa 450 studenti facendo un’attività di Employer Branding capillare. I ragazzi imparano a conoscere l’azienda e noi conosciamo loro, che sono nostri potenziali collaboratori. Attiviamo stage, workshop e iniziative di vario tipo per far stare i giovani da noi qualche mese: è in sostanza un processo di selezione nel quale ci si sceglie a vicenda, perché oggi conta molto la motivazione delle persone a restare in un’azienda invece che in un’altra.

Tra le motivazioni c’è anche una riscoperta dello stare bene nei propri luoghi di origine?

C’è una tendenza a voler tornare nei propri luoghi di appartenenza per recuperare il legame con la propria cultura e i propri affetti. È un po’ la riscoperta della provincia che, per un’azienda radicata nel territorio come la nostra, ha un grande valore. Ecco perché puntare sulle persone che vogliono vivere qui ci sta premiando. Siamo attrattivi per le persone che vogliono vivere nei territori in cui operiamo o che vogliono tornarci e questo ci porta ad avere un turnover più basso degli anni precedenti. Sempre più spesso persone uscite dall’azienda per fare altre esperienze ci ricontattano per tornare: questo è per noi motivo di orgoglio e un’occasione per riportare “a casa” profili con esperienza più ampia e motivazione maggiore.

In un’azienda, poi, si può anche crescere professionalmente…

Senza dubbio siamo attenti a premiare il merito e diamo alle persone la possibilità di crescere. Oggi abbiamo un management costituito da persone cresciute in azienda e questo è il modo migliore per dimostrare che in Elica si mantengono le promesse. Nell’ultimo anno abbiamo ospitato 40 stage nella sede di Fabriano e oltre il 90% di loro ha oggi un contratto di lavoro con noi. Per l’azienda è un impegno notevole, perché ospitare tanti giovani significa formarli, investire del tempo prima che siano autonomi, ma i risultati sono evidenti e importanti.

Di che tipo di formazione si tratta?

Alleniamo i giovani che entrano in Elica a sviluppare competenze orizzontali. Prima di acquisire ruoli di responsabilità, è importante infatti conoscere le dinamiche dei diversi reparti aziendali, dall’R&D al Marketing, dalle Operations all’HR, dalla linea di produzione alla corporate. Questo consente di formare manager completi, all’altezza di ricoprire poi posizioni importanti. Rientra in quest’ottica la collaborazione con Istao, (Istituto Adriano Olivetti), scuola di formazione manageriale storica, nata alla fine degli anni Sessanta. Con Istao abbiamo ideato un’iniziativa per l’Elica Aspiration Lab, la piattaforma che raccoglie le attività di formazione del Gruppo, che si chiama Elica Business Game. Progetto nel quale i giocatori, essenzialmente nostri giovani middle manager, divisi in squadre, attuano la propria strategia di gestione di un’azienda nel corso dei vari round, facendo scelte riguardanti tutti gli ambiti aziendali che impatteranno sul conto economico e sullo stato patrimoniale dell’azienda virtuale.

Per trattenere le persone è importante anche prendersene cura: come lo fate?

Con politiche di welfare strutturate. Oltre alle polizze vita e a diversi pacchetti di assistenza sanitaria, abbiamo attivato per i dipendenti di tutte le sedi, in Italia e all’estero, strumenti di welfare aziendale rivolti anche alle loro famiglie, dalle agevolazioni per i viaggi studio all’estero dei figli, alle convenzioni con scuole materne e nidi, con un’attenzione alle esigenze delle comunità locali che, chiaramente, son diverse nei Paesi in cui operiamo. Pensate ad esempio a quelle che possono essere le necessità dei dipendenti in Messico, dove l’assistenza sanitaria è strutturata in modo completamente diverso rispetto al nostro Paese, e al valore che per loro può avere la possibilità di accedere, ad esempio, a un medico in azienda disponibile 24 ore su 24.

Ci parla della collaborazione di Elica con la Fondazione Ermanno Casoli? Qual è il punto di contatto con la formazione?

Credo che la Fondazione sia il fiore all’occhiello di Elica. Già attiva nella promozione del Premio Ermanno Casoli, in memoria del padre dell’attuale presidente, scomparso prematuramente nel 1978, la Fondazione è nata ufficialmente nel 2007 con l’obiettivo di promuovere iniziative in cui l’arte contemporanea diventa uno strumento didattico e metodologico, capace di migliorare gli ambienti di lavoro e di innescare processi innovativi, ponendosi come obiettivo quello di favorire il rapporto tra il mondo dell’arte e quello delle aziende.

Con la Fondazione Elica promuove la fusione tra arte e impresa, progettando corsi di formazione ed eventi culturali che coinvolgono attivamente i dipendenti. Questa commistione tra arte e impresa è stata alla base anche dell’Iniziativa “Ma ti fa davéro?”, rivolta al management di Elica e composta da tre giornate di formazione alla Biennale di Venezia con l’obiettivo di sviluppare il pensiero laterale, la curiosità e di rafforzare la sensibilità estetica. Il lato più affascinante di queste attività risiede nell’essenza dell’arte contemporanea, che rovescia tutti i paradigmi, e nella collaborazione con artisti che sanno essere profetici, soprattutto quando toccano i temi sociali, economici e culturali.

Dalla collaborazione con il Premio è nato anche progetto interessante in tema di empowerment femminile.

L’edizione 2023 è stata vinta da Claire Fontaine, artista collettiva fondata a Parigi nel 2004 da Fulvia Carnevale e James Thornhill, che è stata invitata a realizzare un’opera per l’headquarter di Elica a Fabriano. In occasione dell’assegnazione del Premio, si è svolto un workshop rivolto a 30 donne che rivestono ruoli manageriali in Elica e che, ispirate dal confronto con Claire Fontaine, si sono espresse in libertà sul tema dell’empowerment femminile, evidenziando le difficoltà e la pressione sociale sulle donne che ricoprono ruoli di responsabilità, nel difficile compito di conciliare aspettative professionali e familiari. Va detto che il 45% della popolazione aziendale in Elica è costituita da donne.

Una carica executive su cinque è donna e un dirigente strategico su due è donna. Non abbiamo raggiunto questi numeri operando per quote o per imposizioni. La presenza femminile è aumentata in modo naturale negli ultimi anni, premiando merito e motivazione. Certo, restano le problematiche, come abbiamo visto nel confronto aperto avviato in azienda, di conciliare vita lavorativa e vita familiare, ma questo problema si risolve solo se si rivedono i carichi familiari tra uomo e donna nella sfera privata. Molte aziende oggi applicano già misure che cercano di agevolare l’equilibrio vita-lavoro tanto che esistono certificazioni a riguardo.

In Elica in questi giorni stiamo avviando l’iter per la certificazione della parità di genere. I cambiamenti culturali richiedono tempo, ma inevitabilmente avverranno, stanno già avvenendo: il numero delle donne laureate in ingegneria, ad esempio, sta aumentando e, in generale, la massa critica delle donne professioniste sta crescendo in tutte le categorie, anche quelle un tempo appannaggio degli uomini, dai primari negli ospedali ai magistrati.

Quello della diversità e dell’inclusione è quindi un tema molto sentito in Elica?

In realtà, quando penso a diversità e inclusione nella nostra azienda, penso maggiormente alle differenze generazionali. In Elica l’età media è di 42 anni, ma convivono almeno cinque generazioni, ciascuna con le proprie peculiarità. Negli ultimi anni i cambiamenti sono stati molto rapidi, tanto che la generazione dei ventenni è molto diversa da quella dei trentenni. Spesso lo scambio intergenerazionale è fatto di incomprensioni, proprio perché le esigenze sono molto diverse, rispetto alle tempistiche di lavoro, alle richieste in termini di welfare o alle aspirazioni professionali. A questo proposito stiamo pensando di fare nei prossimi mesi un sondaggio tra i dipendenti, per capirne meglio esigenze e priorità per poi agire di conseguenza.

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